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Politica

Referendum: gli Italiani all’estero una realtà spesso ignorata

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L’Italia  riceve benefici dai nostri concittadini all’estero, ma allo stesso tempo le  istituzioni spesso non tengono in considerazione queste attività. Il diritto di voto dei cittadini italiani all’estero deve essere accompagnato anche dalle ragioni del dibattito tra due opposti schieramenti, e questo vale anche per il referendum costituzionale

di Gianni Pezzano

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A poco più di due settimane dal Referendum per le modifiche alla Costituzione gli italiani all’estero e in particolare una lettera a loro scritta dal Presidente del Consiglio per la campagna per il Si, ha suscitato scalpore in Italia. Non entro in merito alla lettera perché è soggetta a una sfida legale e dunque qualsiasi commento a riguardo potrebbe essere azzardato, ma il fatto stesso che la lettera sia stata scritta dovrebbe far pensare a una realtà italiana che di solito troppi fanno finta di scordare, tranne nel caso di bisogno.

Il Parlamento italiano ha riconosciuto il diritto degli italiani all’estero di esprimere il loro voto in loco e quindi ci sono ora sei senatori e dodici deputati che rappresentano le varie circoscrizioni estere. Non è un riconoscimento da poco se consideriamo che in altri paesi tra i quali l’Australia, dove posso testimoniare per esperienza diretta, si sospende il diritto al voto per i cittadini che si trasferiscono permanentemente all’estero e viene restituito solo al loro rientro in Patria. Sin dall’inizio questa battaglia era contestata da politici da entrambi le parti e dobbiamo riconoscere il ruolo costante di Mirko Tremaglia per la realizzazione di questa realtà che non è solo costituzionale.

Nonostante le proteste di alcuni esponenti politici ancora oggi, questa rappresentazione è una realtà importante e il riconoscimento del contributo fondamentale che gli emigrati italiani hanno sempre avuto nella Storia del nostro paese. Basta leggere i siti dei parlamentari italiani eletti all’estero per vedere le loro attività tra i loro elettori pro o contro il Referendum per capire che prendono sul serio il loro impegno parlamentare. Allo stesso modo notizia di una riunione burrascosa ad Adelaide in Australia di questi giorni fa capire che ci sono molti all’estero che sentono fortemente il bisogno di prendere parte alle procedure elettorali italiani. Questo va a loro merito però, allo stesso tempo mette in risalto il fatto che i contributi degli emigrati italiani fuori del contesto elettorale sono sin troppo spesso ignorati dalla stampa e dal pubblico italiano.

Chi prende la decisione difficilissima di lasciare il paese di nascita per fare una vita nuova non abbandona mai del tutto le sue origini. I costanti contatti con le famiglie rimaste in casa, le visite ai parenti e i luoghi della gioventù quando se lo possono permettere e mantenere le tradizioni di casa sono una parte essenziale della vita dei nostri parenti e amici all’estero.

Purtroppo, per molti le opinioni sull’effetto dell’emigrazione italiana si limita a questi stereotipi che fanno solo una piccola parte della realtà dell’emigrazione italiana.

Una grandissima parte degli emigrati, soprattutto nei due decenni dopo la Seconda Guerra Mondiale, hanno spedito soldi per aiutare i loro parenti che non hanno potuto, o voluto emigrare. Non voglio annoiare il lettore con statistiche, ma sarebbe facile confermare che questi soldi hanno svolto un ruolo fondamentale nella rinascita del Bel Paese dalle rovine belliche senza i quali il Boom economico probabilmente sarebbe accaduto molti anni dopo.

Inoltre, molti degli emigrati non si sono limitati a trovare lavori stipendiati, ma hanno deciso di intraprendere vite imprenditoriali. Facile immaginare la ristorazione, ma pochi pensano alle imprese di origine italiana di viticoltura e la produzione del vino, la distribuzione di prodotti alimentari italiani in tutti i nuovi paesi di residenza, le imprese edilizie che hanno introdotto prodotti e stile di costruzione italiani all’estero, come anche l’introduzione del caffè espresso italiano che ha prodotto un mercato enorme per le nostre macchine di caffè, siano domestiche che da bar e per i vari caffè italiani che ora si possono comprare quasi dappertutto.

Naturalmente possiamo parlare anche dei tessuti italiani per i sarti e la moda italiana sia vestiti che scarpe. E con questi esempi saremmo solo all’inizio dell’elenco dell’effetto emigrazione a vantaggio dell’economia d’Italia.

Con la formazione di circoli italiani all’estero, in modo particolare dei gruppi culturali, l’Italia ha una grande comunità di emigrati e ora i loro figli che promuovono la Cultura e la lingua italiana. Per dare un esempio bellissimo, a Sydney in Australia recentemente si è svolta la  20°  Biennale, fondata proprio con il nome italiano dall’imprenditore Franco Belgiorno-Nettis nel 1973. Questa manifestazione ebbe subito successo ed ora è tra la manifestazioni culturali più importanti del paese.

Emigrati italiani e i loro discendenti ora si trovano in ruoli cruciali in ogni campo di lavoro nei loro nuovi paesi. Purtroppo abbiamo il vizio di pubblicizzare solo quelli che hanno avuto successo economico. Il successo non si conta solo con i soldi, ma anche con altri metri non sempre misurabili. Artisti, attori, ricercatori, autori sono altrettanto importanti perché il loro contributo non è economico, ma aumenta la qualità delle nostre vite in modi che non sempre apprezziamo.

Non passa giorno che l’Italia non riceva benefici dai nostri concittadini all’estero, ma allo stesso tempo le nostre istituzioni non tengono in considerazione queste attività. È facile criticare i parlamentari italiani all’estero che si rivolgono ai loro elettori, ma fa parte del loro lavoro e, diciamo la verità, rappresentare continenti è più difficile che amministrare un seggio italiano come dimostra il caso della circoscrizione estero che racchiude in sé Africa, Asia, Oceania e Antartide, territori rappresentati solo da due parlamentari l’on. Marco Fedi e il senatore Francesco Giacobbe. Le critiche vere non devono essere rivolte in modo ingenuo solo ai parlamentari esteri di tutti i partiti, ma soprattutto al sistema intero che pensa agli oriundi solo quando ne ha bisogno.

Il valore degli oriundi non si trova nel poter aiutare a raccogliere fondi per disastri, oppure in occasioni particolari, ma in ogni aspetto delle attività italiane, siano economiche, culturali, sociali e anche nel volontariato. Purtroppo appena passato quel momento particolare, come l’attuale raccolta per i terremotati nel Centro Italia, si torna al silenzio totale fino alla prossima occasione.

Si, come paese abbiamo l’obbligo di consultare i nostri cittadini all’estero, sarebbe uno smacco non farlo. Ma come paese abbiamo l’obbligo di capire che i nostri cittadini all’estero ci sono sempre per fare la loro parte, come hanno sempre fatto. Teniamoli in mente quando cerchiamo di fare qualcosa di nuovo e non solo occasionalmente perché la realtà degli oriundi che spesso ignoriamo è che ci sono italiani all’estero in ogni campo capaci di contribuire a migliorare l’Italia e non semplicemente al voto, o dopo disastri.

 

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