Connect with us

Moda

Elena Mancinelli fondatrice del Brand Altramoda: la mia vera sfida nel sostenibile!

Published

on

Tempo di lettura: 6 minuti

L’imprenditrice marchigiana green Elena Mancinelli festeggia i 15 anni dalla creazione del suo Brand Altramoda ed entra anche in Francia e in Germania…

 di G.S.

Il marchio italiano “Altramodanasce nel 2009, quando Elena Mancinelli, sua fondatrice decide con la famiglia di investire nel mondo dell’abbigliamento con la stessa passione e integrità con i quali si era avvicinata all’agricoltura biologica ed al cibo naturale. Infatti, si può produrre moda riducendo al minimo l’inquinamento e, allo stesso tempo, offrire il miglior servizio alle persone che amano i tessuti naturali. L’abbigliamento biologico con capi senza tempo e sostenibili che si possono indossare sempre per il proprio benessere e piacere.

L’e-commerce altramoda.net, presenta una scelta accurata di abbigliamento comodo e ispirato al 100% alla natura.

Altramoda.net è un Brand con un sito BtoC affidabile dove le persone e le famiglie, possono trovare esclusivamente indumenti ipoallergenici, rispettosi dell’ambiente e con filiere etiche e certificate di produzione nonché un ottimo rapporto qualità/prezzo sul mercato.

Sostenibilità, Riciclo, etico e Bio sono termini molto utilizzati da qualche tempo, ma nel suo settore dell’abbigliamento e accessori cosa vogliono dire in poche parole?

In poche parole, perché su ognuna di queste parole potremmo scrivere un libro, diciamo che nell’ aspetto migliore sono parole che alludono alla necessità di relazionarsi in maniera più consapevole con gli altri esseri umani e con la Natura, passando da un modello predatorio e di massimo sfruttamento ad un sistema che possa rigenerarsi riducendo il proprio impatto ambientale e sociale. Poi naturalmente bisogna fare dei distinguo, perché ci sono persone e aziende seriamente impegnate in questo ambito dagli anni ‘70 del secolo scorso, fino all’estremo opposto del puro greenwashing.

Negli ultimi cinque anni un terzo delle imprese manifatturiere ha fatto investimenti nel segno della sostenibilità, e peraltro queste imprese hanno mediamente avuto fatturati più alti, esportato di più e generato più occupazione. Dietro le scelte di alcune di loro ci sono donne come Lei: consulenti, startupper, imprenditrici di riconosciuto talento, che stanno innovando con idee e visioni originali. Come spiega questo?

In un mondo in veloce cambiamento, dove è sempre più diffusa la sensazione di essere in un certo senso arrivati al capolinea, il femminile è naturalmente portato a prendersi cura e a vedere come missione il benessere del gruppo, della famiglia, dell’azienda. Le imprenditrici sono naturalmente predisposte ad ascoltare, a mettersi in discussione e a migliorarsi, perché non lo fanno solo per se stesse, ma anche per lasciare un mondo più sano e pulito possibile alle generazioni future. Inoltre hanno spesso un ideale da concretizzare, semplicemente perché non si tratta solo di profitto, ma anche di manifestare la propria creatività e progettualità.

Tra le imprenditrici donne c’è molta aspirazione ad emergere, ma come alternativa ad una società verticistica piramidale in cui siamo cresciuti. Vedo sempre più progetti in cui il denaro non è il fine ma semplicemente il mezzo per raggiungere un obiettivo più grande, che è spesso sostenibile proprio perché vuole migliorare il sistema.

Cosa si intende per “Moda consapevole”?

Il termine consapevole nella nostra società è un po’ generico e si rischia di renderlo una copertina per tanti proclami differenti: dalla protesta contro la fast fashion ai consigli per uno shopping più o meno sostenibile.

Sei consapevole quando non agisci per automatismo, ma senti, leggi, rifletti, respiri… La moda è innegabilmente legata all’idea di Bellezza, ma ognuna di noi deve vivere questo valore, e trovare l’abbigliamento che ti fa stare bene, rispetta la tua pelle e ti fa risplendere. Il primo passo è sapere che vestirsi è un’azione per avere cura di te.

Un’imprenditrice consapevole potrà decidere come investire in maniera etica, aumentare la qualità e la durevolezza dei prodotti, prendere in considerazione la responsabilità sociale e fornire informazioni trasparenti ai clienti. D’altra parte anche i consumatori consapevoli dovrebbero dedicare più tempo a leggere le etichette ed evitare di abbandonarsi agli acquisti compulsivi di abbigliamento a basso costo e che diventa spazzatura in breve tempo: “less is more”

Cosa intende per “riciclo” nel campo dell’abbigliamento?

Il riciclo è un discorso sempre complesso, diciamo che principalmente dobbiamo “buttar via” il meno possibile, acquistando all’origine abbigliamento di qualità in fibre naturali, e quindi attivare i passaggi successivi che sono: cura e lavaggio corretti, rammendo in caso di piccole imperfezioni, regalare a conoscenti ciò che non mettiamo più e poi proprio per ultimo buttare nella raccolta differenziata degli abiti. Quest’ultima non è fare della beneficenza, ma spostare il problema, perché la maggior parte dei vestiti che buttiamo finisce in discarica. Non da noi, ma in vari luoghi del cosiddetto SUD del mondo, Africa, India, Sud Est Asiatico,… Per quanto riguarda il fine vita dei vestiti è molto più facile riciclare le fibre naturali come puro cotone, pura lana, perché si riesce a dar vita ad un filato rigenerato, quindi anche qui c’è un invito a evitare l’acquisto di capi sintetici (tranne quelli funzionali perché impermeabili, tecnici, ecc) e guadagnare così nel benessere della nostra pelle e del pianeta.

Il greenwashing (ossia darsi una patina di società attenta all’ambiente.. anche se non è così..), specialmente nella moda è, in questo periodo storico, la più grande strategia di marketing utilizzata.

 Il greenwashing esiste da decenni, ancor prima che utilizzassimo questa parola inglese. Venendo dal mondo dell’agricoltura biologica, direi che il problema è legato allo stesso sistema di certificazione e controllo. Dagli anni ‘80 si è deciso che si potevano certificare Bio-Eco ecc, anche singole linee di prodotti, mentre sarebbe stato più impattante certificare solo le aziende che decidevano di sposare al 100% la filosofia della sostenibilità, escludendo quelle che volevano immettere sul mercato solo una linea bio/eco/green/sostenibile e continuare per il resto a produrre in maniera convenzionale.

Lo stesso secondo me è per la moda, individuare marchi che fanno un’esclusiva scelta di sostenibilità ed etica al 100%, e non solo la “capsule” sostenibile stagionale. Così avrete investito in una azienda che considera la sostenibilità una vera missione e non solo un proclama.

Lei cosa consiglia ai suoi Clienti che approdano in Altramoda.net ??

La prima cosa che consiglio è di partire dall’abbigliamento intimo e dalla lingerie. Perché è il primo strato a contatto della nostra pelle, e quindi dobbiamo prendercene cura iniziando ad eliminare assolutamente tutte le fibre sintetiche, che sono causa di dermatiti e irritazioni.

Non è bene che si facciano dei tutorial per far comprendere bene le scelte che il consumatore deve fare?

Sicuramente il formato video, magari visibile anche tramite QR code sulle etichette, è un modo smart, efficace e leggero per dare informazioni. Per un’azienda è un investimento di risorse, tempo e ricerca, in un mondo in cui ci sono anche “troppe” info su tutto. Negli anni abbiamo visto che sono molto apprezzati i tutorial sul lavaggio, sul come trattare fibre delicate (lana, seta, cashmere,…), perché ormai abbiamo conoscenza diretta solo dell’abbigliamento sintetico e in misto cotone, che laviamo con noncuranza, e le molte lavatrici sono realizzate principalmente per questi tessuti.

Il suo marchio “Altramoda” – quale piattaforma – seleziona prodotti Made In Italy anche e come?

Altramoda da ormai 15 anni seleziona abbigliamento, intimo e accessori con criteri di sostenibilità. Alcune fibre hanno una vera e propria certificazione biologica come il cotone da agricoltura biologica ed la lana da allevamento biologico. Di pari passo proponiamo tessuti naturali non certificati come la canapa tessile, la seta, e alcune viscose con un processo produttivo controllato e a ridotto impatto ambientale, come ad esempio il Tencel, il Modal, l’Ecovero che derivano dalla polpa di legno.

Quando cerchiamo dei fornitori guardiamo in prima istanza ad aziende Italiane o Europee, mentre la fornitura sui mercati asiatici avviene quando troviamo anche una certificazione sulle condizioni di lavoro come ad esempio Fairtrade per il cotone e FairWear per la canapa.

Secondo Lei il nostro Paese e, specialmente le giovani donne.. sono sensibili a scegliere capi di abbigliamento riciclati?

Il mercato è molto vario e in continuo cambiamento, negli ultimi due anni la congiuntura economica ha influito molto sulla classe media, quindi c’è meno disponibilità economica, e sempre più ci si rivolge anche all’abbigliamento di seconda mano.

Piace molto l’idea dell’abbigliamento biologico, ma a livello concreto siamo ancora molto indietro rispetto al nord Europa. È una scelta di nicchia ancora, ma non per questo non vale la pena di investirci, bisogna individuare bene il target.

Ci sono nella sua piattaforma capi prodotti direttamente da Lei? Quali?

A marchio Altramoda abbiamo calze in cotone biologico, lana, canapa, alpaca, oltre a una linea di abbigliamento sportivo (t-shirts, felpe, pantaloni tuta) in cotone organico, una mini capsule di abbigliamento tecnico in lana merinos, e la nuova linea di lingerie donna in Modal fibra di faggio. Per autunno stiamo progettando una nuova capsule di maglieria in lana e cashmere, e molto altro…

www.altramoda.net

www.altramoda.bio

Print Friendly, PDF & Email