Attualità
Un messaggio pasquale a favore della famiglia
L’aiuto sociatrico per una Pasqua di resurrezione delle unioni affettive.
Sergio Bevilacqua
La sociatria (medicina e cura delle società umane) organalitica (che, cioè, segue un metodo che deriva anche dalla tecnica verbale interattiva tipica della psicoanalisi) non riporta opinioni ma cognizioni derivate da un approccio clinico riflettuto, e attivato da ipotesi di ricerca poi sviluppate sperimentalmente, cioè con gli approcci appropriati di tipo scientifico.
Per affermare quanto sopra mi sono basato su tutto il sapere disponibile in letteratura, la raccolta dell’esperienza pratica degli operatori sulla materia e, per dare il giusto senso sperimentale, su elementi clinici. Ho, cioè, sottoposto il sapere raccolto alla verifica sul campo._
Le figure professionali che interagiscono col problema delle disunioni affettive (servizi socioassistenziali, psicologici e soprattutto legali) non fanno questo percorso. Il loro scopo non è scientifico, ma svolgono un ruolo nel ciclo della disunione e operano su piani specialistici e solo casualmente sistemici, cui peraltro sono interessati soltanto in senso pragmatico. Il piano giuridico su cui con gravi danni si svolge la fase finale del ciclo della disunione è solo un aspetto tra diversi. E chi è esperto di quello è solitamente portato a vedere cinicamente la situazione e a considerarne in tale modo solo gli aspetti d’interesse materiale. Con gradi di fedeltà assolutamente relativi e non fondanti. Ed è l’esempio forse più importante, quello legale, tra i soggetti che si occupano di problemi della disunione. Ma sono gli umani che, spesso ignoranti e superficiali, vedono il problema della disunione secondo questo concatenamento rozzo: problema> avvocato.
Ciò rappresenta un funzionamento limitato delle loro cognizioni, che si articola in:
- Eccessivo ruolo a uno specialista di codici.
- Incomprensione della estensione del problema.
- Difesa delle proprie bugie.
La visione dell’avvocato divorzista è un versante della malattia della disunione, perché consolida le distorsioni e diffonde un approccio spesso superficiale e opportunistico, mono-disciplinare, quando invece non basta nemmeno il multidisciplinare, se non è anche avveduto clinicamente, data la natura dei sistemi aperti sociali come è un’unione affettiva.
La risposta sociatrica è invece basata sulla verifica sperimentale e non è opinione, proprio tecnicamente. L’intelligenza di un fenomeno è sempre sottoposta al vaglio della prova e la clinica gioca questo ruolo. Le affermazioni della sociatria sono sempre basate su una ponderazione di esperienza casistica, clinica. È bastato ad esempio trattare circa cento casi di “famiglie” in disunione per verificare alcune ipotesi di fondo. Ciò è avvenuto tramite la ONLUS Educhiamo Insieme, con cui, tra l’altro, abbiamo sostenuto la legge sull’affido condiviso. Ho avuto poi la possibilità di avere per parecchio tempo una rubrica sui problemi della famiglia, vista sul piano sociologico e clinico, cioè sociatrico in una diffusa testata locale. Sociatrico non significa opinionistico ma “scientifico”, pur nelle condizioni epistemologiche di una Scienza che opera su Sistemi (come tutte le scienze, in modo sperimentale) ma “aperti”, nei quali l’aspetto sperimentale è svolto dall’intervento migliorativo, cioè dalla clinica.
Questa visione basata sulla sostanza socio-psico-operativa delle unioni umane affettive (di tipo familiare), che ho insegnato all’Università LUMSA di Roma appunto come Sociatria Organalitica della Famiglia, scopre dati di fatto. Le pure vulgate, spesso anche religiose, economiche e legali, sono grandi ostacoli alla vera comprensione del problema delle disunioni, perché sono frequentemente condizionate da fattori filosofico-ideologici e opportunistici di processo, cioè non puramente scientifici. Tali vulgate hanno tenuto sempre nascosto, e disabituato la gente a considerare la vera natura societaria del problema, riducendolo a querelle tra individui.
Ebbene, sono bastati cento casi sui miliardi di relazioni di tipo familiare esistenti nell’umanità per capire un fatto centrale: disunione<>avvento di terzi. Il 95% dei casi lo riporta, se la anamnesi viene svolta professionalmente, cioè da un professionista sociatra organalitico, un esperto dei funzionamenti degli umani consorzi. Una figura cioè, diversa dal sacerdote, dal legale, dal commercialista o, magari, da un amico: tutti questi soggetti sono viziati da interessi, coinvolgimenti o conoscenze parziali del sistema oggetto di cura. La sociatria mette al centro non elementi parziali, ma il sistema sociale aperto di cui si tratta, nel caso di una famiglia una unione sentimentale strutturata in modo anche operativo, con versanti psicologici individuali e di gruppo sociale indotto, regole, impegni, miti, riti, strutture e processi. La sociatria non riporta opinioni ma dati sperimentali, ovviamente nei limiti delle condizioni sperimentali suddette, quelle della clinica, con le sue fasi di anamnesi, diagnosi, terapia, assistenza, prognosi.
L’esperienza sociatrica di 100 casi, da me svolta personalmente, è in grado di confermare che il problema delle disunioni non è quasi mai riconducibile unicamente a variazioni nello stato di 1. salute/malattia, 2. ricchezza/povertà, 3. sorte buona/cattiva: questi sono esattamente i piani contrattuali, dunque sulle varianze di 1., 2., 3. tra tempo 1 (quello dell’unione) e tempo 2 (quello dei problemi) si firma un impegno che in genere è sincero e che i sottoscrittori sono portati a difendere. La evidenza sperimentale dice che l’equilibrio crolla quasi sempre con l’entrata inattesa nella costellazione, a livello nucleare, di un’altra persona che, se non viene espulsa in fretta, altera la gravitazione del sistema, fino a produrne la dissoluzione. È essa sopraggiunta prima, durante o immediatamente dopo l’evidenza di problemi relativi a 1., 2., 3. sopra? Questa è una questione di secondo livello. Se le persone che costituiscono l’unione sono mature e preparate, il “terzo incomodo” non riuscirà ad entrare. E se non un terzo non entrerà, la crisi si risolverà. Ma quando parliamo di casi di disunione, i sintomi della crisi sono già avviati e quelli che si sono rivolti alla sociatria, magari prima d’intraprendere altri percorsi, soffrivano già dell’avvento del terzo/a. E la sorpresa della clinica sociatrica è che l’avvento del terzo/a precede i problemi a 1., 2., 3. Ovviamente col supporto previo dell’immaturità all’impegno coniugale o anche, va detto, del caso, che però può esser o meno incoraggiato.
I servizi legali vedranno semmai i suoi effetti, coperti da bugie, o al massimo bugie travestite da riservatezza o privacy: invece, semplici bugie dette per motivi morali od opportunistici. Dunque, le unioni non crollano per 1., 2., 3. ma per intromissione di terzi a livello del nucleo base che costituisce la costellazione, e ne altera il magnetismo e la capacità di attrazione gravitazionale, provocando le crisi nella costellazione e poi forse anche la sua dissoluzione.
Non c’è particolare differenza di classe e cultura. Ma è certo che una profonda coltivazione umana favorisce la gestione di questi aspetti, e che quindi il 5 % dei casi ne sia esente. Io parlo da scienziato e non per “sfortunati o meno sfortunati” ma per l’umanità (societaria) di cui mi occupo. La statistica scientifica dice 95%, per circa la metà coperta da menzogne e falsità, su cui professionisti disinteressati alla realtà umana ma solo a piccoli traffici personali, anche per incompetenza, hanno fatto calare veli, o non approfondito perché ciò non gli compete.
Al di là delle credenze, le valutazioni sociatriche seguono un principio sperimentale e non si commisurano con principi religiosi o magici. Se la terra non fosse rotonda, si crederebbe com’è stato per millenni che è piatta. La scienza serve esattamente a questo. Filosofi e sceicchi del pensiero devono documentare con scienza e coscienza in questo caso sui molteplici piani della scienza del sistema aperto familiare, e non approvare o meno quanto la scienza sistemica della famiglia come sistema aperto dice. La sociatria si riferisce a un grande numero di casi trattati in modo scientifico e clinico proprio per capire il funzionamento delle costellazioni affettive. Le opinioni di chiunque non abbassano la statistica, e nemmeno cambiano le caratteristiche dell’umano consorzio, perché nessuno parla di un caso o 2 o 5, ma della maggior parte dei rapporti affettivi strutturati tra le persone, cioè di quelli dotati di contenuti sistemici e di progetti di vita insieme. Ci sono differenze tra le classi sociali certamente, ma soprattutto sui modi di affrontare le crisi. Non sulla natura delle crisi, e anche questa è una discreta scoperta: la correlazione pare infatti sul piano della maturità nella scelta e della cultura.
C’è una specificazione, però, che può essere forse utile: la presenza del terzo non è sempre (non 95 volte su 100) fisica: prima che fisicamente, egli/ella è presente prima in chiave immaginaria e simbolica, e, spesso, solo dopo diviene reale. Infatti, l’essere umano è sempre insieme immaginario, simbolico e reale, e l’idea del controllo totale su di sé e sul mondo circostante è arroganza e superbia, errore della ragione, credenza rassicurante e, in fondo, ignoranza. Solo il metodo sperimentale mette al riparo da ciò e, in ambito sociopsicologico e anche antropologico con le sue implicazioni economiche, esso si chiama clinica e processo cognitivo EGEE (Euristica, Gnoseologia, Epistemologia, Ermeneutica). Il resto è medioevo.
L’umanità, intesa come società umana, è un oggetto di studio caratteristico e, grazie alla Sociatria Organalitica e all’EGEE, ha finalmente uno statuto più sperimentale, scientifico, anche grazie all’ultima E dell’EGEE: l’Ermeneutica, la revisione critica continuativa del sapere accumulato. Il senso dell’ermeneutica è di essere antidoto anche alla decadenza o limitatezza delle certezze di qualunque scienza (epistemologia). Per cui, il sociatra, come lo psicologo clinico, lo psicoterapeuta o lo psicanalista, esercita quello che in psicanalisi si chiama “ascolto”, cioè l’attenzione anche alle ambiguità e ambivalenze del linguaggio, su cui si basa non solo l’anamnesi dei casi ma anche la pratica clinica, in continua interazione con il soggetto societario trattato. Non sono dunque i sociatri, se lavorano bene e coerentemente con il metodo conoscitivo, ad essere afflitti da credenze varie: essi fanno tutto il possibile per mantenere limpido e libero da credenza varie il rapporto con la realtà conoscibile. Sono gli altri, semplici esperti funzionali che devono domandarsi se stanno facendo tutto il possibile per sapere “davvero”, o se si lasciano portare da ideologie, credenze, religioni, opportunismi e altri idoli vari, se cioè stanno compiendo bene il ciclo EGE, precedente all’Ermeneutica.
Questa distanza conoscitiva e logica dalle “opinioni”, esterne all’EGEE, non ne riduce la portata significativa: le opinioni possono fondare la politica, proprio perché in sociologia e in politica un sistema aperto deve andare a chiusura tecnica (ad esempio con una legge) come è meglio tendenzialmente per tutti, con le logiche di maggioranza e minoranza. Così in politica democratica, la migliore di tutte le forme politiche.