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La Lidu onlus plaude al decreto carceri ma rileva: tra una anno tutto come prima

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liduIl dcm in un paio d’anni alleggerirà le nostre carceri di 6mila detenuti, ma la misura è provvisoria e non risolve il problema sovraffollamento per cui siamo già stati sanzionati dalla Corte Europea

Roma, 27 giugno –  “ Il decreto carceri approvato in Consiglio dei Ministri è solo un granello di sabbia nel mare di problemi da affrontare e risolvere sulla questione degli Istituti di pena nazionali”, – sostiene Alfredo Arpaia presidente di Lidu onlus ( Lega Italiana Diritti dellUomo) – “ la nostra associazione da tempo si interroga sui correttivi da adottare in merito al disequilibrio tra condanne e pena da scontare nel nostro Paese, anche in un’ottica di riduzione delle spese in carico all’amministrazione pubblica per ogni detenuto che costa allo Stato cifre importanti in vitto, alloggio e sorveglianza.”

In questa direzione la Lidu onlus da anni si batte per un sistema carcerario più rispettoso della dignità umana, e lo fa con convegni, proposte, denunce, l’ultima in occasione della sanzione di condanna comminata al nostro Paese dalla Corte di Strasburgo per ‘trattamento inumano e degradante’ all’interno dei nostri Istituti carcerari, verso cui lo stesso Governo presentò ricorso pur essendo reale ed in alcuni casi quasi raccapricciante la condizione dei nostri detenuti. In quella occasione la Lidu scrisse al presidente del Consiglio  Mario Monti una lettera di sdegno esprimendo il proprio dissenso sul ricorso presentato pur consapevoli delle nostre carenze.FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO

“L’attuale decreto, – spiega Riccardo Scarpa avvocato e docente di diritto Costituzionale e di diritto Comunitario, – andava fatto e migliorerà la situazione, ma per poco tempo perché tra meno di un anno saremo punto e a capo. Meglio sarebbe pensare ad un’amnistia per avere il tempo necessario a ricanalizzare tutta la situazione adottando nuove procedure. Penso ad un potenziamento delle pene alternative alla carcerazione che bisognerebbe ripensare in sede edittale: se il giudice a fronte di un reato condanna al carcere è poi il magistrato di sorveglianza che può tramutare la situazione nel corso della pena e questo accade raramente , ma se il giudice direttamente condanna ad una pena che non sia il carcere e che in qualche modo faccia pesare meno economicamente  il condannato sulle casse dello Stato si ottengono due obiettivi, quello della riabilitazione, ben chiaramente espresso dall’art. 27 della nostra Costituzione, ma anche quello della minor spesa per tutti.”

“ Noi della Lidu pensiamo che solo nei casi di crimini gravi commessi  che mettono a forte rischio la comunità il carcere sia la risposta più adeguata,-  continua Scarpa, – in tutti gli altri casi è più opportuno studiare istituti riabilitativi o arresti domiciliari che obblighino il reo a compiere lavori socialmente utili che rimborsino in parte la comunità per il danno subito: un esempio su tutti Callisto Tanzi che meglio renderebbe a lavorare gratis per il comune di Parma mentre invece rinchiuso in carcere continua a pesare economicamente sullo Stato. Sui diritti umani e civili del detenuto, sulle possibilità di recupero, sulla rieducazione del condannato, sulle opportunità di studio, di lavoro e di cure mediche, il nostro responsabile commissione carceri architetto Alessandro De Rossi  è stato autore e curatore di un libro unico nel suo genere dal titolo ‘L’universo della detenzione’.FOTO REPERTORIO DI CARCERI PER VOTO SU INDULTO
In questo lavoro si legge come da anni ormai, il nostro Paese ha raggiunto livelli di inefficienza assolutamente intollerabili e illegali come dimostrano le numerosissime condanne da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo. Per questa situazione il nostro Paese è stato richiamato a più riprese dal Consiglio d’Europa. Ripensare l’intero sistema a partire dalle strutture carcerarie è doveroso e quanto mai urgente. La vera pena è di fatto la riduzione della libertà, in termini riabilitativi dunque andrebbe formulato un sistema premiale della buona condotta del detenuto e del suo impegno nelle attività lavorative svolte a scomputo della pena. Ma tutto questo- conclude Riccardo Scarpa,- richiede un impegno da parte della nostra democrazia che lasci dietro le spalle i sentimenti di vendetta derivanti da torti subiti anche gravi, e che metta al centro della riflessione la necessità di rieducare per riabilitare alla vita democraticamente concepita. Non è semplice ed il nostro paese da questo punto di vista è ancora molto indietro rispetto al moderno concetto di democrazia. La vera democrazia fa tutti gi sforzi necessari per reinserire i più deboli ed in questo caso i meno capaci di rispettare le regole. Ed in breve tempo questo comportamento diventerebbe vantaggioso anche sul piano economico. ”

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