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Attualità

Esplode la pace tra Etiopia e Eritrea dopo la morte di ottantamila persone

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I due Paesi sono stati in guerra per vent’anni stremando i cittadini che ora celebrano l’evento. La fine delle ostilità altera le relazioni commerciali con le nazioni vicine.

di Vito Nicola Lacerenza

Il primo ministro etiope, il 42duenne Abiy Ahamed, e il presidente eritreo Isaias Afwerki, di 72 anni, hanno dichiarato la fine delle ostilità tra i loro Paesi. A fare il primo passo è stato  Abiy Ahamed che si è recato nella capitale eritrea, Asmara, per incontrare  Isaias Afwerki, il quale ha ricambiato il gesto con una visita di Stato a Addis Abeba, la capitale etiope. Fino a pochi mesi fa l’incontro sembravaimpossibile. Per vent’anni l’Etiopia e l’Eritrea si sono contese territori lungo il confine che le separa, lasciando sul campo di battaglia circa 80.000 morti. La guerra era diventata insostenibile per le popolazioni dei due Paesi, stanchi, oltre che della violenza, delle stridenti contraddizioni. Prima tra tutte la scelta di destinare la maggior parte dei fondi pubblici all’acquisto di sofisticati armamenti mentre i cittadini patiscono la fame. Inoltre tra Eritrea e Etiopia, che una volta costituivano un unico Stato, c’è una sproporzione enorme in termini di popolazione: la prima ha circa 6 milioni e mezzo di abitanti mentre l’Etiopia, la seconda nazione più popolosa dell’Africa,  ne ha 102 milioni. La grande inferiorità numerica ha obbligato il governo eritreo ad effettuare per due decenni arruolamenti forzati per servizi di leva a tempo indeterminato, il che ha spinto molti giovani eritrei ad emigrare in Europa. Mentre l’Eritrea si spopolava sempre più, la popolosa Etiopia, dove risiedono attualmente circa 170.000 rifugiati eritrei, rischiava di essere tagliata fuori dal commercio internazionale. L’Etiopia non ha sbocchi sul mare rispetto all’Eritrea e, per tutta la durata del conflitto, ha usufruito dei porti Somali e sud sudanesi, nazioni confinanti affacciate sul Mar Rosso, tramite un accordo commerciale, il “LAPSSET. Negli ultimi tempi però Somalia e Sud Sudan hanno reso l’accesso ai porti sempre più complicato, mettendo a rischio l’import-export  etiope. In tale situazione la costa eritrea è divenuta per l’Etiopia una possibile via d’uscita dall’isolamento, anche grazie all’efficienza del porto eritreo di Assab, utilizzato persino dall’esercito saudita durante la guerra in Yemen. Con la pace, il LAPSSET si ritrova ridimensionato nella sua importanza, così come i rapporti tra Somalia, Sud Sudan e Etiopia, il cui primo ministro   Abiy Ahamed ha annunciato di voler intraprendere col governo eritreo un percorso di sviluppo economico e di cooperazione, dichiarandosi disposto a vendere alla nazione ex nemica parte delle imprese statali etiopi.

Una proposta che, per quanto propositiva e coraggiosa, è sembrata prematura a buona parte della comunità internazionale. Il disarmo dei due Paesi ex nemici è ancora in corso così come il rilascio dei prigionieri politici e la questione territoriale non è ancora conclusa. Se da un lato il premier etiope  Abiy Ahamed ha riconosciuto il possesso delle terre contese all’Eritrea, rispettando una sentenza delle Nazioni Unite emanata nel 2000, dall’altro è necessario che lo stesso  Abiy Ahamed insieme al presidente eritreo  Isaias Afwerki ridefiniscano con esattezza i confini nazionali in maniera condivisa. È un passaggio fondamentale, tutt’altro che scontato. Ma in Etiopia e in Eritrea, a far ben sperare, ci sono milioni di famiglie sull’orlo della disperazione, per la lunga guerra che ha ridotto tutti alla fame. La maggioranza degli Etiopi e degli Eritrei desiderano fortemente la pace e i leader dei due Stati hanno mostrato di esserne consapevoli. Le relazioni diplomatiche tra i  Paesi ex nemici sono riprese con assoluta normalità, come negli anni antecedenti al confitto, e i collegamenti aerei tra Asmara e Addis Abeba sono stati ristabiliti.

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