Connect with us

Diritti umani

Malattie e Carestie: ulteriori conseguenze della guerra in Ucraina

Published

on

Tempo di lettura: 4 minuti

La crisi in Ucraina, oltre ai terribili effetti bellici, non potrà non generare carestie e malattie, in aggiunta a flussi migratori di massa, choc economici a livello globale dei prezzi di risorse energetiche e finanche di prodotti alimentari.

di Giordana Fauci

L’Ucraina è piombata nella sue ore più buie: in pochi giorni l’invasione russa si è diffusa dal Donbass al resto del Paese, dopo essere stata avviata in modo del tutto inaspettato nella notte del 24 febbraio e poi proseguire incessantemente, senza un attimo di tregua, cagionando la distruzione di molte famiglie, radendo al suolo le loro case, gli edifici, le strade e, oramai, intere città, oltre a spezzare numerose vite e ad infrangere per sempre i sogni di un intero popolo.

Si ignora fino a che punto Putin abbia intenzione di spingersi, anche se il Cremlino ha spiegato che l’obiettivo del presidente è quello di ottenere la demilitarizzazione ucraina.

Va da se che, al di là del tema della guerra che è in corso nel cuore della nostra Europa, ci sono altri due aspetti da considerare con la massima attenzione e che sono strettamente collegati al conflitto.

In effetti, il protrarsi della crisi in Ucraina, oltre ai terribili effetti bellici, non potrà non generare carestie e malattie, in aggiunta a flussi migratori di massa, choc economici a livello globale dei prezzi di risorse energetiche e finanche di prodotti alimentari; senza dimenticare le rivolte in Paesi terzi, dipendenti dalle importazioni di quegli stessi beni.

Più che un effetto domino, dunque, possiamo tranquillamente  parlare di una vera e propria tempesta. Invero, perfetta.

Resta, comunque, fondamentale concentrare l’attenzione sui rischi più gravi: per l’appunto il pericolo di carestie e di nuove emergenze sanitarie, perché l’Ucraina è da sempre considerata il “granaio d’Europa” – essendo uno dei Paesi più importanti nell’assicurare l’esportazione di grano e derivati – e perché gli scenari di guerra sono da sempre humus perfetti per la diffusione di malattie infettive.

Del resto, non possiamo dimenticare che, a peggiorare questo terrificante scenario, già di per se oltremodo critico, l’intero mondo sta ancor oggi combattendo contro una pandemia.

Poiché se è vero che il Sars-Cov-2 è stato arginato in gran parte del mondo occidentale, è ancor più vero che Russia ed Ucraina non brillano certo per dati epidemiologici e tassi di vaccinazione.

A Mosca, ad esempio, solo il 49% della popolazione ha terminato il ciclo vaccinale e il 4,6% è ancora parzialmente coperto; mentre a Kiev la situazione è ancora peggiore, visto che appena il 35% ha terminato il ciclo vaccinale e l’1% è in attesa della prima inoculazione.

Stiamo, pertanto, parlando di cifre basse per poter consentire ai due Paesi di gettarsi alle spalle l’ombra della pandemia.

Non a caso, guardando i dati delle ultime 24 ore, il Covid in Russia ha ucciso oltre 750 persone; in Ucraina quasi 300.

La storia ci insegna – o meglio, avrebbe dovuto! – che guerre e malattie sono solite andare a braccetto!

Basti tornare al 1918, l’ultimo anno della Prima Guerra Mondiale, quando una virulenta e aggressiva forma di influenza denominata Spagnola si diffuse ovunque.

Le circostanze esatte che la originarono sono tuttora ignote e le versioni del tutto discordanti.

Una delle più accreditate ritiene che la febbre Spagnola partì da Camp Funston, un campo di addestramento dell’esercito statunitense situato in Kansas: lì un cuoco si sarebbe presentato in infermeria con i sintomi di una banale influenza che, però, nel giro di pochi giorni colpì altri 100 soldati.

Il patogeno in breve contagiò chiunque in ogni parte del mondo, creando nei mesi successivi picchi più o meno violenti, esattamente come accade oggi col Covid.

Perché la guerra è un ambiente ideale per il proliferarsi dei contagi, viste le pessime condizioni igieniche, climatiche e sanitarie in cui si è costretti a vivere, spesso ai limiti della sopportazione, con gigantesche masse di persone che si radunano in trincee, caserme, navi o altri spazi angusti in cui il contatto è massimo e lo spazio a dir poco inadeguato.

Nel caso della guerra in Ucraina, poi, considerando che il Covid-19 è ancora tra noi vivo e vegeto, non si può non essere certi che si genereranno nuove varianti, ancor più aggressive di quelle sviluppatesi fino ad oggi e, dunque, devono essere monitorati con estrema attenzione tanti e tali rischi.  

Certo, per ora, si tratta ancora di un rischio remoto ma che non possiamo non iniziare a calcolare. Se non altro, nel tentativo di prevenire ulteriori minacce.

La seconda ombra da prendere in considerazione riguarda – come accennato – il rischio di carestie.

Carestie che, senza dubbio, si svilupperanno in Ucraina ma anche all’interno dei Paesi dipendenti dalle esportazioni di prodotti agricoli ucraini, visto che Kiev è uno dei principali esportatori di mais, orzo e segale.

In effetti, una parte sostanziale dei terreni agricoli più produttivi di Kiev è situata proprio nelle regioni più vulnerabili ad un potenziale attacco russo e, a dire il vero, molte di tali regioni sono già in mano ai russi e i conseguenti pensieri sono tutt’altro che rosei.

Di certo, è plausibile ipotizzare un forte calo della produzione di grano e l’inevitabile crollo delle esportazioni alimentari, oltre alla fuga degli agricoltori e alla distruzione, totale o parziale, di infrastrutture ed attrezzature.

…In altre parole, uno dei motori dell’economia ucraina finirà paralizzato, con il rischio di restarci per molto tempo e così creare problematiche finanche in altri Paesi.

A tal punto, diviene doveroso accendere i riflettori sui due possibili scenari che ne deriveranno: in primis la carenza di cibo per la stessa Ucraina; in secundis l’aumento dell’instabilità nei Paesi in via di sviluppo clienti dell’Ucraina e, perciò, dipendenti dai prodotti agricoli di Kiev dal punto di vista alimentare.

Del resto, in passato i Russi hanno già messo le mani sull’agricoltura ucraina.

Ed anche qui vale la pena citare un episodio storico: la carestia perpetrata dalle politiche sovietiche in Ucraina a ridosso degli anni ’50, più nota come Holodomor, una carestia che arrivò ad uccidere tra i 4 e i 7 milioni di ucraini.

Ecco perché i governi occidentali, sulla base di quel che si è già verificato in passato, devono iniziare a prepararsi per scongiurare l’insicurezza alimentare dei rispettivi popoli e le potenziali carestie che andrebbero a colpire soprattutto – ma, invero, non solo – i Paesi più poveri.

LEGGI ANCHE

Conflitto Russia-Ucraina, in attesa di trattative per la pace in Ucraina parlano le bombe

Print Friendly, PDF & Email