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Diritti umani

Ricordando il genocidio degli Yazidi

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Il 3 agosto 2014 la comunità Yazida fu sterminata: 12.000 le persone uccise, 7.000 tra donne e bambini, rese schiave, vendute, torturate e violentate, e circa 200.000 quelle che riuscirono a fuggire dall’Iraq

di Antonio Virgili – pres. commissione Cultura Lidu onlus

La data del 3 agosto va ricordata, tra le altre cose, quale data dell’ennesimo sterminio, nel 2014, subito dalla comunità Yazida presente nell’Asia occidentale. Una comunità che molte volte è stata attaccata, emarginata, sottoposta a deportazioni ed uccisioni di massa ma della quale si continua a parlare poco, molto poco. E’ una piccola comunità che non vanta potenti presenze mediatiche, che non incita ad abbattere monumenti storici, che non sollecita scenografiche genuflessioni di massa in nome del “black lives matter”, che non rivendica quote obbligatorie da assegnare alle minoranze in quanto tali, che non fa proselitismo religioso e culturale.

Nel marasma mediatico e manipolatorio generale è una comunità che cerca di sopravvivere e di ricostruire la propria dignità ed autonomia grazie a poche ma mirate iniziative di ricostruzione. Che invita a perseguire internazionalmente quanti hanno reso letteralmente schiave e gravemente offeso nel corpo e nell’animo migliaia di donne di quella comunità, non in nome di settarie battaglie di genere, ma per un senso di giustizia più universale e profondo.

Il 3 agosto del 2021 sono trascorsi 7 anni da quel genocidio. I dati sono approssimativi, come tipico quando si uccide in massa e si nascondono i resti in fosse comuni, le stime internazionali parlano di circa 12.000 persone uccise, di 7.000 persone, quasi tutte donne e bambini, rese schiave, vendute, torturate e violentate, di circa 200.000 persone fuggite -per lo più a piedi- dalle loro case per sopravvivere a rastrellamenti ed esecuzioni. Di decine di migliaia di case depredate di quel poco che avevano e distrutte sistematicamente.

Gli Yazidi sono stati perseguitati con motivazioni religiose dai fanatici musulmani del Daesh, prima ancora dagli Ottomani e dai Turchi, ma abitualmente sono poco graditi anche ai musulmani non fanatici, sia wahhabiti che sunniti. Molto resta da ricostruire, curare, ricomporre e, principalmente, da garantire nei diritti fondamentali per la comunità degli Yazid.

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