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In passato “postini in guerra”, medaglia al valor militare, i piccioni oggi fanno solo gare di velocità

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Il piccione Paddy, sorvolò la Manica, evitando lo sbarramento nazista, comunicando l’avvenuto sbarco in Normandia agli inglesi.

di Vito Nicola Lacerenza

I piccioni sono ovunque nelle nostre città. Sono tanti tantissimi. Dall’alto dei cornicioni delle finestre o dei lampioni, i piccoli pennuti ricoprono di escrementi qualunque cosa si trovi sotto di loro. Poco importa se sia un’ automobile o un monumento, che, a lungo andare, viene danneggiato. I colombi, però, non sono sempre stati ritenuti solo portatori di danni, ma hanno assunto varie caratteristiche. Dall’antichità fino ad oggi, la simbologia religiosa ha sempre attribuito ai piccioni caratteristiche  sacre. Per i Sumeri, popolo della Mesopotamia, i volatili erano “i messaggeri di Dio”, per i Romani, “il simbolo della fertilità”, per la Bibbia, invece, la colomba bianca rappresenta lo Spirito  Santo. Esempi di un antichissimo “valore sacro”, a cui bisogna aggiungerne, però, un altro, pratico, che i Greci, migliaia di anni fa, hanno saputo intravedere nel volatile e mettere a frutto durante i giochi Olimpici. Seguitissimi già nella Grecia classica e bisognosi di essere affiancati da “un’agenzia di stampa” che comunicasse ai fans degli atleti le “ultime news” . Attaccate, sotto forma di bigliettino, alle zampe dei colombi, che, dal monte Olimpo, volavano verso Atene, informando gli abitanti sui risultati delle gare, rendendo noto i nomi dei vincitori. Come  veri e propri “messaggeri alati”, efficaci non solo durante i giochi, i piccioni viaggiatori fino al secolo scorso sono stati utilizzati come “postini” durante le guerre, perché erano gli unici a poter superare le linee nemiche indenni portando messaggi cartacei legati ad una zampetta con informazioni strategiche o richieste di soccorso.

Piccolo, innocuo, ma meritevole, per il servizio svolto in guerra, delle più alte onorificenze militari, solitamente assegnate soltanto ai militari.  Ecco perché, l’armata britannica, per evitare di creare imbarazzo tra le alte sfere dell’esercito, ha creato la “Dikin Medal”: la medaglia al valore per gli animali, equivalente alla “Croce Vittoriana”, premiazione esclusiva dei soldati del Regno Unito. Dall’altra parte della Manica, invece, l’esercito Francese non ha avuto problemi a premiare il piccione Cher Ami con la “Croix de Guerre” (La Croce di Guerra). La più alta onorificenza militare del Paese transalpino, riservata ai soldati che abbiano compiuto atti eroici in battaglia. Proprio come Cher Ami. Il piccione viaggiatore che, nel 1918, dopo essere stato centrato al petto da un proiettile e aver perso una zampa, ha continuato a sorvolare le linee nemiche con un messaggio in codice, che ha salvato la vita a 194 soldati, i quali sono ritornati a casa grazie all’apparente “eroismo” del pennuto. Solo apparente, appunto.

Perché a far volare l’animale per quasi mille chilometri, non è stato il patriottismo o un militaresco senso del dovere, bensì un naturale istinto monogamico, che lega unicamente e per sempre il volatile alla sua partner femminile, la piccioncina. Usata dagli uomini come  mezzo per suscitare nel piccione l’attrazione che lo farà volare attraverso mari, monti e tempeste. È sufficiente lasciare che i due pennuti “amoreggino” qualche secondo tra loro e poi strappare, di colpo, il colombo dai teneri vezzeggiamenti di lei. La traumatica separazione spingerà il volatile a raggiungere la sua dolce metà ovunque si trovi. Fosse anche a migliaia di chilometri di distanza, il piccione la localizzerebbe. Grazie alla sua capacità di essere sempre “connesso” con il campo magnetico della terra, per mezzo  dei magnetiti (cristalli di ferro) posizionati nel becco, che funge da “navigatore”, la cui destinazione è sempre la stessa. La piccioncina. Perciò si sente spesso dire di due innamorati che sono “ due piccioncini”. Un altro “innamorato pazzo” è stato il piccione viaggiatore irlandese Paddy, “arruolato”, per così dire, nella RAF (l’aviazione britannica), massicciamente impegnata durante lo sbarco in Normandia, avvenuto durante il secondo conflitto mondiale, il 6 giugno 1944. Un evento epocale di cui gli inglesi non sarebbero stati avvisati in tempo, se Paddy non avesse sorvolato, in sole  4 ore e 50 minuti, il canale della Manica, sotto la costante minaccia dei falchi pellegrini, predatori naturali dei colombi, che i soldati nazisti avevano rilasciato affinché divorassero gli innocui “postini”. Infaticabili tenaci e resistentissimi, perché allevati fin dalla nascita da allevatori specializzati, i colombofili,  addestratori degli animali alati, che, grazie alle loro cure, trasformano i piccoli pennuti in “atleti dei cieli”, in grado di percorrere 700 km con un volo ininterrotto di 12 ore, ad una velocità di circa 90 km orari.  Performance frutto dello “stile di vita sano e regolare”, che i colombi seguono nelle piccionaie.

Luoghi concepiti per  ottimizzare lo sviluppo fisico dei piccioni, rinchiusi all’interno di gabbie, provviste di ampi spazi assolutamente privi di umidità e correnti d’aria. Pericolose per la salute degli uccelli, nutriti quotidianamente con dodici tipi di cereali diversi: dai più comuni come il grano, il mais e  il farro, ai più particolari. Scelti appositamente in base alle esigenze del singolo piccione, al quale, all’occorrenza, vengono dati anche integratori vitaminici. Poco prima dell’inizio dell’allenamento giornaliero, a cui i pennuti sono sottoposti già a 30 giorni d’età, ovvero da cuccioli. Impegnati  inizialmente in esercitazioni semplici  di brevissima durata: come imparare ad entrare nella  piccionaia  o a volarci intorno per cinque minuti. Tempi d’allenamento che, aumentano fino ad un’ora e mezza per i colombi adulti, che, ogni otto giorni, devono sostenere voli che variano dai 200 agli 800 km.  La lunghezza massima dei percorsi di gara, a cui sono destinati i piccioni viaggiatori. Oggi considerati animali da competizione, così come i cani o i cavalli da corsa. Un’ analogia visibile anche nei prezzi, che possono variare  da poche centinaia a centinaia di migliaia di euro per singolo colombo.

Come “Bolt”, ad esempio, il piccione belga allevato dal colombofilo Leo Heremans, venduto ad un magnate cinese per 310 mila euro. Una cifra “determinata dalla velocità e dalla capacità di rientro” del volatile nella sua piccionaia- ha spiegato Cristiano Paltrinieri, presidente della Federazione Colombofila Italiana, che conta 1900 allevamenti sparsi in tutto il Paese, dove l’arte di crescere e addestrare il volatile viene svolta per lo più a livello amatoriale. Data anche la facilità con cui si può acquistare, anche su internet, un piccione e l’assenza di norme specifiche relative al suo censimento agli uffici ospedalieri veterinari. Una situazione ben diversa rispetto fino a cinquant’anni fa, quando era ancora in vigore una legge del 1928, che prevedeva la denuncia dell’animale al ministero dell’interno, come fosse un’arma, onde evitare che il volatile, con le sue doti di “ eccellente postino”, costituisse un pericolo per un eventuale nemico. Ipotesi oramai inesistente.

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