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Il 25 aprile 1945 e la guerra civile permanente in Italia

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Nel corso del tempo il 25 aprile 1945 diventa sempre più oggetto di polemiche che contrappongono istituzioni, culturali e politiche dell’Italia invece di unirli.

di  Manlio Lo Presti

Da pochi anni, gli storici cercano di diradare alcune nubi create su questo evento caricato di emozioni più che di lucidità documentale. Anche e soprattutto, questa ricorrenza non è un patrimonio condiviso della memoria storica di un Paese che nacque sui tavoli delle potenze anglofrancesi e che fu da loro prima saccheggiato con inaudita brutalità costellata da oltre un milione di morti e da oltre 25 milioni di emigrati. Un Paese fragile e senza autonomia utilizzato contro gli Imperi Centrali circa 60 anni dopo, con altri milioni di lutti e di invalidi. Si può dire che l’Italia è stata la prima cavia ante litteram del Piano Goldman.

Il primo studioso che iniziò a squarciare il velo della vulgata preconfezionata fu il professore Renzo De Felice che fu oggetto di minacce fisiche, e a seguire giornalisti fra i quali spicca Gianpaolo Pansa, anch’egli minacciato dai guardiani della “memoria storica” non condivisa e riconosciuta da tutti gli italiani indistintamente. Una memoria storica imposta dalla occupazione del sistema scolastico da parte di precise forze politiche. Il risultato è stato quello di disintegrare il sistema pedagogico italiano eliminando di fatto e progressivamente l’identità culturale ed antropologica di un popolo: la distruzione della sua Alma Mater. Oggi, i fatti di cronaca registrano un crescente numero di aggressioni agli insegnanti, eventi che costituiscono le più vistose conseguenze di questo lassismo programmato per costruire una scuola che NON DEVE INSEGNARE NULLA, ma creare solamente dei futuri addetti alla catena di montaggio scuola-lavoro.

Un Paese nato artificialmente dall’ incubatrice dei dominatori e che con questo “certificato di nascita”, non ha potuto sviluppare una vera e propria coesione sociale, linguistica, storica, territoriale, culturale, economica. Il nostro Paese è un vero proprio ircocervo che non ha mai perseguito fino in fondo una coerente politica nazionale, e coloro che ci hanno provato con vero senso dello Stato e con spirito di servizio, sono stati assassinati dai servizi segreti delle potenze che ci dominano con mano ferrea da oltre due secoli.

Una vasta e crescente parte dell’opinione pubblica ritiene meno credibile la valenza positiva di un periodo storico ricordato in parte e che omette di dire che i cosiddetti “liberatori”, cioè coloro che stavano dalla “parte giusta”,  si sono macchiati degli stessi crimini degli oppressori ai danni della popolazione inerme, con violenze di massa e  stupri contro bambine e donne prima bruciate vive e poi uccise.

Allora, le domande senza risposta, che rendono vana la valenza educativa del 25 aprile 1945 se non verranno alla luce anche le verità sottaciute,  sono queste:

  • Perché gli alti comandi delle forze della parte ‘giusta’ non fermarono queste stragi ai danni della popolazione che, anzi, furono incoraggiate su vasta scala? Qualcosa si comincia a sapere – a brandelli – e senza un disegno complessivo di ricerca sistematica. Ma spesso si tratta di notizie strumentalizzate come lotta politica e prosecuzione di una Guerra Civile che non è ancora finita.
  • Perché non si è mai allestito un Tribunale sui crimini del passato regime?
  • Perché non si sono fatte indagini nei confronti dei nuovi sterminatori che agivano come “liberatori”?
  • Perché non si sono realizzate inchieste giudiziarie per individuare i responsabili dei saccheggi e dei misteriosi passaggi di mano di ingenti ricchezze?
  • Perché non sono ancora chiari eventi relativi all’anomalo “riutilizzo” delle forze partigiane confluite, assieme alle forze R.S.I. di Salò, in un progetto di controllo militare – a regia atlantica – dell’Italia ancora fumante sotto le macerie di una guerra ancora tutta da capire?

Abbiamo quindi un Paese diviso fra nord e sud, fra economie diverse, fra barriere linguistiche, fra tentazioni di secessione mai sopite e che ora stanno ripartendo come piano B, da utilizzare per spezzare la eventuale resistenza dell’Italia ai comandi impartiti dai soliti organismi economici e politici internazionali ostili da sempre all’Italia, sorvegliata speciale. 

Sulla base dello scenario inquietante appena descritto, ai lettori spetta il diritto dovere di fare le opportune e necessarie riflessioni sul valore del 25 aprile 1945, una data che ancora divide, una data che lascia sanguinare ferite mai rimarginate, una data che non crea comunione ma conflitto e divisione pericolosi per la tenuta sociale di un Paese occupato brutalmente dalle potenze atlantiche ed europee che, volutamente, tengono l’Italia in coma economico e finanziario da oltre 12 anni e in uno stato latente di guerra civile non esplosa.

 

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