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Diritti umani

Ius soli: il dibattito contro la Storia

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Negare il diritto alla cittadinanza italiana ai  figli di immigrati nati in Italia è  un’offesa alla nostra Storia, cominciando dai milioni di Italiani che sono immigrati a loro volta per aiutare il nostro paese

di Gianni Pezzano

Alla fine degli anni 80 mi trovavo in vacanza a Roma e ho deciso di pranzare a un locale cinese vicino a Termini. Ho due ricordi di quel pranzo, il primo è quello di uno dei migliori posti di cucina cinese della mia vita e il secondo quello di vedere il nipotino della proprietaria parlare con la sua amata, anche lei cinese, in Romanesco. Mi ha colpito perché, da figlio di emigrati in Australia nato e cresciuto in quel paese, mi identificavo con loro, ma c’era una grande differenza tra me e loro. Io ho la cittadinanza italiana e loro che sono nati in Italia, no.

Penso a quella coppia che oggigiorno potrebbe avere nipotini che sicuramente non hanno ancora la cittadinanza italiana, e vedo in questa immagine una delle basi fondanti della legge sullo Ius soli che ora coinvolge il parlamento italiano. Cosa vuol dire essere italiano?

Il maiale e la vacca

In questi anni vediamo sui social media e anche nei commenti di esponenti di certe forze politiche che chi non mangia il maiale non può essere italiano. Mi domando se questi personaggi si rendono conto che non solo hanno scordato che esiste una comunità ebraica in Italia da oltre duemila anni che non mangia la carne di maiale, ma che in effetti danno ragione alle motivazioni di una delle vergogne più grandi della Storia del nostra paese, le leggi razziali del Ventennio.

Non esiste famiglia ebraica nel Bel Paese che non abbia subito perdite nel corso di quegli anni e chissà cosa ne pensano su questo discorso. Non dubito che si sentano a disagio a sentire certe frasi e le foto di esponenti di un partito che portano a guinzaglio maiali per urinare in zone dove potrebbero sorgere moschee. Certamente non è un’immagine che giova al senso di Democrazia nel nostro paese, che ha come base principale la libertà di culto ( art.19 Costituzione).

Allo stesso modo ora che cominciamo ad avere una grande comunità indù in Italia, dobbiamo chiederci se la loro proibizione di consumare la carne di manzo sia anch’essa un limite alla loro appartenenza nel nostro paese. Potremmo anche dire che la decisione di diventare strettamente vegetariani se non addirittura vegani potrebbe anche essere il segno di chi non vuole seguire la nostra Cultura.

Ad alcuni questi riferimenti potrebbero sembrare banali, ma sono proprio questi punti che dovrebbero fare pensare che l’Italia sta cambiando a causa delle nuove comunità e che dovremmo renderci conto dei cambiamenti storici che anche molti altri paesi hanno subito proprio per questo motivo e spesso da parte dei nostri amici e parenti all’estero.

Il paradosso e l’ipocrisia

Nel corso del dibattito sullo Ius soli alcune forze politiche dimostrano paradossi e ipocrisie nel trattamento del tema.

Molti di coloro che difendono l’attuale legge di cittadinanza sono anche gli stessi che si oppongono al voto all’estero che sempre più spesso sarà esercitato da nipoti e pronipoti di emigrati italiani, che conoscono poco o niente della nostra lingua e a volte nemmeno sono tornati nel paese dei loro nonni. Tutto questo permesso da una legge che dice che il sangue dei genitori tramanda la cittadinanza ai figli. Questi parlamentari ora si trovano a difendere e a condannare allo stesso tempo situazioni opposte.

Entrambi sono temi seri e da affrontare in mondo serio e non semplicemente per convenienze politiche che cambiano da un momento all’altro.

Domenica mattina RAI 3 ha trasmesso un programma  sulle comunità italiane in Sud America e l’orgoglio di chi dopo molti decenni e generazioni lontano dalla Patria è ancora giustamente fiero delle proprie origini italiane. In questo modo esistono moltissime pagine nei social media da tutti i continenti nelle quali gli utenti esprimono a tutto il mondo che sono di origine italiana.

E ora ci troviamo nell’ipocrisia di quelli che condannano lo Ius soli. Come si fa a osannare i nostri parenti all’estero per questo comportamento per poi pretendere che gli immigrati in Italia devono perdere la propria identità? Da oriundo ricordo le nostre lotte in Australia per poter insegnare la nostra lingua,  promuovere la nostra cultura e  capire le nostre origini e trovo, a non dir poco, vergognoso che ora siamo noi italiani a dire agli immigrati che devono perdere la loro identità.

Come non era giusto quando lo subivamo noi italiani per decenni, è ancora ingiusto nel mondo d’oggi, se non addirittura di più perché vorrebbe dire che abbiamo dimenticato il nostro passato..

L’Inevitabile

Nel corso dei miei cinquant’anni in Australia prima di trasferirmi in Italia e soprattutto nel corso del mio lavoro in seno alla comunità italiana della mia ora ex città di Adelaide, so benissimo che non tutti gli emigrati italiani si trovano a loro agio nel nuovo paese di residenza. Alcuni resistono, altri decidono di tornare in Italia e c’è chi va avanti e indietro tra i due paesi in cerca del luogo dove vivere, alcuni senza successo.

Ci sono stati emigrati italiani in Germania e Belgio che si sono trasferiti con l’intenzione di costruirsi una casa nuova nel paese di nascita e fare i soldi per  tornarci nel futuro. Chi va nel Sud d’Italia vede in quasi ogni paese case iniziate e mai finite perché i proprietari hanno poi deciso di rimanere nel paese nuovo e ci sono stati quelli che sono tornati in Patria dopo poco tempo perché incapaci di trovare una sistemazione all’estero.

Ora vediamo questi stessi  comportamenti tra gli immigrati che si trovano in Italia e senza dubbio vedremo le stesse decisioni per alcuni di loro, ma a lungo termine la grande maggioranza rimarrà perché i loro figli nascono qui, faranno le nostre scuole e si troveranno a disagio nei paesi dei genitori.

Come all’estero, ci saranno italiani che non accetteranno mai la presenza di stranieri nel proprio paese. Questi, come i politici che si oppongono allo Ius soli, non si rendono conto che combattono contro la Storia. Inevitabilmente gli mmigrati cambiano i paesi di residenza e basta vedere i lavori degli italiani in tutti i continenti

La presenza di questa minoranza rumorosa non deve impedire i cambi necessari per aiutare l’integrazione dei nuovi immigrati in Italia. L’integrazione non è una strada a senso unico dove l’immigrato deve perdere le proprie origini e identità

L’integrazione è la consapevolezza di sapere mettere ognuno al posto adatto alle qualifiche e di poter contribuire alla nostra economia e la nostra Cultura nel miglior modo possibile. L’integrazione non si avvera considerando il nuovo arrivato semplicemente come mano d’opera senza gli stessi diritti di chi lavora con lui o lei.

L’identità e il futuro

L’identità di un paese non si esprime secondo un libretto che dice che l’italiano (o l’americano, l’australiano, il cinese, ecc., ecc.) deve comportarsi secondo un unico modello  eterno. Ogni paese esprime molteplici facce, siano religiose che culinarie e anche linguistiche. Sono queste differenze che rendono i paesi ricchi, non il modello limitato.

Gli immigrati che ora vengono in Italia formeranno una parte di quel che diventerà l’Italia del futuro. Bisogna riconoscere questo fatto e l’unico modo vero di farlo è di riconoscere legalmente che chi nasce nel paese e fa le nostre scuole, chi lavora nei nostri campi e nelle nostre fabbriche pagando le tasse che pagheranno anche le nostre pensioni nel futuro sono i nostri concittadini a tutti gli effetti.

Negare il diritto alla cittadinanza italiana ai loro figli non è solo un’offesa ai nostri vicini di casa, è anche un’offesa alla nostra Storia, cominciando dai milioni di Italiani che sono immigrati per aiutare il nostro paese a diventare tra le potenze economiche più forti del mondo. Trattiamo i nostri nuovi residenti come avremmo voluto che fossero stati trattati i nostri amici e parenti lontani invece di fare il gioco di imitare i loro oppressori.

 

 

 

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