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Arte & Cultura

IPPOLITO CAFFI dipinti di viaggio tra Italia e Oriente

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Trieste: prorogata al gennaio 2016 la mostra con iniziative speciali a novembre e dicembre

imageTrieste, 16 novembre – La passione per i viaggi, l’entusiasmo per la scoperta di un Oriente affascinante e sconosciuto ma anche per gli ambienti, i monumenti e i colori delle città italiane (Venezia, Roma, Napoli), il desiderio di fissare emozioni, paesaggi, incontri: c’è un medesimo sentire, un’affinità legata al desiderio di scoperta e ricerca del nuovo, che accomuna due personalità per altri versi distanti e opposte come Ippolito Caffi – straordinario interprete e innovatore del vedutismo veneziano nel XIX secolo, ma anche patriota risorgimentale e convinto propugnatore della libertà d’Italia – e Massimiliano d’Asburgo, discendente di una delle più importanti dinastie europee, prima governatore del Lombardo-Veneto poi ammiraglio della marina austriaca, espressione di una monarchia che tenta invano di rinnovarsi in chiave moderata. Se l’arciduca fa dei viaggi la cifra costante della sua esistenza, individuando nella scrittura e nei tanti e appassionati diari presenti in mostra la forma concreta del suo narrare, Caffi trova nel viaggio una fonte continua d’ispirazione, fervore e conoscenza; e nella pittura descrittiva di luoghi ed eventi – tanto realistica e puntuale quanto immaginifica e visionaria – la vera anima della sua arte. Affinità rievocate ora a Trieste, al Castello di Miramare, dove – idealmente – Caffi e Massimiliano s’incontreranno  dal 9 luglio all’8 dicembre 2015 in occasione della mostra “Ippolito Caffi. Dipinti di viaggio tra Italia e Oriente”curata da Annalisa Scarpa. Nel bianco edificio affacciato sul promontorio triestino – in cui Massimiliano volle custodire il dipinto commissionato proprio a Caffi, nel 1857, per immortalare la festa notturna a Venezia all’indomani delle nozze con Carlotta di Belgio – oltre quaranta dipinti delle raccolte della Fondazione Musei Civici di Venezia,  da molti anni non esposti e in parte restaurati per l’occasione, faranno rivivere i viaggi e i sogni, le geniali invenzioni e la scenografica arte del pittore bellunese . Attraverso i dipinti di viaggio che fissano su tela e carta la sua personalissima visione di Venezia e Roma – città molto amate e in cui l’artista volle ripetutamente tornare per riempire occhi e spirito – e poi di Napoli e dell’Oriente, è dunque possibile seguire l’evolversi della pittura di Caffi che, instancabile viaggiatore e artista-patriota, pronto rischiare la vita per la causa in cui crede e come reporter di guerra, seppe traghettare il genere della veduta nella contemporaneità, interpretandolo in chiave assolutamente moderna. Animato dall’esigenza continua di documentare la realtà dei tanti luoghi visitati, il pittore veneto unì infatti ad una grande abilità prospettica un profondo senso di ampiezza atmosferica e un ricercato studio sugli effetti di luce, dei quali si servì per mettere in scena soluzioni cromatico-luministiche assolutamente inedite, fatte di feste suggestive, di fuochi d’artificio, di vedute notturne teatralmente abbracciate da romantici aloni lunari, di incantevoli trascrizioni di accadimenti naturali: la nebbia, la neve, un tramonto infuocato. Una libertà creativa che prende corpo in Caffi nella Città Eterna, dove l’artista si reca per la prima volta per fuggire alle rigidità teoriche e ai modelli settecenteschi sperimentati a Venezia, allievo all’Accademia di Belle Arti. Dai celebri soggetti romani affrontati negli anni ’40, come Carnevale di Roma. La festa dei moccoletti (’37) – tema più volte replicato e di cui è in mostra il prototipo conservato a Ca’Pesaro – il pittore giunge negli anni e nei viaggi successivi (imposti anche da un’ingiusta proscrizione da Venezia) alle numerose vedute notturne e diurne del Colosseo, fino alle tele degli anni ’50, come quelle in mostra con Piazza San Pietro (1856) o il Foro Romano (1856). Tra le opere che ritraggono la città lagunare, in diverse fasi della sua carriera, particolarmente rappresentative e toccanti sono Neve e nebbia in Canal Grande (1852), Veduta del Molo (1857) e Panorama dal ponte della veneta marina(1858) – in cui Caffi mette in pratica la più recente empatia per le tecniche fotografiche – o ancora la seducente e scenografica Serenata sul Canal Grande (1858) traguardo significativo della sua poetica dello “spettacolare”. ll percorso espositivo prosegue nella Sala del Trono dove, dopo l’immersione nella luce calda e vibrante delle opere eseguite a Napoli – come La lanterna del Molo di Napoli a Torre Annunziata (1843) e la Riviera di Posillipo (1843) – si assiste agli esiti del sogno del pittore: il viaggio in Oriente. Spinto dalla ricerca di luoghi nuovi ma anche dal desiderio di conoscere popolazioni e culture poco note e percepite diverse da quelle europee, Caffi era salpato dal porto di Napoli, il 5 settembre del ’43, per intraprendere un viaggio che coinciderà con la stagione artisticamente più fertile e promettente di tutto il suo percorso artistico. In un susseguirsi d’emozioni, la luce candida e vivida e le geometrie perfette delle vedute di Atene, tra cui Il Partenone eSull’Acropoli, lasciano il posto a immagini più liquide e avvolte in un’atmosfera dorata come quelle eseguite a Costantinopoli – splendida la Veduta dalla acque dolci d’Europa (1843) – via via fino ad arrivare alla luce rovente e al lirismo delle memorie d’Egitto, tra cui Vento di Simun nel deserto e Istmo di Suez (1844).“Brani immortali che gli sfuggono dalla penna e dal pennello – scrive Annalisa Scarpa nella guida della mostra edita da Marsilio – quasi fossero un’esigenza dell’anima, ricchi di una luce rovente che trasfonde il calore che emana, brani dove si sente il brusio delle voci degli uomini e delle donne che li popolano, vive e palpitanti”. Caffi si spinge quindi fino a Gerusalemme (in mostra La Veduta dal Monte Oliveto) e poi a Efeso e a Laodicea, fino a Hierapolis, che immortala in un capolavoro, dalla luce onirica e di suadente magia, con il quale si chiude la mostra. L’omaggio di Miramare all’artista veneto – che prelude alla ricorrenza dei 150 anni dalla sua scomparsa nel 2016 e che s’inserisce nelle celebrazioni dei 60 anni del Museo – si conclude ricongiungendosi nuovamente all’esperienza di grande viaggiatore di Massimiliano, con i dipinti, nel percorso permanente del Museo, che lo stesso arciduca fece realizzare nel corso dei suoi prediletti viaggi in Europa e in Oriente.

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