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Diritti umani

Il 25 marzo del 1911 in Usa 140 donne morivano in fabbrica. Il ritiro della Turchia dalla convenzione di Istanbul è un passo indietro per i diritti conquistati

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110  anni fa la tragedia della Triangle Factory  dove morirono 140 operaie, uno dei simboli del cammino della donna verso la conquista dei diritti. Oggi pesa il ritiro della Turchia dalla convenzione di Istanbul.

Il 25 marzo del 1911 a New York, si consumava la grande tragedia della Triangle Factory  dove un incendio, divampando all’ottavo e nono piano dell’ edificio che accoglieva la fabbrica, uccise 146 lavoratrici.  Il palazzo si trovava a un chilometro di distanza da Washington Square Garden Park ed era conosciuto come l’edificio dei 10 piani, si confezionavano camicette bianche, considerate simbolo di modernità tra le donne di allora. Le operaie che lavoravano lì erano giovanissime, emigrate per lo più dall’ Europa, molte di loro parlavano a malapena l’inglese e i datori di lavoro le consideravano di intelligenza inferiore, le giovani guadagnavano circa 6 dollari alla settimana, nel migliore dei casi, lavoravano a porte chiuse, a ritmi gravosi, senza orari, controllate continuamente perchè terminassero tutto il lavoro assegnato.

Quando scoppio l’incendio le ragazze rimasero intrappolate nel fuoco, disperate e prese dal panico allora cominciarono a gettarsi dalla finestra, una dopo l’altra, a nulla valse l’opera dei pompieri che organizzarono dei teli per attutire le cadute, in pochi minuti il marciapiede fu invaso dai corpicini anneriti delle ragazze oramai senza vita. I dirigenti della fabbrica non avevano pensato di far aprire le porte alle loro operaie, anche se questo non avrebbe impedito loro di salvarsi, pensarono solo di mettersi al sicuro sul tetto. Al processo furono prosciolti e alle famiglie delle vittime arrivarono pochi spiccioli, ma la tragedia fu così grande e così sentita da tutta l’opinione pubblica, anche in Europa dove vivevano le famiglie delle ragazze che avevano attraversato l’oceano alla ricerca di riscatto e libertà, trovando invece la morte, da produrre azioni, proteste, manifestazioni che portarono alla stesura di nuove  leggi e regole a tutela dei lavoratori e per la conquista di diritti alle donne.

 Una sola ragazza, Rose Freedmann, si salvò dal rogo perchè ebbe l’intuizione di raggiungere il decimo piano    dove si erano rifugiati i padroni, la sua testimonianza fu decisiva, stimolò pressioni e riflessioni importanti nell’ opinione pubblica, anche se non riuscì a portare ad una giusta sentenza. Rose visse 108 anni combattendo per i diritti e diventando simbolo della lotta per l’emancipazione della donna continuando a ripetere “se non vi difendete da sole chi vi proteggerà, guardate quello che è capitato a noi,  i capi pensarono solo a mettersi in salvo credendo che la loro vita valesse più della nostra”. Il personaggio di Rose Fredmann è animato nel testo Rose di Isabel Russinova, da poco rappresentato al Teatro Verdi di Trieste.  La tragedia della Triangle Factory di New York  è uno dei tanti episodi diventati emblematici per la conquista dei diritti della donna e  dei lavoratori, per la giustizia e il progresso della civiltà umana, ma guardando le fotografie sbiadite dei volti di quelle donne e quegli uomini che 110 anni fa  sfilarono  indignati  manifestando per liberta e per i diritti, ritroviamo,  in quelle espressioni  sdegnate,  la stessa  indignazione e coraggio di quelle che oggi dimostrano  contro  i passi indietro che l’uomo stà compiendo, come il ritiro dalla convenzione di Istanbul della Turchia, Il trattato   firmato nel 2011 da 34 paesi europei e considerato lo standard internazionale per la protezione delle donne, per prevenire e combattere femminicidi e abusi.

La segreteria generale del consiglio d’Europa ha così commentato “E’ un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia e in Europa e anche oltre”.  Ricordare quel 25 marzo per non dimenticare il grande cammino che è stato fatto   per l’ottenimento dei diritti ci porta a  riflettere su come ogni conquista è sempre in bilico e anche ad affermare ancora una volta che memoria e conoscenza restano custodi e difensori dell’umanità e importanti strumenti di salvaguardia.        

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