Diritti umani
Ddl Cirinnà: duemilioni di motivi per dire sì!
La Lidu ammonisce,” l’Italia, essendo stata già condannata per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali, se non dovesse approvare alcuna legge in breve tempo, rischierebbe di essere condannata dalla Corte EDU e quindi di dover risarcire sempre più coppie”
Di Caterina Navarro
Roma, 5 febbraio – Il tanto discusso DDL 14 è stato presentato nel 2013 su iniziativa parlamentare di Luigi Manconi, Presidente della Commissione straordinaria per i Diritti Umani del Senato e a cui lo scorso Dicembre noi della LIDU abbiamo consegnato il Premio Ungari. Il decreto, che ha come prima firmataria Monica Cirinnà, da cui poi il DDL prenderà informalmente il nome, prevede una regolamentazione di unione per quelle coppie, eterosessuali e omosessuali, che vogliono stare insieme, convivere, ma non sposarsi. Il DDL si divide in due parti: la prima riguarda le unioni tra persone dello stesso sesso e prevede anche la tanto discussa stepchild adoption; la seconda invece si occupa di regolamentare la convivenza delle coppie, di qualsivoglia tipo, con delle norme che sono molto vicine al contratto matrimoniale: non ci si può unire con parenti, non ci si può unire con persone che presentano infermità mentale, si possono regolare in anticipo le questioni patrimoniali e si hanno gli stessi diritti dei coniugi in caso di malattia, di morte o di detenzione penitenziaria. Da un lato e dall’altro delle barricate ci sono dei “ma”, non per nulla sono stati presentati circa 6000 emendamenti ad un decreto di sole 8 pagine, probabilmente dalla seconda Repubblica mai si è posta tanta attenzione ad un decreto, mai negli ultimi anni è stata letta e riletta punto per punto una proposta con lo scopo di stravolgerla o stroncarla. La prima e più immediata ambiguità di questa legge è la creazione di un istituto specifico per l’unione di due persone dello stesso sesso: mentre per una coppia etero si potrà continuare a parlare di “unione civile”, per gli omosessuali sarà invece una “specifica formazione sociale” dicitura evidentemente creata al fine di rafforzare con enfasi la distanza di questa dal matrimonio. Altro punto fondamentale e anche il più dibattuto di questo decreto è l’opportunità -in presenza di valide e giustificabili condizioni- di adottare il figlio del/la compagno/a, la stepchild adoption (dall’inglese: adozione del figliastro), istituto in realtà già esistente, dal 2007 per le coppie sposate e dal 2014 anche per le coppie omosessuali, per decisione del Tribunale dei minori di Roma. Di conseguenza, se questo punto venisse emendato significherebbe negare un diritto già esistente e legittimamente praticato. La maggior parte degli emendamenti presentati si concentra su questo punto, emendamenti rimasti anche dopo che la Lega ne ha ritirati 4500 su 5000. In effetti può comunque essere comprensibile che in un Paese come il nostro, con una fortissima componente cattolica da un lato e una ancora più forte componente benpensante dall’altro non si riesca ancora ad accettare l’idea che delle persone dello stesso sesso possano amarsi e avere insieme dei figli, proprio come le coppie eterosessuali (volutamente qui si è trascurato l’aggettivo “tradizionale” riferito a coppia essendo un aggettivo relativo in base alle epoche storiche). Ovviamente non c’è da stupirsi sulle controversie del caso: anche coloro che non vogliono negare il diritto di stare insieme a una coppia omosessuale si chiedono quanto sia giusto andare contro la natura umana. È in effetti un quesito sul quale si può riflettere molto, cosa è più legittimo privilegiare: la legge di natura alla storia della civiltà? Si può rispondere affermando che è pur vero che la natura abbia scelto di regalare la possibilità di avere dei figli unicamente a partire dall’unione di una donna e un uomo, ma questo non significa che come diretta conseguenza la natura abbia anche scelto di regalare a costoro le capacità genitoriali. E questo sembra un fatto manifesto, acclarato e altrettanto naturale. C’è anche un altro fattore di cui tenere conto considerevolmente: approvare questo decreto significherebbe superare l’esame della Corte di Strasburgo che lo scorso luglio ha stabilito che l’Italia debba categoricamente prevedere nella propria costituzione l’unione civile tra persone dello stesso sesso. Non obbliga di certo ad equipararlo al matrimonio, in fondo per la società odierna, nonostante ci si trovi nel III millennio, non si è ancora pronti a tale equiparazione di unione, ma nei fatti, dal punto di vista dei diritti e doveri, non ci devono essere differenze sostanziali. Dal canto loro i movimenti LGBT sostengono che sia meglio non avere una legge, che averne una cattiva, ma l’Italia, essendo stata già condannata per la violazione dei diritti di tre coppie omosessuali, se non dovesse approvare alcuna legge in breve tempo, rischierebbe di essere condannata dalla Corte EDU ancora e ancora e quindi di dover risarcire sempre più coppie, visto che poi l’iter giudiziario per arrivare a Strasburgo, col passare del tempo, diventerebbe molto più snello e i processi molto più rapidi. Il DDL 14 per questo verso prevede cambiamenti sufficienti perché il nostro Paese non venga di nuovo condannato per aver privato i propri cittadini di diritti inalienabili e sebbene questa legge ci appaia molto riduttiva, ben venga se possa portare in futuro a cambiamenti ancora più importanti e radicali, che rendano libero non il rivendicare un diritto acquisito per natura, ma la possibilità di realizzare un appassionato sogno.