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Attualità

Sindemia e geosistema: quali relazioni?

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Sindemia è la crasi delle parole sinergia, epidemia, pandemia ed endemia.

di Antonio Virgili – vicepresidente Lidu onlus Odv

Una delle scienze più antiche, la geografia, già da tempo ha formulato il concetto di geosistema, che descrive il complesso delle interrelazioni fra elementi fisici e umani, presenti nei vari ambienti del pianeta Terra, i quali vengono studiati mediante metodologie dinamiche della disciplina applicando, quando utile, la teoria generale dei sistemi. Sebbene talvolta il termine sia stato usato in antitesi a ecosistema, volendo sottolineare la prevalenza dei processi antropici su quelli naturali, che pure li sottendono, esso viene inteso quale insieme degli ecosistemi del pianeta.

Oggi molte altre discipline cercano approcci dinamici generali, anche perché la tecnologia ha come ridotto progressivamente le dimensioni del nostro pianeta, trasformando celermente e ubiquitariamente la circolazione di informazioni, di merci, di conoscenze ma anche di batteri e virus.  Sempre più diffusa è perciò la sensazione di vivere in stretto contatto con altri Paesi, popoli ed eventi, siano essi positivi o negativi. Per questi motivi, negli ultimi anni, sempre più spesso oltre al termine geosistema si parla pure di sindemia.  Si deve a un antropologo l’introduzione, cronologicamente più recente del termine sindemia, che risale solo agli anni Novanta, ad opera di Merril Singer, professor emeritus in Antropologia all’University of Connecticut e docente di Community Medicine alla medesima università. Sindemia è la crasi delle parole sinergia, epidemia, pandemia ed endemia.

Il termine si riferisce alla condizione in cui un insieme di problemi di salute, che sono strettamente interconnessi, si intensificano reciprocamente, incidendo in modo significativo sullo stato di salute generale di una popolazione, ciò nel contesto di un insieme di perduranti condizioni sociali dannose. La sindemia si può anche descrivere come l’insieme dei problemi di salute, ambientali, sociali ed economici prodotti dall’interazione tra due o più patologie epidemiche, cosa che comporta pesanti ripercussioni sulle condizioni di vita della popolazione colpita. Situazione questa oramai nota alla gran parte della popolazione mondiale a seguito delle recenti ondate epidemiche di Covid-19 che hanno prodotto un insieme di patologie pandemiche non solo sanitarie, ma anche sociali, economiche, psicologiche, dei modelli di vita, di fruizione della cultura e delle relazioni umane.

Dalla applicazione coordinata di entrambi i concetti, cioè geosistema e sindemia, emerge la priorità di presidiare attentamente il territorio, sia come sistema ambientale complessivo che controllandone i microfenomeni casa per casa, individuo per individuo, famiglia per famiglia. A differenza della pandemia, che indica il diffondersi di un agente infettivo in grado di colpire, più o meno indistintamente, il corpo umano con la stessa rapidità e gravità ovunque, la sindemia implica una relazione tra più malattie e date condizioni ambientali o socioeconomiche. Di fatto è un approccio molto vicino a quello del geosistema: superare la visione di una realtà frammentata costituita da elementi autonomi e non interdipendenti nelle relazioni di causa ed effetto.  Va detto che il termine sindemia non è sinonimo di co-morbidità, la novità del concetto risiede infatti nell’importanza data alle condizioni sociali e di contesto ambientale che causano una delle due patologie, anzi, addirittura, si può considerare la sindemia come l’incontro di una patologia con condizioni sociali difficili o con fattori di rischio legati alle condizioni ambientali specifiche.

Ad esempio, l’effetto di dispersioni dissennate di sostanze tossiche nell’ambiente, certo difficile o impossibile da tracciare, lascia evidenti scie di patologie e di morte lenta.  Indica, quindi, tutta una serie di condizioni morbose “concomitanti” – con particolare riferimento alle “malattie non trasmissibili”, quali in primis affezioni cardio-circolatorie e tumori – nonché un insieme di situazioni e variabili “socio-economiche” (densità demografica, livello igienico-sanitario e di istruzione, indice di povertà, etc.) e “climatologico-ambientali” (inquinamento, cambiamenti climatici, riscaldamento globale, deforestazione, desertificazione, etc.), che andrebbero tenute in debita considerazione ai fini di una corretta interpretazione dei dati relativi all’andamento di qualsivoglia “malattia infettiva”, a maggior ragione ove la stessa assumesse una diffusione globale.

Dapprima applicato alle malattie infettive, come l’HIV, il modello sindemico può essere applicato all’analisi di qualunque condizione patologica, dalle malattie croniche non trasmissibili (diabete, cancro, malattie cardiovascolari, malattie mentali), alle tossicodipendenze, la malnutrizione e le alterazioni del comportamento.  La sindemia è, quindi, un quadro concettuale utile a comprendere le malattie e le condizioni di salute che insorgono nelle popolazioni e che sono esacerbate dall’ambiente sociale, economico, ambientale e politico in cui una popolazione è immersa. Questo innovativo approccio alla salute pubblica consente di studiare al meglio l’evoluzione e il diffondersi di malattie sullo sfondo del contesto sociale, politico e storico in cui si collocano, mettendo in relazione l’epidemiologia della malattia considerata con il contesto in cui si diffonde. L’approccio al modello è innovativo e rilevante perché invita ad allargare lo sguardo per identificare le barriere e le circostanze che causano, facilitano o comunque esacerbano le condizioni patologiche o che, al contrario, ne rappresentano un elemento di contrasto.

L’approccio sindemico considera perciò lo stato di salute di una popolazione come risultante di un’ampia gamma di fattori: genetici e biologici, fisici e ambientali, ecologici, sociali, politici ed economici. Le malattie sono considerate come eventi medici e sociali, in cui un ruolo preminente è giocato dalle disuguaglianze sociali e dall’esposizione a condizioni nocive.  Alla base del concetto sistemico ci sono tre criteri: 1. compresenza di due o più malattie come caratteristica del quadro patologico tipico di una determinata popolazione; 2. l’interazione fra queste malattie sul piano biologico, sociale e psicologico; 3. i fattori sociali su larga scala (macro-livello) che hanno causato inizialmente il raggrupparsi e il coesistere di tali condizioni patologiche.   Nel 2019 Lancet ha pubblicato un report specifico sul tema della sindemia, in cui l’obesità e la malnutrizione venivano considerate come la più grande sfida del ventunesimo secolo, una sindemia globale che colpisce e influenza potenzialmente chiunque in ogni regione del pianeta.

Il vantaggio del modello sindemico in medicina è che si propone di approfondire l’interazione sinergica tra diverse patologie e le situazioni sociali in cui esse si determinano, considerando non solo la definizione biomedica delle tipiche condizioni di comorbilità, ma anche l’interazione tra fattori genetici, ambientali e di stile di vita. Applicare un approccio sindemico può quindi essere rilevante e innovativo perché invita ad allargare lo sguardo per identificare le barriere e le circostanze che causano o comunque peggiorano le condizioni patologiche. Il problema non risolto è come tradurre questo approccio in maniera reale ed efficace nella pratica professionale. Per farlo, è necessario un approccio epidemiologico e assistenziale che definisca percorsi, strumenti, metodi per descrivere/raccontare le storie degli incontri tra popolazioni, contesti (sanitari e non), istituzioni, così da realizzare un sistema organizzativo dei servizi, sanitari e non, appropriato per i bisogni delle persone, non semplicemente compatibile con modelli e risorse predefiniti. Una logica sindemica dovrebbe condurre alla ricerca/sperimentazione di profili di salute identificando i gruppi di popolazione a rischio e analizzando le disuguaglianze nella salute mediante interventi settoriali e intersettoriali rivolti a specifici determinanti di salute (ambiente, lavoro, stili di vita, ecc.).  In Italia purtroppo ciò confermerebbe ulteriormente la presenza di un forte divario territoriale tra Nord e Sud. L’approccio fornisce una cornice concettuale utile per realizzare interventi appropriati di politiche sanitarie e invita a considerare l’intreccio di insiemi di fattori sociali e fisiopatologici che interagiscono tra loro e modificano, aggravandole, le traiettorie delle singole malattie.

L’ approccio syndemics-oriented risulta innovativo e rilevante però se non si limita a essere solo strumento di lettura qualificata della realtà ma se influisce sull’azione, per realizzare una progettualità esplicita, documentabile, effettiva. Il modello si pone, dunque, in una prevalente prospettiva di salute pubblica applicata, con un deciso orientamento a sottolineare le determinanti ambientali e socioeconomiche nella diffusione e progressione delle malattie. Le implicazioni operative non riguardano solo le politiche strettamente sanitarie e il diritto alla salute, ma tutte le politiche che possono limitare le disuguaglianze e l’esposizione a fattori ambientali nocivi, in una prospettiva generale di attenzione alla tutela e alla promozione dei diritti umani.   Chi vive in una zona altamente inquinata, corre un maggior rischio di contrarre tumori, diabete, obesità o un’altra malattia cronica. Allo stesso tempo, la maggiore probabilità di contrarre infermità fa salire anche le possibilità di non raggiungere redditi o condizioni di lavoro che garantiscano uno stile di vita adeguato, e così via, in un circolo vizioso.  Inoltre, le persone fragili hanno spesso difficoltà a evitare contatti sociali rischiosi.  Tutti questi fattori sin-agiscono (agiscono insieme) e rendono le infezioni più probabili e i loro esiti più letali.  Così l’interazione negativa risulta notevolmente accentuata in contesti caratterizzati da condizioni sociali quali disgregazione, migrazione, discriminazione, violenze, che favoriscono disturbi mentali e malattie. Oltretutto, una migliore analisi consente di ridurre i costi riducendo gli interventi riparativi.

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