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Riccardo Urso e Playlist su Misura: la storia in note di brand e professionisti

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Riccardo Urso ideatore di Playlist su Misura
Tempo di lettura: 9 minuti

A che ritmo va il tuo brand o la tua personalità? Difficile dare una risposta secca, ma non per Riccardo Urso, strategic designer e consulente di identity marketing, ideatore di Playlist su Misura. Un servizio sartoriale, con cui racconta in note la storia, i valori e le visioni di aziende e professionisti. 

Una musicassetta, che non appena il nastro si inceppava una matita arrivava in soccorso per rimetterlo a posto. E che soddisfazione quando tornava a suonare la musica delle band preferite! Solo che in questo caso, la memoria su nastro riproduce nei suoi lati differenti A e B un’esistenza di chi ha fatto della musica sia una passione, sia la traccia identitaria per i professionisti, è quella di Riccardo Urso aka ilRicky. Nato a Varese come architetto, dopo una breve esperienza mette da parte la progettazione urbanistica, per quella del prodotto, servizio e comunicazione di imprese, brand o professionisti, diventando strategic designer e consulente di identity marketing. Un mestiere affiancato, da curioso avventuriero del campo artistico, all’amore sempiterno per i mixtape che lo conduce sulla strada di Playlist su Misura.

 Ma facciamo un rewind del nastro e partiamo dall’inizio. 

Già, perché Riccardo dopo una breve esperienza in uno studio di architettura e interior design, approda in Telkey una startup dei primi anni 2000, era pre social, “una costola, anzi da una costoletta, di Logotel, importante service design company milanese». E al suo interno fa parte di Fuoriclasse, «un un programma di fidelizzazione degli assistenti alle vendite dei negozi di elettronica di consumo di tutta Italia, a base di formazione, gioco e intrattenimento»; uno scenario di arricchimento umano e, al contempo, embrione della Gamification

Un’atmosfera stimolante che, però, dopo 10 anni termina. Così, a 40 anni Riccardo diventa freelance e, fra vecchi clienti, nuove collaborazioni e la creazione di un blog, arriva per caso l’idea di Playlist su Misura. Una selezione di circa 20/25 canzoni, precedute da uno studio meticoloso che, oltre a fare da colonna sonora di vita, professione o brand, in un’ora e mezza di ascolto lascia al mondo parte del sound di sé. 

Lato A della vita di Riccardo: Largo all’avanguardia

Se dovessi descriverti con un genere musicale, quale sarebbe?

«Non penso possa essere un unico genere. Il mio modo d’essere ama l’ironia, l’autoironia, non prendersi troppo sul serio; sono aperto, ben disposto verso le novità e la sperimentazione; però sono anche estremamente ordinato, maniacalmente attento ai dettagli e a volte anche cinico e tranchant nelle risposte.
Quindi, più che un genere, potrei descrivermi attraverso una playlist che spazi dal genere demenziale/nonsense di Skiantos, Elio e le Storie Tese e Camillas, alla sperimentazione della musique concrète, passando per la no-wave newyorkese dei primi anni ’80 e dallo stile caustico post-punk di Mark E. Smith (uno dei miei idoli musicali)».

 

Cosa ti ha spinto a cambiare la professione di architetto per quella di strategic designer?

«Dopo il liceo mi sono iscritto alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano per il mio amore verso le arti e la progettazione. Il mio piano di studi, però, si è sempre più indirizzato e personalizzato verso una nuova concezione del disegno industriale che ridefiniva il prodotto come un sistema integrato di prodotti, servizi e comunicazione.
Così, dopo la laurea (con una tesi sul Design Strategico di una “Radio Digitale Personale”) e una breve esperienza in uno studio di architettura e interior design, ho seguito un Master in Strategic Design e da lì ho seguito definitivamente un’altra strada rispetto all’architettura.

 

Durante il tuo percorso hai fatto parte del progetto dell’azienda Telkey: Fuoriclasse. Cosa ti ha insegnato quell’esperienza?

«Sicuramente mi ha fatto crescere come project manager, dandomi l’opportunità di mettere a frutto la mia preparazione trasversale su design management, marketing strategico e graphic design; imparando e scoprendo con la pratica, gli esperimenti e l’analisi (quello che oggi chiameremmo probabilmente processo di design thinking), come si può costruire, sviluppare e gestire una community, online e offline»

 

Insieme al gruppo di TelKey, come dici nel tuo blog, sei stato “pioniere senza saperlo della Gamification”. Ci spieghi meglio?
«La codificazione del concetto di Gamification (l’utilizzo di elementi caratteristici dei giochi in contesti non ludici) si è diffusa a partire dal 2010. Parecchi anni prima, il nostro team creativo applicava già quelle tecniche in modo assolutamente spontaneo, inconsapevole e sperimentale.

La nostra offerta formativa non convenzionale (fuori-dalla-classe) orientata alla vendita, era caratterizzata ad esempio da obiettivi/livelli da raggiungere, da una parte di competizione, dalla condivisione dei risultati e del proprio status, da ricompense. Mantenendo sempre l’attitudine al divertimento e stimolando il senso di appartenenza ad una comunità».

Riccardo Urso e sua figlia nel periodo a Telkey

Dopo 10 anni di lavoro assisti alla chiusura dell’agenzia. Come hai vissuto quella fine?

«L’ultimo periodo in agenzia è stato parecchio pesante, in quanto da project manager e account del cliente principale, sentivo sulle mie spalle da “sherpa aziendale” il peso, per l’appunto, dell’attività che generava il 90% del fatturato dell’agenzia.

La chiusura dovuta ad una serie di motivi (tra i quali budget sempre minori per attività di formazione e comunicazione in-store da parte delle aziende) è stata inizialmente un piccolo sollievo, ma subito dopo una fonte di grande paura nel ritrovarmi senza un’entrata fissa, con una bambina appena arrivata in famiglia, dopo i 40 anni di età».

 

C’è qualcosa che ti manca di quel periodo a Telkey?
«La nostra era una piccola agenzia: siamo arrivati ad essere, nell’ultima sede, una decina di persone al massimo; ma i rapporti tra di noi sono sempre stati ottimi. Mi mancano le relazioni quotidiane «dal vivo» con i colleghi: le battute, gli scherzi, le partite a biliardino in ufficio, ma anche il confronto creativo e il lavoro in team»

 

Poi hai scelto la strada del freelance. Come descriveresti la vita da partita iva, tanto temuta?

«Non è stata tanto una scelta, quanto una direzione obbligata per continuare a seguire le ultime attività per i vecchi clienti dell’agenzia e iniziare a trovare nuovi incarichi da consulente e collaborazioni da freelance con altre agenzie.
A differenza di tanti altri miei colleghi, rinuncerei immediatamente alla partita iva per tornare ad essere un dipendente, ma dopo una certa età, purtroppo, è sempre più difficile; almeno secondo la mia esperienza».

Lato B: Let the music play

Playlist su Misura di Riccardo Urso

Come e quando nasce invece la passione per la musica?

«Fin dalla prima adolescenza ho sempre ascoltato tanta musica, di generi e artisti anche molto diversi fra loro, condividendo questa passione con le amicizie più strette. Negli anni universitari, almeno un volta a settimana, si andava a qualche concerto, serata o showcase.

Poi è arrivato il periodo della “dipendenza” estiva e primaverile da “turismo musicale”: unire le vacanze e le visite turistiche ai grandi appuntamenti con i più importanti Festival musicali europei. A livello professionale, ho sempre cercato, quando si presentava l’occasione, di inserire questa mia passione musicale all’interno dell’attività progettuale».

 

La musica per te è…

«Un elemento di cui non potrei fare a meno. Penso che fra tutte le disabilità fisiche che mi potrebbero capitare nella vita, le peggiore sarebbe sicuramente quella causata dalla perdita dell’udito. Un’esperienza raccontata fra l’altro molto bene in Sound of Metal, film candidato a 6 premi Oscar nel 2021, che mi ha coinvolto emotivamente tantissimo».  

 

L’idea invece di Playlist su Misura quando arriva?

«Un paio di anni fa, un po’ per caso. Ho sempre amato selezionare, raggruppare, mettere in sequenza canzoni per raccontare una storia, comunicare uno stato d’animo o semplicemente far ballare delle persone a una festa.
Ho adorato il periodo strepitoso dei mixtape: le compilation su cassetta che erano delle opere d’arte uniche e potentissime. Le playlist rappresentano per me la loro naturale evoluzione nell’era della cosiddetta “musica liquida”, senza più i pregi, ma neanche i limiti tecnologici del supporto fisico.

La prima Playlist su Misura è stata quella pensata, progettata e realizzata per raccontare in musica i passaggi chiave del secondo romanzo scritto dalla mia amica autrice Elena Ghiretti».

 

Nello specifico cos’è Playlist su Misura?

«Proprio come le compilation su audiocassetta, le Playlist su Misura non sono solamente musica, ma racconti sonori: un mix di istruzione e cultura per comunicare agli altri, al proprio pubblico, la propria identità, i valori, lo stile, le passioni, la nostra personalità.

Nel pacchetto SONIC MOODBOARD, la Playlist su Misura racconta in musica, testo e immagini, il brand, l’azienda o il libero professionista. Il processo creativo parte dall’ascolto e dall’analisi della comunicazione online (sito, social, blog, commenti, eventuali canali YouTube o podcast…) per identificare la voce, i valori, la storia, lo stile, la reputazione, le parole chiave, i caratteri distintivi del committente.
Poi si procede con la ricerca delle tracce musicali e degli artisti che possano esprimere gli elementi individuati nella fase analitica.

La Playlist viene quindi pubblicata su Spotify (o YouTube Music), confezionata in modo sartoriale insieme al materiale grafico (copertina, visual in diversi formati per le condivisioni online, altri eventuali materiali di comunicazioni personalizzati) e al documento che spiega il concept e l’iter progettuale».

Riccardo Urso e le sua Playlist su Misura

Quali caratteristiche comuni hanno i professionisti o brand che richiedono una playlist personalizzata?

«Nel 2023, ho realizzato il 20% delle playlist per brand specifici (locali pubblici, strutture ricettive, birre/bevande, studi professionali…) e l’80% per liberi professionisti (89% donne), appartenenti principalmente ai settori del marketing, del branding e della comunicazione»

 

C’è una Playlist su Misura che ti ha dato del filo da torcere durante la sua creazione? E perché?

«In generale, quando i contenuti della comunicazione del cliente sono molto tecnici, monocanale o scarsi (per quantità e originalità rispetto ai diretti competitor), è più complicato trovare l’idea forte o il filo conduttore del racconto sonoro.

Recentemente, invece, mi sono dovuto confrontare con un settore (quello del counseling) di cui non conoscevo granché: la gestazione, in quei casi, è stata un po’ più lunga del solito, ma super interessante per me e molto apprezzata nei risultati finali»

 

La selezione musicale più strana mai fatta?

«Sicuramente quella per accompagnare l’esperienza d’uso di un nuovo sex-toy in ceramica: una playlist di un’ora e mezza divisa in due parti, intitolata “Ceramic Love”».

 

Secondo quali criteri selezioni le canzoni?

«Dipende: a volte hanno più importanza i testi, altre i suoni, le sfumature, le atmosfere, i colori. In altri casi possono essere significative una curiosità o una particolarità legate alla specifica canzone o artista».

Riccardo Urso, Playlist su Misura e le t- shirt Soniche

T – shirt Sonica di Riccardo Urso

Alla playlist abbini anche delle T-shirt Soniche. In cosa consiste la loro particolarità?
«Il layout grafico della T-shirt Sonica designed by ilRicky (il nome del mio blog sulla musica ascoltata con le orecchie del design strategico), riprende quello del lettore musicale dell’app di Spotify. È personalizzabile scegliendo un brano, un album, un episodio di un podcast, oppure una traccia contenuta nella propria playlist.

Inquadrando con il proprio dispositivo mobile il codice Spotify sul fronte della t-shirt, si viene indirizzati direttamente alla traccia o alla playlist scelte. È possibile anche inserire un paio di righe di testo estratte dalla canzone: un elemento in più per comunicare qualcosa di sé attraverso la musica. Può essere anche un’idea regalo originale o completare il proprio merchandising ufficiale, in occasioni come un evento promozionale o un anniversario».

 

Perché professionisti o brand dovrebbero scegliere il servizio di Playlist su Misura?

«Premessa: sono convinto che l’elemento musicale sia un mezzo potentissimo per completare e amplificare efficacemente la comunicazione del sistema d’offerta, nostro o della nostra organizzazione. Sistema, inteso come insieme di soluzioni, ma anche di valori, visione, stile, motivazioni, che dovrebbero attivare la legge d’attrazione, far scattare l’innamoramento, la scintilla, tra il brand e il nostro pubblico.

I benefici del mio servizio su misura, soprattutto per un professionista, possono essere diversi, a seconda anche degli obiettivi personali: un’indicazione sulla percezione del brand sulla base della propria comunicazione; un nuovo modo di raccontarsi al proprio pubblico (potenziale o già esistente); degli spunti per affinare o focalizzare la nostra comunicazione.

Oppure un vero e proprio servizio in più da fornire ai clienti. Una superhost di Airbnb, ad esempio, ha utilizzato le mie playlist come elemento della propria strategia di «marketing esperienziale»: un regalo/coccola memorabile (visto che può essere fruita anche dopo l’esperienza d’acquisto) per gli ospiti delle proprie strutture di lusso».  

 

Se dovessi creare una playlist per un personaggio pubblico (politico, influencer…) o brand chi sarebbe e quali tracce useresti?

«Scelgo Chiara Ferragni: influencer ante litteram, che è anche un brand. Per la nota imprenditrice digitale, però, proporrei una sorta di anti-playlist un po’ provocatoria: una selezione dei pezzi più belli di Taylor Swift (altra grande imprenditrice), per far notare quanto, in quel caso, alla base di un enorme successo fatto di ascolti, visualizzazioni, interazioni, follower e fanbase, ci siano anche talento, impegno, qualità, sostanza… e pubblico pagante»

E per il famoso “Cuggino” che tutto sa fare, sfoderato in alcuni casi dai clienti, quale titolo della playlist e brano portante sceglieresti?
«Beh, questa è una scelta forse un po’ scontata: opterei per Mio Cuggino di Elio e le Storie Tese, ma nella versione tributo riscritta ed eseguita da Freak Antoni e gli Skiantos.
Intitolerei la playlist, semplicemente: “Io chiamo amiocuggino”. Perché alla fine, il cugino mi sta pure simpatico, ma è chi lo sfodera con un certo orgoglio che non mi sembra messo tanto bene…».

 

C’è un’identità sonora di un brand che ti sarebbe piaciuto ideare?

«Premesso che non sono un sound designer, non ho competenze di composizione musicale (a parte suonare, malissimo, la chitarra elettrica e il Tenori-On della Yamaha) e che la progettazione di una identità sonora, al pari di quella visiva è un’attività molto complessa, mi piacerebbe sicuramente molto pensare al moodboard sonoro di uno dei miei love brand preferiti in assoluto: Apple»

 

Prossima playlist alla quale ti dedicherai?

«Dopo questa intervista mi è venuta voglia di rimettermi al lavoro sul racconto sonoro del mio brand: ilRicky».

 

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