Attualità
Area industriale di Livorno, futuro unicorno o rana bollita? – Livorno industrial area, future unicorn or boiled frog?
Area industriale di Livorno, futuro unicorno o rana bollita?
di Marco Andreozzi
In questi giorni in Italia ed Europa si è parlato molto delle recenti posizioni del governo italiano. L’accettazione del nuovo discutibile ‘Patto di stabilità e crescita’ su deficit e debito pubblici (purtroppo ispirato da un accordo ‘cordiale’ tra il “malato d’Europa”, la Germania, e la Francia di un impopolare presidente), rifiutando il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità, fondo di stabilità finanziaria della zona euro per gli Stati membri in difficoltà). Il tutto motivo di preoccupazione per le generazioni italiane future, ma proprio con l’occhio al futuro, un’altra situazione pare ancor più grave. Il ‘la’ ci viene dal lancio in Toscana di un progetto di ecosistema dell’innovazione per lo sviluppo territoriale e dell’indotto, con un convegno che ha raccolto enti pubblici, università e rappresentanze di categoria. Iniziativa positiva, anche se due elementi di detto forum saltano agli occhi. Primo, mancavano esperti industriali e i tecnologi del settore privato, che sono i portatori di conoscenza sul campo; secondo, l’ambito del progetto è il solo Comune di Livorno e la sua economia marittima, in una provincia definita ‘area di crisi complessa’ da circa 350.000 abitanti per 10 miliardi di dollari di PIL.
Il punto è che la Toscana è abitata da 3,7 milioni di persone, e questa pare essere una dimensione adeguata per un ecosistema innovativo che faccia vera massa critica. Nella Valle di Santa Clara in USA (altrimenti nota come ‘Valle del Silicio’) insistono poco meno di due milioni di abitanti. In Toscana è la ‘Valle dell’Arno’, di cui il porto labronico è il principale terminale logistico che deve via via migliorare i servizi offerti, incluso il famoso ‘ultimo miglio’. L’ambito è quello europeo, necessariamente, e l’Europa, nonostante la congiuntura in discesa dell’economia, risulta essere particolarmente viva sul fronte della nuova imprenditoria tecnologica. Infatti, gli investimenti relativi quest’anno si sono aggirati su 45 miliardi di dollari, in discesa limpida rispetto ai due anni precedenti – nel 2021 vi fu il picco di 100 miliardi di dollari – e tuttavia del 18% superiori al 2020 (Atomico).
Nel 2013 in USA fu coniato il termine unicorno per definire le nuove imprese tecnologiche private e non quotate la cui valorizzazione eguagli o superi un miliardo di dollari. Dieci anni dopo, sebbene siano disponibili fonti di dati tra loro diverse, la sostanza dimensionale resta comparabile e sono identificati nel mondo oltre 1350 unicorni (https://worldpopulationreview.com/country-rankings/unicorns-by-country), di cui i 653 statunitensi portano un valore totale di duemila miliardi di dollari, ovvero il PIL dell’Italia. Venti sono gli unicorni in Canada, 14 in Corea del Sud, 8 in Australia e 6 in Giappone. Per quanto riguarda l’Europa: il Regno Unito conta 48 unicorni per 180 miliardi di dollari, quasi un terzo in più di tutto il PIL della Toscana. Seguono Germania con 29, Francia 25, Olanda e Svezia 7, Irlanda e Svizzera 6, Spagna 5, Finlandia e Norvegia 4, Belgio 3.
A quota due unicorni abbiamo Estonia, Danimarca, Austria, Lituania, Grecia, Croazia e un Paese G-7 di 59 milioni di abitanti, l’Italia. Ultimo perché all’ultimo posto per valutazione totale delle due imprese, intorno a 2 miliardi di dollari. Ad esempio, le due imprese unicorno dell’Estonia, Paese di 1,3 milioni di abitanti, valgono 10 miliardi di dollari, ovvero quanto il summenzionato PIL complessivo della provincia di Livorno. Le due italiane sono Scalapay e Satispay, entrambe di ambito tecno-finanziario, entrambe con sede a Milano e con tra gli investitori (principalmente Scalapay) tale Tencent cinese. Un unicorno risulta presente in Repubblica Ceca, Lussemburgo e Liechtenstein, quest’ultimo Paese con un quarto degli abitanti di Livorno. Insomma, in Italia – Paese che è solo ‘moderato innovatore’ – per arrivare al ‘corno equino’ è bene che il cavallo bianco abbia zampe più solide e metta le ali come un vero Pegaso – il simbolo della Toscana – in un maneggio adeguatamente governato. Ripensando il sistema dei distretti innovativi: le linee-guida sono state studiate e sono disponibili. L’arena è quella globale, sveglia!
Livorno industrial area, future unicorn or boiled frog?
by Marco Andreozzi
These days in Italy and Europe there has been a lot of talk about the recent Italian government decisions. The acceptance of the new questionable ‘Stability and Growth Pact’ on public deficit and debt (unfortunately inspired by a cordiale agreement between “the sick man of Europe”, Germany, and France of an unpopular president), and rejecting the ESM (European Stability Mechanism, Eurozone financial stability fund for member states in difficulty). All this is a cause for concern for Italian next generations, but with an eye to the future, another situation seems even more serious. The input comes from the launch in Tuscany of an innovation ecosystem project for territorial development, with a conference that brought together public bodies, universities and business stakeholders. Positive initiative even though two characteristics of this forum stand out. First, there was a lack of industrial experts and private sector technologists, who are the knowledge owners on the field; second, the scope of the project is solely the Municipality of Leghorn (Livorno) and its maritime economy, in a territory defined as a ‘complex crisis zone’ of approximately 350,000 inhabitants for 10 billion dollars of GDP.
The point is that Tuscany is inhabited by 3.7 million people, and this seems to be an adequate size for an innovative ecosystem of actual critical mass. In the Santa Clara Valley in the USA (otherwise known as ‘Silicon Valley’) there are just under two million people. Tuscany’s ‘Arno Valley’ lies along the mainstream of which the Labronico port is the main logistics terminal that must gradually improve the services offered, including the critical ‘last mile’. The context is the European one, necessarily, and Europe, despite the downturn in the economy, appears to be particularly alive in terms of technological entrepreneurship. In fact, the relevant investments this year were around 45 billion dollars, a clear decrease compared to the previous two years – in 2021 there was a peak of 100 billion dollars – and yet 18% higher than 2020 (Atomico).
In 2013, the term unicorn was coined in the USA to define private, unlisted technology startups whose valuation equals or exceeds one billion dollars. Ten years later, although different data sources are available, the dimensional order remains comparable and over 1350 unicorns have been identified in the world (https://worldpopulationreview.com/country-rankings/unicorns-by-country), of which 653 in the USA that carry a total valuation of two thousand billion dollars, or the GDP of Italy. There are twenty unicorns in Canada, 14 in South Korea, 8 in Australia and 6 in Japan. As for Europe: the United Kingdom has 48 unicorns worth 180 billion dollars, almost a third more than the entire GDP of Tuscany. Germany follows with 29, France 25, Holland and Sweden 7, Ireland and Switzerland 6, Spain 5, Finland and Norway 4, Belgium 3.
With two unicorns we have Estonia, Denmark, Austria, Lithuania, Greece, Croatia and a G-7 country of 59 million people, Italy, the last one in terms of total valuation of the two startups at around 2 billion dollars. E.g., the two unicorns in Estonia, a country of 1.3 million inhabitants, are worth 10 billion dollars, or as much as the ditto overall GDP of the city of Leghorn. The two Italians are Scalapay and Satispay, both in the fintech sector, both based in Milan and with among the investors (mainly Scalapay) certain Tencent of China. One unicorn is present in the Czech Republic, Luxembourg and Liechtenstein, the latter country with one fourth of the population of Leghorn municipium. In short, in Italy – just a ‘moderate innovator’ country – to join the ‘equine horn’ (unicorn) it is good that the white horse has sturdier legs and put on wings like a true Pegasus (the symbol of Tuscany) by rethinking industrial clustering. A process to be managed properly. The guidelines are designed and available, and, after all, the etymology of ‘manage’ comes from the Italian word ‘maneggio’ for the art of training horses. The arena is the global one, wake up!
Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.