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Giulia Scandolara la professionista dai molteplici talenti che ha portato il tarot su Linkedin

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Giulia Scandolara e la lettura dei tarocchi portata su Linkedin
Tempo di lettura: 10 minuti

Giulia Scandolara, counselor, tarologa, arteterapeuta, scrittrice e pittrice lombarda e prima professionista ad aver portato il tarot sulla piattaforma Linkedin ci racconta il percorso di ascolto verso il talento dei professionisti. Inoltre, ci dà alcuni consigli su come non farsi irretire dal business dei cartomanti e molte delucidazioni sulla tarologia professionale.  

Immagina una scrivania immacolata su cui “riposano” delle carte, o meglio dei tarocchi. Ogni seme colorato, un simbolo archetipico in attesa di “essere svegliato” dalla sua studiosa per far luce nel percorso di un creativo 

Se alla parola tarocchi hai pensato a una palla di vetro e a una cartomante in grado di vedere cosa ha in serbo per te il futuro questa non è la tua lettura, perché parliamo di tarologia, quella fatta da Giulia Scandolara (classe 1981). Counselor, tarologa, arteterapeuta, scrittrice, pittrice da 18 anni, laureata in Dams Arte e diplomata in Gestalt e Art counseling a Bologna che, a mo’ di Virgilio e Lucia danteschi, si fa guida dei talenti in cerca della propria direzione nel purgatorio della molteplicità 

Forza pragmatica, creativa e ribelle – non a caso è la prima professionista, se non l’unica, ad aver portato su Linkedin la tarologia – Giulia ama nutrirsi di arte e ascolto, resi con studio e dedizione parti integranti del suo mestiere. Collabora, infatti, con centri antiviolenza, C.R.A, poliambulatori, centri privati, organizza percorsi di mentorship e durante il suo percorso di vita pubblica anche due libri: Ho preso il terremoto e La misura del talento.

Il primo, libro inchiesta sulle conseguenze del trauma, dell’abbandono e del non ascolto nei territori colpiti dal terremoto del Centro Italia nel 2016- 2017. E il secondo, un saggio su come assecondare il proprio talento partendo dall’approccio embriologico, brevettato da Giulia. Un’analisi su come si nasce e si viene al mondo nella pancia della mamma da prendere a esempio per venire al mondo nella propria vita.  

Ecco il risultato di una chiacchierata ultradigital, in cui Giulia ci parla di sé e della sua professione, che si basa sulla concreta misura dei propri bisogni. 

I miei talenti erano compressi, come anche la mia gioia di vivere” dici sulla tua pagina Ascoltarsi. Come li hai decompressi e come hai trovato la gioia di vivere? 

«Ribellandomi! È stato l’unico passo. Quando i talenti sono compressi significa che bisogna rifare tutto perché c’è uno schema che non va bene. Quindi, piano piano ho preso coraggio per uscire da questo schema; mi sono ribellata al fatto che il lavoro doveva essere quello in azienda e a una serie di idee imposte.

Ho cercato di rispondere a un’altra domanda: “Come faccio a esistere in modo che i miei talenti respirino?”. C’è voluto tanto per costruire questa strada».   

 

 Se dovessi spiegare a chi non ti conosce il tuo mestiere, come lo descriveresti? 

«Faccio un’unica cosa: aiuto le persone ad ascoltarsi. A prendere decisioni determinanti per la propria vita e a costruire i passi per cui quelle decisioni siano sostenibili e fattibili. La lettura dei tarocchi mira a portare fuori le profondità della persona e accompagnarla al punto in cui ha bisogno di se stessa e capirsi.

Poi, attraverso il couseling o la mentorship talenti si costruiscono dei passi, perché la persona abbia ciò che vuole dopo l’ascolto. Aiuto le persone a ritrovare la direzione, questo è il punto» 

 

Hai ideato l’approccio embriologico. Di cosa si tratta? 

«È qualcosa che resta nel mio modo di lavorare con la persona. Quando noi nasciamo come embrioni abbiamo delle regole che implicitamente facciamo nostre. Ad esempio: l’embrione all’inizio della propria creazione cambia di continuo. Per questo, mantenere la regola che all’inizio si debba cambiare tanto per trovare la propria dimensione creativa è una cosa che fa parte dell’approccio embriologico. Il nostro essere nella pancia della mamma dal primo mese di vita e tutto quello che facciamo nel primo mese e mezzo l’ho trasposto nell’orientamento ai talenti.

Quando, a volte, le persone stanno creando un progetto dico che non devono esporre alla luce del sole un feto che non sia ancora formato. L’embrione è completamente concentrato su stesso e solo dopo si apre agli altri; organizza le proprie risorse per venire al mondo e poi portarsi agli altri, ma prima è concentrato su di sé. Tutto questo approccio filosofico che parte dalla conoscenza dell’embrione è il mio modo di orientare le persone nei talenti e anche nell’ascolto di sé con il couseling». 

Giulia Scandolara e i tarocchi portati su Linkedin

Quando hai capito che nel tuo destino rientravano il counseling e la mentorship? 

«È stata una scelta difficile. A un certo punto, mi sono resa conto che tutto il processo creativo era frutto del bisogno di ascoltarsi; quando ho fatto gioielli o l’artista dipingendo per 18 anni, ero felice ma non ero soddisfatta pienamente, perché la mia creatività aveva soprattutto lo scopo dell’ascolto. Se oggi mi chiedi se preferisco appendere un quadro a una parete o aiutare una persona ad ascoltarsi, ti dico che preferisco la seconda.  

 Faccio ancora arte, ma la faccio in modo esplorativo e perché so che mi sto ascoltando. Potrei fare l’artista, anche se magari in parte lo sono perché aiuto gli altri a diventare se stessi e questa, è la migliore forma d’arte. Chiaramente, lì non sono da sola, perché al processo creativo prende parte anche la persona che è con me. Però è stata una chiamata a più riprese, a cui non ho risposto sempre con piacere, perché è un lavoraccio (ride)». 

 

Quali sono gli aspetti negativi di questo “lavoraccio”? 

«Ti affezioni ai clienti e poi spesso le persone se ne vanno, perché la trasformazione attraverso l’ascolto è difficile. Quindi, non è da tutti intraprendere un percorso di couseling o una mentorship e farsi guidare, aiutare e toccare nell’intimo (in questo caso nel couseling). È difficile, ma è necessario imparare a lasciare andare le persone che magari hanno finito un percorso.

La parte più difficile è quando le persone non vogliono accettare l’aiuto, nonostante l’abbiano chiesto. E poi ci sono anche i confini che vanno messi, perché sapendo che ascolti le persone vogliono l’anima da te». 

 

Quali, invece, le difficoltà maggiori che riscontri durante un percorso di counseling? 

«La prima è avere fiducia in se stessi. Non parlo di autostima, ma credere nelle proprie scelte e legittimare queste scelte come giuste per sé, a prescindere dal fatto che il mondo ti dica “No, è una merda quella cosa che pensi”. Le persone che magari sono nel viaggio del talento fanno fatica a dire “Ok, credo nel mio talento e nel mio progetto”.  

Invece, per quanto riguarda la difficoltà dell’ascolto relazionale, i grandi problemi sono soprattutto al femminile, a prendersi tempo per sé e non assecondare magari un uomo che ti prosciuga. Il tema è proprio la relazione uomo – donna. 

L’altro grande tema è quello delle emozioni. Le persone hanno il terrore di capirsi e ascoltarsi attraverso le emozioni. Molti dei percorsi che faccio sono solo sulla rabbia; ci sono un sacco di persone che non riescono a capire cosa fare della propria rabbia o come interpretarne i segnali. Lì, si va a portare la persona a un cambiamento che è possibile e doveroso fare. 

 Anche gli uomini fanno altrettanta fatica. Gli uomini fanno pure fatica. Più che altro, fanno fatica a svincolarsi dai pesi della famiglia e a vivere una vita in leggerezza. Quindi, quando pensiamo che tutti gli uomini sono frivoli, superficiali e sciocchi, non è così. Ci sono uomini che fanno percorsi, perché hanno tante responsabilità e non hanno la possibilità di fare qualcosa per se stessi, vivere in leggerezza la propria vita e il tempo libero». 

Giulia Scandolara la professionista che ha portato i tarocchi su LinkedinAi tarocchi quando sei arrivata? 

«All’Accademia dei tarocchi ho studiato due anni; non è tanto, ma ho fatto proprio un intensivo. Dai 12 anni a oggi, i tarocchi li ho sempre studiati, non come farebbe la persona comune che va a studiare sui libri di tarocchi.  

 Ho studiato simbologia e iconografia, gli studi di Jung, ho cercato tra le religioni e ho cercato il mio modo di studiare non tanto solo i tarocchi ma tutti i simboli, perché i tarocchi sono solo il supporto. E l’uso dei tarocchi nasce in virtù del fatto che mi facilitano il lavoro di couseling, perché quando arriva una persona e fa una lettura, so dov’è e dove procedere con il percorso» 

 

In che modo, dunque, i tarocchi aiutano professionisti e brand con il proprio talento?  

«I tarocchi aiutano la persona quando per esempio deve decidere tra più strade lavorative e deve capire se sta scegliendo quella giusta, ma soprattutto può anche darsi che il tarot spieghi perché fai fatica a scegliere.  

 La lettura intercetta l’ambito lavorativo che può essere più congeniale. Poi, per strutturare un progetto creativo bisogna fare la mentorship, un tutoraggio molto strategico e dove ci possono stare anche le immagini dei tarocchi, ma in un altro modo perché sono più delle ispirazioni archetipiche a livello di immagini».   

 

 Una volta scoperto il talento, però, ci si deve prendere cura di esso. Alcuni consigli su come farlo? 

«Innanzitutto, il nostro talento vive bene quando troviamo un progetto misurato che lo possa esprimere. Dall’enormità del talento, quindi, dobbiamo passare al piccolo progetto.  

Le pratiche utili sono scrivere del proprio talento e indagare quello che vogliamo fare; possiamo chiamarla una scrittura di progetto. Quando prendo le persone nella mentorship dico sempre di scrivere su un diario le parole sulla propria passione, perché aiuta ad auto orientarsi e ad avere dei contenuti quando ci si vuole comunicare. Se oli questa macchina hai tutti i contenuti.  

 L’altro consiglio è praticare delle cose che facciano bene in modo collaterale al talento. Cosa mi fa stare bene e mi aiuta? A me personalmente aiuta andare alle mostre, perché mi inducono in uno stato di rilassamento e la testa si svuota. Quindi, dobbiamo anche pensare a come ricaricare il talento, cercando le cose ci fanno connettere a esso, magari dopo tanta pratica.  

 E infine, darsi un metodo di lavoro, perché il talento non basta. Se dipingo, ogni mese devo dipingere un tot; se non ho idee per dipingere ad esempio metto a posto lo studio. Serve fare sempre o cercare una prassi lavorativa che ci faccia stare bene mentre facciamo la nostra cosa». 

Sei l’unica ad aver portato su LinkedIn i tarocchi. Che riscontro noti sui professionisti? 

«Allora, ci sono persone che mi infamano (ride). Ci sono più appassionati di tarocchi su Linkedin di quanto si possa immaginare. Ci sono tantissime persone che vorrebbero studiare le carte e professionisti che mi hanno contattato per farmi i complimenti dicendomi “Ci vuole coraggio”.  

 Poi, ci sono gli scettici che mi scrivono (buon segnale) e che magari mi fanno tantissime domande sul funzionamento dei tarocchi.  

Ho avuto un buon successo, perché molti clienti mi arrivano da Linkedin, quindi è stata una manovra giusta». 

 

Tarocchi da un lato e cartomanzia dall’altro, diventata un vero e proprio business. In che modo, secondo te, la cartomanzia ha distrutto l’idea di una lettura fatta con criterio? 

«Il grande problema è che la cartomanzia fa leva sugli irretimenti, sulle nostre fragilità e rovina perché crea dipendenza. Mentre, la lettura dei tarocchi ti libera perché porta a galla risposte che, come persona hai già in te. Poi, al massimo, ne fai una al mese di lettura. Torni per un altro problema, e non si guarda mai ossessivamente al tema dell’amore. La cartomanzia invece non ti risponde mai e ti mette nell’infinita serie di possibilità. La cartomante ti dice: “Lui torna!” E poi “Non è tornato? Ah, guarda, adesso vedo che è il lavoro a tenerlo lontano da te”.  

 È un imbonimento e fa leva sulle nostre paure e le persone vogliono essere rassicurate. Anche quando le persone scrivono, mi dicono “Che certezze ho?”. Certezze non ne abbiamo, neanche se ci svegliamo domani. La tarologia guarda invece nel profondo e c’è tutta la lezione di Jung da riscoprire che ci porta nell’inconscio; è un’introspezione per vedere le cose che già la persona ha in sé e non può vedere, perché serve uno sguardo altro per leggersi veramente».    

 

Rimanendo sempre in tema cartomanzia è interessante la visione che hai espresso su Instagram legata al “Commercio collaudato in favore del patriarcato”. Cosa diresti alle donne che vanno da cartomanti e sensitivi per continuare a essere legate ad amori e situazioni tossiche? 

«Il punto è riscoprire la propria creatività. Ho notato un legame fortissimo tra le donne che hanno la dipendenza classica dall’uomo che non torna e l’essenza di un sano sviluppo del proprio processo creativo. Le donne che sono disconnesse dalla propria creatività, espressività e gioia di vivere i propri talenti finiscono con un uomo che non va bene per loro.  

 Il primo consiglio è tornare ad amare qualcosa della propria storia che ha a che fare con i propri talenti (dipingere, colorare…), perché quando la donna mette in salvo la propria creatività, incredibilmente comincia a diventare più forte, in quanto vicina al processo creativo che è matrice di vita. Quando la donna crea è più protetta da questo tipo di relazioni. Dovremmo sempre riflettere sul fatto che le relazioni malsane potrebbero essere anche figlie di un allontanamento dalla nostra creatività.   

E poi cercherei di far capire che non è attraverso un uomo che ci si sente realizzate, ma prima bisogna trovare se stesse creativamente». 

 Hai una passione per i tarocchi marsigliesi che emerge molto sulle tue pagine social. Quale tarocco ti rappresenta di più? 

«Potremmo usare la parola arcano. Sarebbe la Forza, sia per aspetti positivi, che negativi. La Forza ha il controllo della parola, ama la comunicazione, la creatività ed è imprenditrice. A rovescio, però diventa ingestibile».   

 

 Se dovessi creare un arcano mancante, quale sarebbe? 

«L’arcano del processo creativo». 

 

Se invece dovessi scegliere di fare una lettura a un filosofo, uno scrittore e a un musicista per aiutarli a scoprire i loro talenti, chi sarebbero?  

«Se fosse un musicista David Bowie. So che avrebbe altri talenti da scoprire, perché lui aveva una generosità incredibile, ha donato delle canzoni a Iggy Pop nei suoi momenti di crisi. Era una persona in grado di aiutare gli altri e, secondo me, avrebbe fatto anche un ottimo mentoring per i giovani artisti.  

 Uno scrittore, sicuramente Stephen King. Vorrei averlo come compagno di qualsiasi cosa, di sbronze (ride)… Lui assolutamente è un terapeuta, paroliere e autore; un grande cantante o compositore blues. La sua scrittura sembra, a tratti, una ballata blues. 

 Il filosofo invece non ti saprei dire, loro ti portano a spasso!». 

 Secondo te esiste un legame tra arte, counseling e tarocchi?  

«La mia inquietudine! Ho sempre bisogno di capire cose e persone, sono perennemente inquieta. Quindi, i tarocchi e il counseling rispondono alla mia fame di capire le persone e la vita, perché chi sta dall’altra parte della relazione d’aiuto (cioè io) non è mai risolto in termini di curiosità e comprensione del mondo. Fa questo lavoro perché è profondamente in crisi con il senso della vita; e quindi l’inquietudine di trovare il senso è quella sostanza che mi porta a fare arte e poi ascolto.

Il fil rouge è anche il bisogno, a un certo punto, di esserci e dare le mie risposte, perché nell’ascolto, relazione d’aiuto e arte ho preso una posizione, ho dato le mie risposte e ho bisogno di dire la mia. Voglio che le persone possano portarsi nel mondo dicendo la loro e io sono pronta a esserci» 

 

Nel tuo libro “La misura del talento” poni una domanda ai lettori “Per cosa vivi, per cosa ti batte il cuore?”. Per cosa batte a te e per cosa speri batta in futuro? 

«Sicuramente per i tarocchi, che non riesco mai a studiare quanto vorrei. Passerei ore a leggerli e vorrei immergermi. Mi batte il cuore per l’arte e penso che anche l’ascolto sia una forma d’arte, per me hanno la stessa radice.   

Mi batte il cuore per le cose fatte bene e per le persone che stanno bene e vorrei che tutto questo lavoro continuasse nella mia vita. Sto bene quando risolvo i problemi; quando vedo che le persone tolgono la nebbia dagli occhi posso andare a letto tranquilla». 

 

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