Attualità
Per una clinica sociatrica delle crisi familiari
Il legame societario di tipo matrimoniale, cioè basato su leggi e fatti identitari che connettono, soprattutto in presenza di figli, semmai si trasforma, ma non decade.
di Sergio Bevilacqua
Una separazione matrimoniale (non un altro tipo, non strutturato organicamente, per leggi e fatti) è sempre anche una “riforma societaria” e un serio cambiamento organizzativo, non soltanto un distacco di un individuo da un altro. Il legame societario di tipo matrimoniale, cioè basato su leggi e fatti identitari che connettono, soprattutto in presenza di figli, semmai si trasforma, ma non decade. Questo è un elemento reale, che deve essere trattato. Da sociatra, ho voluto dimostrare con circa cento casi questa dimensione non transitoria della relazione amorosa socialmente CONCRETA, diversa da quella socialmente ASTRATTA, cioè di tipo esclusivamente individuale senza implicazioni esterne significative.
Il concreto e l’astratto sociale sono aspetti che devono essere considerati sempre, e che definiscono anche una parte dei comportamenti di responsabilità individuale, come l’uso delle fragilità e delle risorse, oltre agli effetti societari conclamati delle unioni, come la progenie e gli impatti sistemici circostanti, patrimoniali, economici e affettivi, sull’indotto societario. Nella società di Grande Massa e molto liquida di oggi, la clinica sociatrica dei problemi familiari è fondamentale, ma deve essere specializzata.
Notiamo quindi in primis come si struttura la dimensione societaria delle reali unioni affettive, che possiamo chiamare di tipo familiare, cioè basate su un progetto adottato dagli individui per una convivenza. Nella nostra civiltà occidentale giudaico-cristiana, cui faccio riferimento per qualificare i contenuti antropologici presenti della sua esistenza plurimillenaria, la scelta responsabile e consapevole di convivere si configura su un variegato insieme di compatibilità psicologiche e socioeconomiche, che includono sentimenti, soddisfazione di fabbisogni materiali comuni, di sopravvivenza e su a salire lungo la scala di Maslow. A fondamento necessario, ma quasi mai sufficiente, detta civiltà pone il tema dei sentimenti, cioè in particolare di quel collante affettivo che il sentimento coesivo (amicizia, amore) porta con sé.
Su quella base si fonda un progetto di vita insieme, che costituisce un impegno a collaborare alla convivenza. Raramente esso è espresso nella forma esplicita di quella dettagliata dichiarazione d’intenti che porta con sé, ma, avendo il progetto condiviso una funzione evidentemente sociale, sono le leggi a stabilirne molti contenuti in chiave propedeutica, e postuma alla eventuale sua decadenza.
Dunque, generalizzando, due persone decidono di vivere insieme: nell’intraprendere tale percorso, possiamo assumere con un certo beneficio d’inventario, la formula matrimoniale, perché assume in estrema sintesi, l’architrave sempre in qualche modo propria di ogni seria convivenza sentimentale progettata: “Essere insieme in salute e in malattia, nella buon e cattiva sorte, in ricchezza e in povertà”. I tre temi dei consorzi umani sentimentali hanno tutti una valenza sociale e sono scanditi nelle loro celebrazioni socio-giuridiche (formali e informali) proprio perché gli Stati moderni e il loro welfare operano esattamente su quei tre piani. Sui primi due, la cura della malattia e anche della cattiva sorte vedono la presenza articolata dei sistemi sociosanitari di tipo pubblico che, sia sul disagio psico-sosiale che sulle problematiche proprie della salute fisica, investono elevate quantità di risorse; appare poi evidente al buon senso e all’esperienza clinica, in particolare sociatrica, quanto un nucleo societario-sentimentale, organizzato e quindi abbastanza stabile, se ammalato, produca istanze di cura sia sul versante della salute sia dell’adattamento. Per il sistema societario generale è dunque rilevante conoscere l’efficienza delle unioni, ai fini della programmazione delle azioni e conseguenti risorse pubbliche da dedicare alla risoluzione o attenuazione dei citati problemi. Oltre a malattia e cattiva sorte, il terzo possibile disturbo, gli effetti della povertà sulle convivenze sentimentali, è un altro tema su cui vengono mosse grandi quantità di risorse pubbliche: le statistiche confermano che lo “Stato di famiglia” (che è uno stato convivenza sentimentale) aiuta anche la sussistenza materialmente e contenendo i costi individuali e se questo decade, non sempre i singoli sono in grado di reintegrare il supporto di fatto che proveniva dall’altra persona.
In grande sintesi è già chiaro così quanto la materia delle crisi familiari sia importante a livello macro-societario per i suoi effetti sull’organizzazione di molti servizi pubblici. Nulla di nuovo, in fondo, ma, nell’epoca della società di Grande massa (quella di 8 miliardi di esseri umani e di almeno 40 miliardi di umane società), le occasioni di surrogare le unioni affettive formali con altri tipi di società molto più volatili comporta di certo una revisione degli effetti sull’aspetto macro-societario e specificamente pubblico o statale. Il contratto del progetto di vita comune di soli 50 anni fa, cioè, non può essere considerato altrettanto estensivo oggi. Data l’odierna volatilità coesiva molto accentuata, con conseguenti oneri nascosti gravosissimi per il pubblico, la natura delle convivenze deve essere molto meglio regolamentata livello di rapporto privato.
Se peraltro il piano sovra societario, anche statale, soffre dalle crisi costi notevoli di welfare, sussistenza, giustizia e spesso purtroppo anche polizia per assorbire al meglio i grandi disturbi dello scioglimento delle convivenze, il campo micro-societario ne è travolto, con costi materiali e immateriali elevatissimi, sotto forma di veri oneri finanziari, disagio diffuso e non soltanto nei componenti dell’unione; spesso gravi disturbi di tipo clinico psicologico e di malessere diffuso avvengono anche nelle costellazioni che tali unioni creano, che hanno spesso contenuti di tipo sistemico, accogliendo fatti affettivi, organizzativi, economici e patrimoniali.
È sempre vero che una convivenza con progenie, quindi di tipo matrimoniale, produce società e la sua crisi non si risolve quasi mai con la sola cura dei singoli più coinvolti. Tala società crea appunto una sorta di costellazione (ascendenti, parenti, amici, altri soggetti presenti nell’orbitale intorno al nucleo “matrimoniale”) molto più estesa. Essa deve venire considerate come unione dotata di contenuti macro-societari particolarmente importanti, essendo coinvolta la filogenesi. Ma tutte le unioni di convivenza portano con sé oggi una grave fonte di turbativa non racchiusa spesso nella sola coppia.
La clinica sociatrica delle crisi “familiari” è una pratica di cura della complessità societaria messa in crisi dai comportamenti interni alle convivenze sentimentali. Essa tratta la complessità sistemica delle relazioni tra soggetti, continuando a considerare ciascun soggetto come fonte autonoma di comportamento e discrezionalità, ma conducendo un allargamento processuale clinico, nel passaggio dalla cura dell’unione pura e semplice a quello della costellazione societaria che ne è conseguenza.
Questo tipo di clinica comporta spesso cambiamenti significativi nella strategia eudemonistica (cioè basata sulla ricerca della felicità) dei componenti, perché sposta l’accento da quella propria della sola coppia (ed eventuale prole) a quella dell’intero sistema costellazione di soggetti e relazioni circostanti.
Va inoltre considerato che sono emerse quasi naturalmente diverse nuove forme di convivenza, basate non più sul millenario ma anacronistico sistema chiuso di regole, bensì su modalità di sistema aperto (che può essere anche una mutazione del primo) che consente di preservare molto del valore societario creato dall’unione caduta nella crisi. La riprogettazione della costellazione al decadere dell’attrazione gravitazionale da parte del nucleo richiede una analisi funzionale condotta con i principali esponenti della costellazione stessa (in primis i creatori del nucleo in disfacimento). Ciò è bene che avvenga prima o contemporaneamente all’attivazione dei contributi psicologici e giuridici, entrambi spesso necessari. In particolare, il sociatra opera in primis insieme allo psicologo, che vede soprattutto il versante individuale più rilevante, cioè quello dei fondatori del nucleo in crisi.
Tra il 2005 e il 2015 sono stati trattati con clinica sociatrica molte decine di convivenze sentimentali di vario tipo, matrimoniali e altre, in crisi di disunione, consentendo di attribuire a quanto sopra non soltanto un buon grado di valore scientifico ma anche significativi effetti dovuti ai nuovi strumenti terapeutici prettamente sociatrici di cura del disagio.