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Diritti umani

“La Santità in Politica”, intervista all’autore Agostino Siviglia. Avvocato e criminologo, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale

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La Pira , De Gasperi o Aldo Moro andavano a messa tutte le mattine, per trovare ispirazione e conforto, dovendosi cimentare quotidianamente con la complessità dell’azione politica, vissuta come servizio e non come strumento di potere fine a sé stesso

Sono stati avviati, da qualche tempo, processi di beatificazione nei confronti di uomini che hanno avuto nel nostro recente passato responsabilità politiche. “Che cosa hanno a che fare i politici con la santità?” – ci si chiede e non a torto dopo le vicende, certo non edificanti, di Tangentopoli e dintorni. In questo voler intrecciare santità e politica – ci si chiede ancora – non c’è il rischio di far perdere alla gente il senso e della santità – comunque la si voglia intendere – e della politica?

L’interrogativo c’è ed è dunque utile affrontarlo. Lo facciamo con Agostino Siviglia. Avvocato e criminologo, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, curatore del volume “La Santità in Politica”, edito da Città del Sole. All’interno del volume le Conversazioni  abbracciano circa 150 anni di tradizione storica del cattolicesimo italiano da Giuseppe Toniolo ad Aldo Moro.

Papa Francesco ha evidenziato qualche tempo fa che “anche la politica è occasione per vivere la santità” e ci troviamo a conclusione dell’anno intitolato alle celebrazioni Sturziane, le chiedo quindi che hanno a che fare i politici con la santità? Ovvero la politica come vocazione per Lei è ancora attuale?

La santità è sempre attuale! Non passa mai di moda. E dunque anche la vocazione politica può assurgere a santità. Certo, accostare santità e politica, oggi, appare “scandaloso”, ma non è sempre stato così. Basti pensare a Giuseppe Toniolo, don Luigi Sturzo, Alcide De Gaspei, Giorgio La Pira, solo per citarne qualcuno, per comprendere che la via della santità può essere percorsa anche e soprattutto attraverso l’impegno politico. Del resto, la politica dovrebbe essere “la forma più alta di carità”, per dirla con Paolo VI, e ci sono stati politici che l’hanno interpretata così, consumando un’intera esistenza al servizio del bene comune.

Santo vero e politico vero dovrebbero assoggettarsi entrambi a disciplina interiore ed a regole inflessibili.

Oggi come potrebbe essere riproposta questa “spiritualità civica”? E soprattutto un modello di santità in cui la vita torni ad essere legata all’esercizio di un potere pubblico è ancora attuale ed attuabile?

Lo è di certo. La Pira o De Gasperi o Aldo Moro andavano a messa tutte le mattine, per trovare ispirazione e conforto, dovendosi cimentare quotidianamente con la complessità dell’azione politica, vissuta come servizio e non come strumento di potere fine a se stesso. Nutrivano lo spirito, in sostanza, e da questo nutrimento quotidiano traevano sicurezza di ideali, fiducia nell’umanità, coraggio d’azione.   

Trascinare fuori la politica dal suo regno, quello della terra, delle cose relative, sarebbe auspicabile, ma innalzare la politica sugli altari è renderle un buon servizio? E sono compatibili per lei santità e compromesso?

La Politica non deve, a mio avviso, essere proiettata in una dimensione diversa da quella che le è propria: la presenza fra le persone. Ecco, i politici dovrebbero ritrovare questo senso di “presenza” e dare un segno autentico di “vicinanza”, come ha ribadito di recente Papa Francesco, per farsi prossimi e cooperare con la comunità di riferimento per il perseguimento del bene comune, partendo dagli ultimi.

A volte si dovranno fare anche dei compromessi, certamente, ma esistono compromessi al “rialzo” che qualificano ed edificano l’impegno politico. Questo tipo di compromessi non solo sono compatibili con la santità, ma sono indispensabili per perseguirla. Si tratta, in altre, parole di fare il possibile, a seconda delle circostanze e poi, magari, così facendo, come diceva San Francesco d’Assisi, trovarsi a realizzare l’impossibile.

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