Attualità
Focus Italia di Unicef su la povertà infantile in Italia prima della crisi
“I bambini dell’austerità, l’impatto della Grande Recessione sulla povertà dei bambini nei paesi ricchi”
La povertà infantile ha cominciato a crescere nella metà degli anni ’90, molto prima che la crisi colpisse il Paese.
Nel 2008, 1 minorenne su 4 era a rischio di povertà[1] (24,7% dei minorenni); questo tasso era maggiore rispetto alla media dell’Europa dei 27 (20,3%). I minorenni avevano un rischio di povertà maggiore rispetto alla popolazione totale (18,7%) e ai più anziani (20,9%), solitamente un altro gruppo socialmente svantaggiato.
Alcuni gruppi di minorenni già affrontavano un rischio di povertà maggiore rispetto ad altri:
- I minorenni che vivevano al Sud: nel 2008, il tasso di rischio di povertà per i minorenni al Sud era del 41,7%, rispetto al 12,4% al Nord e al 16,9% al Centro.
- I minorenni che vivevano in famiglie numerose: avere un fratello in più aumenta il rischio di povertà: i tassi di povertà erano al 19%, 24,7% e 38,1% per i minorenni che vivevano in famiglie con rispettivamente uno, due e tre o più bambini.
- I minorenni che vivevano in famiglie con intensità di lavoro molto bassa: nel 2008era a rischio di povertà il 78,3% dei minorenni che vivevano in famiglie con intensità di lavoro molto bassa e il 57,3% di minorenni che vivevano in famiglie con intensità di lavoro bassa. Il rischio di povertàera più alto rispetto alla media (36,1% contro il 24,7%) anche per i minorenni in famiglie con media intensità di lavoro (tipicamente famiglie monoreddito), fattore che evidenzia il livello molto elevato di lavoratori poveri che colpiva il paese già nel 2008.
- I minorenni che vivevano con un solo genitore: nel 2008, 4 minorenni su 10 (39,3%) cresciuti in una famiglia monoparentale erano minacciati dalla povertà.
- I minorenni in famiglie migranti: i minorenni in famiglie migranti soffrivano un rischio di povertà più alto rispetto ai figli di italiani (31,8% contro il 23,4%).
Tendenze e determinanti principali della povertà infantile dall’inizio della crisi
L’aumento strutturale e di lungo termine della povertà infantile è stato ulteriormente peggiorato dalla crisi.
- L’incidenza di rischio di povertà per i minorenni con soglia di povertà[2] fissata ai livelli pre-crisi (2008) è peggiorata in modo considerevole in particolare dopo il 2010. Ha raggiunto un picco nel 2013 (32,6%, in crescita rispetto al 24,7% nel 2008), quando 1 minorenne su 3 stava vivendo sotto la soglia di povertà fissata.
- L’aumento della povertà infantile è stato seguito da un aumento del numero di minorenni che vivevano in famiglie in condizione di grave deprivazione materiale[3]. Nel 2008, circa il 9,3% dei minorenni viveva in famiglie con gravi deprivazioni materiali, mentre nel 2012 era il 16,8%, il picco più alto dall’inizio della crisi. Anche se questo indicatore è sceso al 13,7% nel 2014, rimane un livello molto più alto rispetto al 2008. Alcune delle privazioni che hanno registrato sviluppi peggiori sono particolarmente importanti per il benessere dei minorenni, come l’impossibilità di mangiare carne o proteine regolarmente (quasi raddoppiata per i minorenni fra il 2008 e il 2014, dal 7,8% al 13,8%, con un picco del 18,2% nel 2012), di tenere la casa adeguatamente calda (dall’11,5% al 18,4%), e di andare in vacanza (con il 51,5% dei minorenni che viveva in una famiglia che non poteva permettersi di andare per una settimana fuori di casa nel 2012, rispetto al 40,3% del 2008).
- Incidenza della povertà assoluta[4]: mentre nel 2008 il 6% dei minorenni viveva in povertà assoluta, questa percentuale erapiù che duplicata nel 2013, raggiungendo il 13,8%, ovvero 1.434.000 minorenni. L’aumento dell’incidenza della povertà infantile assoluta è stato molto più ampiorispetto a quello registrato nella popolazione in totale. Per quest’ultima, infatti, la povertà assoluta ha raggiunto il 9,9% nel 2013, in aumento rispetto al 4,9% del 2008.
- La crisi ha colpito maggiormente quei gruppi che partivano già da una condizione di svantaggio: fra i minorenni più gravemente colpiti dalla crisi, troviamo quelli che vivevano in famiglie in cui nessuno dei genitori aveva un’occupazione o in cui nessuno dei genitori aveva un’istruzione superiore a quella primaria (un aumento di circa 20 punti percentuali dell’incidenza della povertà assoluta), e dei minorenni che vivevano in famiglie monoreddito (un aumento di 10 punti percentuali). Anche la situazione dei minorenni che vivono nel Sud è peggiorata considerevolmente, con un aumento della povertà assoluta dal 9,4% nel 2008 al 19,1% nel 2013. Un aumento simile ha investito i minorenni in famiglie numerose (con tre o più bambini), per le quali l’incidenza della povertà assoluta è raddoppiata dall’11,1% al 22,9%. Inoltre, per la prima volta anche i bambini con un solo fratello hanno registrato un aumento consistente nell’incidenza della povertà assoluta, visto che questo tasso è più che raddoppiato, saltando dal 4,2% del 2008 al 10,6% del 2013.
[1] Definizione di rischio di povertà per i bambini: i bambini che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente (dopo i trasferimenti sociali) sotto il 60% della mediana nazionale.
[2] La soglia di rischio di povertà (il 60% della mediana nazionale) è fissata in riferimento al 2008 e rivalutata nel tempo soltanto in base all’inflazione.
[3] Secondo la definizione dell’Eurostat, vivere in una famiglia che non può permettersi almeno 4 di 9 beni considerati necessari per una vita dignitosa.
[4] Definizione Istat. La soglia rappresenta il valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati necessari per ciascuna famiglia, definita a seconda del territorio e delle tipologie familiari