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Ambiente & Turismo

L’Osservatorio Permanente di The Fork evidenzia una costante e netta crescita di ristoranti e locali orientali in Italia

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Un’indagine di The Fork fa emergere un sorprendente dato: “In Italia l’apertura di ristoranti e locali orientali ha superato quella di pizzerie e cucine nostrane

 di Giordana Fauci

Un’indagine eseguita da The Fork, noto portale di prenotazione on line di ristoranti in Europa ed Australia, ha permesso di far emergere un risultato sorprendente: nel periodo ottobre 2022-settembre 2023, nelle grandi città d’Italia l’apertura di ristoranti orientali ha nettamente superato quella di pizzerie e cucine nostrane, poiché solo il 15% sono state le nuove pizzerie contro il 17% dei nuovi ristoranti orientali, a cui seguono le inaugurazioni dei locali di cucina italiana che si mantengono al 55%.

L’Osservatorio Permanente lanciato da The Fork monitora da ormai molto tempo – in collaborazione con Format Research – il settore della ristorazione, proprio con l’obiettivo di essere punto di riferimento per l’analisi del mercato delle nuove aperture.

The Fork ha così verificato come, a differenza del passato, i nuovi ristoranti asiatici tengano a proporre cucina di qualità, invero ponendo crescente attenzione alla sola ‘alta qualità’.

Ed è Carlo Carollo, Country Manager di The Fork ad avere recentemente sottolineato come “nel nostro Paese, pur continuando ad essere presenti cucine del territorio e, in primis, quella mediterranea, sono al tempo stesso sorti nuovi ristoranti orientali notevolmente frequentati da italiani e finanche da turisti… Ristoranti e locali che, non a caso, appaiono al primo posto tra quelli internazionali. Anzi, si sono giustamente guadagnati un posto nella ‘top 100 nazionale’ di The Fork, proprio per attenzione alla qualità…”.

La cucina asiatica, dunque, primeggia nelle città italiane, raggiungendo i numeri più elevati a Milano, ove si contano ben 141 ‘attività orientali’; a seguire vi è la Capitale, con 127 ristoranti asiatici presenti nel solo centro di Roma – senza, quindi, considerare tutti quelli che si trovano nelle periferie –; poi, al terzo posto, vi è Torino, con 56 presenze.

Infine, The Fork rileva un ultimo importante dato: in ben 250 città italiane vi è almeno un ristorante orientale.  

I motivi di tale incremento, del resto, non sono pochi: senza dubbio, rispetto al passato, vi è maggior curiosità di sperimentare nuove cucine e tradizioni culinarie ma, al tempo stesso, non si può tralasciare un’ulteriore causa… Il Covid.

In effetti, la Pandemia ha, per lungo tempo, impedito ad ognuno di viaggiare. Quindi, ci si è dovuti accontentare di farlo ‘virtualmente’, finanche gustando piatti e frequentando locali dai sapori orientali e che, grazie ai loro arredi, ricordano quei luoghi tanto ambiti.

D’altro canto, la crisi economica globale, al di là della ripresa di viaggi e conseguente turismo, non consente le vacanze e gli spostamenti di un tempo. Pertanto, ancor oggi, a chi non può permettersi di viaggiare non resta altro da fare se non continuare a farlo ‘virtualmente’, recandosi in ristoranti e locali per assaporare il gusto di quei Paesi lontani.

Un ulteriore dato degno di approfondimento perviene, poi, dal Rapporto sulla Ristorazione 2023 di F.I.P.E. – Federazione Italiana Pubblici Esercizi –, che si è occupato di analizzare i dati relativi all’anno precedente, il 2022.

La F.I.P.E. ha, in effetti, appurato che: “Sono più di 50 mila le imprese con titolari stranieri attive nel mercato della ristorazione, pari quasi al 13% del totale delle registrate. Mentre le imprese straniere sono presenti soprattutto nelle tradizionali attività di ristorazione – ‘take away’ compreso –, con una quota pari al 14,7%. L’incidenza è, dunque, ben più alta al Nord, dove spicca la Lombardia con il 22,4% delle imprese registrate ed è, di contro, oltremodo modesta al Sud, dove merita di essere citato il solo 4,1% della Campania…”.

Così, oggi, in città come Milano, Roma, Torino e Napoli vi sono ristoranti cinesi, giapponesi o giapponesi gestiti da cinesi, anche se il vero ‘boom’ si è avuto negli anni ’80, per una crescente curiosità di sperimentare cucina orientale – seppur, all’epoca, non di qualità così elevata come quella odierna e, d’altro canto, offerta a prezzi notevolmente ‘inferiori’.

Ma va aggiunto che la storia dei ristoranti etnici e, invero, dei primi locali cinesi in Italia ha avuto inizio ben prima degli anni ’80, ovvero ai primi del ‘900, considerato che le antesignane sono state la città di Roma, con il ristorante Shangai, aperto nel 1949 e Milano, ove nel 1962 è stata inaugurata La Pagoda, un locale chic e ‘riservato’ a pochi ‘eletti’, con costi a dir poco esorbitanti.

…Ristoranti, quindi, ben diversi da quelli di oggi, alla portata di ogni tasca.

…Perché ai giorni d’oggi, a Milano, come pure a Roma, si trovano locali cinesi, giapponesi o finanche giapponesi gestiti da cinesi (quali la grande catena giapponese Sushiko, fondata dal cinese Cristian Lin) che nessuno ha difficoltà a frequentare.

E, poi, ora, a differenza del passato, è possibile assaggiare anche altre cucine, quali quella vietnamita, coreana, thailandese o finanche indiana e, invero, dell’Himalaya.

Cucine che, senza dubbio, permettono di ‘sperimentare’ e ‘viaggiare’ rimanendo nel proprio Paese a chi desidera almeno assaporare l’aria di quei Paesi.

Inoltre, vi è da considerare le nuove correnti sorte di recente: le cosiddette “take away” e “fusion”, nel cui menu sono presenti piatti di differenti provenienze – dunque, non solo orientali – ma, anzi, pietanze italiane per così dire ‘rivisitate’, dedicate a chi non vuole rinunciare del tutto ai piatti ‘propri’ –: un esempio valga per tutti: la proposta della carbonara alla tailandese, servita con fiori commestibili.

E, a dire il vero, oggi vi sono interi quartieri in cui predomina una cucina piuttosto che altre: a Roma, ad esempio, vi è il quartiere Ostiense, specializzato nella cucina giapponese; oppure Roma Nord, in cui primeggiano ristoranti cinesi e, infine, Roma Est, in cui è presente la storica cucina siriana, rigorosamente da gustare in Shavarma  – termine che indica proprio ‘il girare’ riferito alla carne, fatta cuocere su uno spiedo che ruota in continuazione, così garantendo sapore ed uniformità, proprio come avveniva nell’antica Siria.

Infine, come dimenticare le esperienze culinarie dell’area caucasica e, perciò, la cucina georgiana, russo-ucraina, uzbeka, ceca, senza voler far torto a tutte le altre.

Così, in considerazione delle numerose offerte e, al contempo, della presenza di consumatori sempre più informati, curiosi ed esigenti, è ovvio che le proposte non possano non aumentare ancora, arricchendo al contempo non solamente il desiderio di mangiare cibo internazionale, bensì di vivere nuove esperienze, finanche di tipo culinario.

E così, proprio in considerazione di queste nuove tendenze, i locali, prevalentemente asiatici ma, ad onore del vero, non solo, oltre ad aumentare sempre più, si adeguano agli stili di vita dei consumatori che li frequentano e che, ormai, sono abituati a consumare cibi veloci, quali aperi-pranzi o aperi-cene.

Pertanto, nel tentativo di mescolare tante e tali usanze e culture, prevalentemente di tipo culinario ma, invero, non solo, ognuno presenta cibi internazionali ‘rivisitati’: è il caso dei più innovativi locali greci, ove si propongono bevute in comune all’interno di un luogo in cui, oltre a mangiare, o si beve o si va via…”,  come accade nel Symposion, ad onore del vero fin dall’antichità; ma, ancora, di locali giapponesi in cui si servono spuntini veloci che si consumano sempre accompagnati da bevande alcoliche locali – come accade nel Sakana, ad usare, ancora una volta, la lingua nipponica.

…Luoghi orientali che, pur non rientrando nella tradizionale categoria dei ristoranti e che sono oggi alla portata di ognuno, permettono di fruire di esperienze internazionali all’interno di tipici locali e che, al contempo, consentono importanti scambi culturali: non esclusivamente a carattere culinario bensì musicale, artistico e tradizionale.

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