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Arte & Cultura

Il presepe, simbolo del Natale per eccellenza

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Il presepe nasce da un’idea di San Francesco d’Assisi che il 24 dicembre 1223 inventa un nuovo modo di rappresentare il dogma della Natività, astratto e impervio

Di Francesca Rossetti

Il Presepe è, assieme all’albero, uno dei simboli piu’ importanti del Natale e ne parliamo con due grandi esperti, Marino Niola ed Elisabetta Moro, che hanno da poco pubblicato un libro in materia.

 Chi sono Marino Niola ed Elisabetta Moro e come nasce l’idea di un libro sul presepe?

Marino ed Elisabetta sono due antropologi. Il primo insegna Antropologia del contemporaneo all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Elisabetta Moro insegna Antropologia Culturale nella stessa Università. Entrambi si occupano di mitologie antiche e moderne e dell’importanza dei simboli nella vita di oggi. Era quasi naturale che decidessero di attraversare quella foresta di simboli che è il presepe. Risultato di duemila anni di stratificazioni di tradizioni, miti, leggende, fantasie passioni, devozioni

Le origini del Presepe e quali sono i piu’ famosi al mondo (Assisi, Napoli, Betlemme, Roma ecc.)

Il presepe nasce da un’idea di San Francesco d’Assisi che il 24 dicembre 1223 inventa un nuovo modo di rappresentare il dogma della Natività, astratto e impervio. Come far capire, soprattutto ai meno alfabetizzati che allora erano la maggioranza, che il Dio, puro spirito, si incarna, si fa uomo e nasce nella forma di un bambino? Francesco lo mette in scena e affida agli abitanti di Greccio, un borgo della Sabina, nell’attuale provincia di Rieti, i ruoli di Maria, Giuseppe e del Bambino. Così i pastori laziali diventano i pastori di cui parla il Vangelo, quelli che adorano il Dio venuto al mondo. In questo modo tutto diventa quasi un gioco da ragazzi, più facile da capire, e da sentire con la mente ma anche con gli occhi e con il cuore.

Ma quando il presepe francescano arriva a Napoli alla fine del Seicento esplode letteralmente, a contatto con quella città-mondo, con quel teatro a cielo aperto. Allora i personaggi si moltiplicano a immagine e somiglianza della concitata e sterminata umanità napoletana che diventa la vera protagonista della storia. Così la Palestina si trasferisce all’ombra del Vesuvio. Ma è proprio questa umanizzazione, questa spettacolarizzazione, a rendere il presepe partenopeo il più celebre del pianeta. Non c’è museo al mondo dove non ci sia una Natività made in Naples. Perfino alla Casa Bianca, nella East Room ce n’è uno. E poi al Metropolitan Museum di New York, all’Art Institute di Chicago, a Sidney, San Paolo, Cleveland, Kansas City, Rio de Janeiro, Utrecht, Monaco, e Madrid dove al Palacio Real si trova la celebre “Betlemme del principe”, il presepe che Carlo III, sovrano delle Due Sicilie,  si portò da Napoli quando diventò re di Spagna. Poi suo figlio Carlo IV arricchì la collezione paterna ordinando altri seimila pezzi dagli artigiani partenopei.

In cosa si distinguono e come mai spesso i personaggi sono ritratti con carnagione scura? 

 I personaggi dalla pelle scura sono tipici del presepe napoletano e riflettono il cosmopolitismo della città che allora, con il suo mezzo milione di abitanti, era la più grande dell’Occidente insieme a Parigi. Una metropoli multietnica affollata di schiavi neri, visir ottomani, mercanti nordafricani, soldati georgiani, circassi, musicisti ottomani ecc. Tutta questa varia umanità si riflette nel presepe. In realtà, la vera differenza con il presepe francescano è che questo rappresenta la Natività mentre quello vesuviano rappresenta l’umanità.

Come nasce il presepe vivente?

Nasce dall’idea di San Francesco che trova poi proseliti in altri luoghi dove viene allestito ancora oggi. Ma i presepi più celebri non sono quelli viventi.

Sacro e profano, ad esempio in quello napoletano e materiali utilizzati

Il presepe napoletano è un intreccio di sacro e profano, basti pensare che ci sono indovini, cartomanti, biscazzieri e spesso perfino prostitute, osti, lavandaie, mendicanti cioè l’umanità vera. E poi il cibo in tutte le salse, verdure, frutta, pesci, frutti di mare, carni, pizze, pani, spaghetti e ogni ben di Dio per significare la pienezza dell’esultanza ma anche l’esultanza della pienezza. Come dire che se il corpo non è soddisfatto l’anima non può essere lieta. Insomma, senza cibo, la festa non è festa.

La mostra dei 100 presepi di Roma

La mostra promossa dal Dicastero per l’Evangelizzazione e giunta quest’anno alla V edizione è uno splendido esempio della diffusione planetaria del presepe come forma insieme artistica e religiosa. È aperta fino al 9 gennaio. È il caso di non farsi sfuggire l’occasione di visitarla.

I testimonial d’eccellenza del presepe

I più grandi testimonial sono i viaggiatori del Grand Tour, cioè i grandi della cultura Europea, da Wolfgang Goethe a Charles de Montesquieu, Christian Andersen, Anton Cechov che quando arrivano a Napoli vanno a visitare i presepi più celebri e lo raccontano al mondo. Molti di questi racconti sono riportati nel libro

Il ruolo dei simboli e dell’antropologia culturale ed il significato di essi, ad esempio la stella cometa, gli animali, i Re Magi, i loro doni: cosa significa ciascuno di questi elementi?

Il presepe è tutto un simbolo e l’antropologia studia i simboli e i significati che gli uomini attribuiscono alla vita.  La cometa rappresenta la luce divina che guida il cammino dei pastori e dei Re Magi verso Betlemme, cioè verso la nuova era dell’umanità, redenta dal peccato originale. Gli animali simboleggiano l’innocenza delle creature e stanno a dirci che il mondo non appartiene solo agli umani ma a tutta la famiglia dei viventi. I Magi sono la personificazione del dono e della generosità. In fondo oro incenso e mirra ricambiano il dono-perdono rappresentato dalla nascita e dal sacrificio di Cristo.

Altre Vostre pubblicazioni in uscita

Il nostro nuovo libro parla del rapporto tra cibo e religione. Cioè l’influenza che le religioni hanno sul nostro modo di mangiare, usi e costumi, divieti, perfino diete. Il titolo è Mangiare come Dio comanda e l’editore è Einaudi. Uscirà in primavera.

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