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Il mare non è una fogna — Seas are not a sewer

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Tempo di lettura: 7 minuti
di emigrazione e di matrimoni

Il mare non è una fogna

di Marco Andreozzi

Lo smaltimento in mare dei fanghi di depurazione merita un approfondimento come fenomeno meno menzionato rispetto al problema della pesca eccessiva o degli effetti dei cambiamenti climatici. Ebbene, l’80% delle acque reflue del mondo entra nelle acque marine senza essere trattata: la più grande discarica al mondo. L’inquinamento in tutte le sue forme è dannoso per i delicati habitat marini, come praterie di fanerogame, barriere coralline e ambienti costieri. Quando questi habitat sono sani, sono serbatoi di carbonio, produttori di ossigeno e forniscono un luogo sicuro in cui la flora e la fauna marine possono prosperare. L’inquinamento da acque reflue non trattate è un problema globale con conseguenze globali.

In uno studio recente, come ricorda Elizabeth Borneman su Geography Realm sono stati mappati 130.000 bacini idrografici in tutto il mondo per scoprire quanti liquami vengono rilasciati e i loro impatti sull’ambiente marino. 25 bacini idrografici contribuiscono a una quantità significativa di inquinamento dell’oceano e molti altri trasportano livelli di inquinamento minori, ma significativi. I rifiuti umani non trattati possono causare degrado ambientale sotto forma di fioriture algali ed eutrofiche, o come ‘zone morte’, che soffocano la vita acquatica. Le fioriture algali diffuse dovute ad alti livelli di inquinamento da azoto possono uccidere la vita delle piante acquatiche e diminuire la quantità di ossigeno disponibile nell’acqua. Il rapporto ha mostrato che l’88% delle praterie di fanerogame e il 58% delle barriere coralline sono già stati esposti all’azoto delle acque reflue antropogeniche non trattate. Alcuni dei bacini idrografici che portano il maggior inquinamento all’oceano includono lo Yangtze (Cina), il Danubio, il Nilo, il Mississippi e il fiume Paranà. La ricerca mostra che l’inquinamento da acque reflue non trattate si verifica in tutti i continenti, indipendentemente dalla situazione economica o dal PIL, e pone rischi particolari per le zone costiere.

La fonte di acque reflue azotate varia tra questi bacini idrografici dal provenire prevalentemente da fognature (ad esempio, Paesi Bassi, Stati Uniti, Argentina) e liquami in prevalenza diretti (ad esempio, Repubblica Democratica del Congo, Nigeria, India). In Africa e in Sud America, l’apporto di acque reflue settiche (biologiche) e direttamente sversate nei mari fa sì che il contributo di queste regioni superi quello di molti Paesi in Europa e in Asia. Inoltre, se si normalizza il dato sulle dimensioni dei bacini idrografici, troviamo molti ‘punti caldi’ (ad alto inquinamento) in Cina, Kenya, Haiti, India, Yemen, Ghana, Kuwait, Nigeria, USA, Mozambico e diversi Paesi mediterranei. Per il 79% della barriera corallina aggredita da azotati, la fonte dominante di acque reflue proviene da immissione diretta o di origine biologica, e le aree con immissioni particolarmente elevate di acque reflue non trattate includono Kenya, Tanzania, Mozambico, Madagascar, Sri Lanka, Myanmar, Vietnam, Filippine e, nei Caraibi, Haiti. Per le praterie di fanerogame, il 52% delle aree con presenze azotate è dominato da inquinamento anch’esso diretto o settico di reflui non trattati, con l’Africa orientale lungo il Golfo di Guinea (Benin, Nigeria, Togo, Ghana) che presenta numeri particolarmente elevati. Questi risultati evidenziano l’importanza della tracciabilità delle immissioni, in particolare per i coralli. Data la vicinanza di molti di questi habitat alle popolazioni umane, gli impatti delle acque reflue sono ulteriormente aggravati dalla pressione della pesca eccessiva e dal degrado degli ambienti naturali dovuto allo sviluppo costiero, insieme a fattori di pressione climatica e altri fattori antropogenici.

Come riportano Tuholske e Halpern dell’Università di California Santa Barbara, il valore totale globale di acque reflue rilasciate nei mari è di 6,2 Tg (tera-grammi = 1000 giga-grammi), di cui 3,9 Tg dalle fognature, 0,3 Tg dalle acque biologiche e 2 Tg dall’immissione diretta. Sul podio, la Cina è di gran lunga il primo Paese per rilascio di liquami antropogenici in mare, con quasi un terzo del totale, di cui a sua volta un terzo da immissione diretta; quasi tre volte la dimensione dell’India e quasi sei volte il dato per gli USA. La Germania è l’unico Paese dell’Europa Occidentale tra i primi dieci, con oltre 1 Gg, di poco sopra l’Italia al dodicesimo posto, e per entrambi si tratta quasi completamente di reflui dalle fognature. Questa mole di conoscenza deve aiutare amministratori ed operatori sanitari ad attuare le misure più appropriate per mitigare l’inquinamento delle acque reflue nel modo più efficiente ed economico possibile. Una decisione politica che i gestori dei servizi igienico-sanitari devono prendere è se trattare le acque reflue in un impianto di trattamento od utilizzare un sistema a fosse biologiche. Ci sono vantaggi e svantaggi per entrambe le opzioni. Le fosse biologiche sono più economiche, ma non rimuovono gli agenti patogeni, sebbene il processo di digestione anaerobica che vi si attiva consenta la rimozione dell’azoto dai rifiuti non trattati.  Il trattamento delle acque reflue può essere costoso, ma è in grado di rimuovere gran parte degli agenti patogeni; inoltre i fanghi di depurazione residuali, opportunamente processati, risultano impiegabili come bio-fertilizzanti in agricoltura a costi di un ordine di grandezza più basso rispetto ai prezzi attuali dei fertilizzanti chimici. Insomma, visto e considerato tutto, è sulla mitigazione dell’inquinamento che conviene allocare risorse pubbliche, così come, viceversa, incentivi pubblici sull’adattamento risultano i più efficienti ed efficaci rispetto alle problematiche indotte dai cambiamenti climatici.

di emigrazione e di matrimoni

Seas are not a sewer

by Marco Andreozzi

Disposal of sewage sludge at sea deserves further investigation as a phenomenon less mentioned than the problem of overfishing or the effects of climate change. Nota bene, 80% of the world’s wastewater enters marine waters untreated: the largest landfill in the world. Pollution in all its forms is detrimental to delicate marine habitats, such as seagrass beds, coral reefs and coastal environments. When these habitats are healthy, they are carbon sinks, oxygen producers, and provide a safe place for marine flora and fauna to thrive. Untreated wastewater pollution is a global problem with global consequences. In a recent study, as Elizabeth Borneman recalls in Geography Realm, 130,000 watersheds were mapped around the world to find out how much sewage is released and its impact on the marine environment. 25 watersheds contribute a significant amount of ocean pollution, and many more carry smaller, but significant levels of pollution. Untreated human waste can cause environmental degradation in the form of algal and eutrophic blooms, or as ‘dead zones’, which suffocate aquatic life. Widespread algal blooms due to high levels of nitrogen pollution can kill aquatic plant life and decrease the amount of oxygen available in the water. The report showed that 88% of seagrass beds and 58% of coral reefs have already been exposed to nitrogen from untreated anthropogenic wastewater. Some of the drainage basins that bring the most pollution to the ocean include the Yangtze (China), the Danube, the Nile, the Mississippi and the Parana River. Research shows that pollution from untreated wastewater occurs on every continent, regardless of economic status or GDP, and poses particular risks to coastal areas.

The source of nitrogenous wastewater varies between these catchments from being predominantly sewage (e.g., the Netherlands, United States, Argentina) and predominantly direct discharge (e.g., Democratic Republic of the Congo, Nigeria, India). In Africa and South America, the contribution of septic (biological) wastewater directly discharged into the seas means that the contribution of these regions exceeds that of many countries in Europe and Asia. Furthermore, if we normalize the data on the dimensions of the watersheds, we find many ‘hot spots’ (highly polluted) in China, Kenya, Haiti, India, Yemen, Ghana, Kuwait, Nigeria, the USA, Mozambique and several Mediterranean countries. For 79% of the reef under nitrogen attack, the dominant wastewater source is direct input or biological, and areas with particularly high inputs of untreated wastewater include Kenya, Tanzania, Mozambique, Madagascar, Sri Lanka, Myanmar, Vietnam, the Philippines and, in the Caribbean, Haiti. For seagrass meadows, 52% of areas with nitrogenous presences are dominated by pollution, also direct or septic, of untreated wastewater, with East Africa along the Gulf of Guinea (Benin, Nigeria, Togo, Ghana) having particularly high numbers. These results highlight the importance of traceability of inputs, especially for corals. Given the proximity of many of these habitats to human populations, wastewater impacts are further exacerbated by pressure from overfishing and degradation of natural environments due to coastal development, along with climatic and other anthropogenic pressures.

As Tuholske and Halpern of the University of California Santa Barbara report, the global total value of wastewater released into the seas is 6.2 Tg (tera-grams = 1000 giga-grams), of which 3.9 Tg from sewers, 0 .3 Tg from biological waters and 2 Tg from direct introduction. On the podium, China is by far the top country for the release of anthropogenic sewage into the sea, with almost a third of the total, of which in turn a third from direct injection; nearly three times the size of India and nearly six times the figure for the US. Germany is the only Western European country in the top ten, with over 1 Gg, slightly above Italy in twelfth place, and for both it is almost entirely sewage waste. This amount of knowledge must help administrators and health professionals to implement the most appropriate measures to mitigate wastewater pollution in the most efficient and cost-effective way. One policy decision that sanitation managers must make is whether to treat the wastewater in a treatment plant or use a septic tank system. There are pros and cons to both options. Septic tanks are cheaper, but do not remove pathogens, although the anaerobic digestion process that is activated there allows the removal of nitrogen from the untreated waste. Wastewater treatment can be expensive, but it can remove most pathogens; moreover, the residual sewage sludge, suitably processed, can be used as bio-fertilizers in agriculture at costs an order of magnitude lower than the current prices of chemical fertilizers. In short, all-in-all it is on the mitigation of pollution that it is better to allocate public resources, just as, conversely, public incentives on adaptation are the most efficient and effective with respect to the problems induced by climate change.

 

 

 

Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.

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