Connect with us

Arte & Cultura

Guido Harari, fotografo, con la grande e affascinante Ute Lemper, e Agostino Arrivabene artista visivo

Published

on

Tempo di lettura: 3 minuti

A Ferrara la grande mostra di fotografia d’arte del bravissimo Guido Harari, accompagnata da una mostra di originale e valida arte visiva soprattutto pittorica, piena di disegno e suggestioni di storia dell’arte, di Agostino Arrivabene.

di Sergio Bevilacqua

Ferrara, ore 12.00. Inaugura, nella splendida cornice di Palazzo dei Diamanti ottimamente ristrutturato, la grande mostra di fotografia d’arte direi anche Pop del bravissimo Guido Harari, accompagnata da una mostra di originale e valida arte visiva soprattutto pittorica, piena di disegno e suggestioni di storia dell’arte, di Agostino Arrivabene. Le due aperte dal 16 luglio al 1° ottobre 2023.

Due cifre molto differenti, ma con un elemento comune: l’assoluta modernità, avveduta delle correnti novecentesche e classiche, e immersa nella grande varietà semiologica italiana. Arrivabene interpreta con finezza l’infrazione necessaria al figurativo oggi e quella a materiali inconsueti e preziosi che utilizza come base per la sua scultura, anche in dittici non ovvi con la pittura. Il risultato è sempre di grande classe, sul main stream del simbolico. Harari è un fotografo innamorato dell’opera della luce, che usa in composizioni e scomposizioni, gravide di senso nuovo per i suoi soggetti famosi.

Ospite l’affascinante Ute Lemper, interprete eclettica e sempre elevatissima, dell’”ambiente buono” del teatro e della canzone europeo-occidentale, dai Pink Floyd a Kurt Weil, con contributi per lei di mostri sacri come Philip Glass.

Ci siamo fermati insieme a Guido a chiacchierare con Ute del futuro e dell’arte. Una donna molto, molto charmant. Un fotografo birbone ci ha immortalato… (crediti di Federico Magnani). Ma non posso fermare qui la mia impressione: a Ute Lemper va dato il giusto ruolo nel teatro che un tempo si diceva d’avanspettacolo, poi divenuto anche cabaret, cioè intrattenimento intimo e pregnante, non solo facile e leggero. Ute è un vero genio della piccola scena e anche della grande. Ma anche la piccola scena con lei diventa una grande esperienza dell’arte umana: innovatrice delle forme del canto e della relativa coreografia, sta alla piccola scena con Isadora Duncan sta alla danza. Ha rubato gli occhi alla conterranea Marlene Dietrich, ma senza la tristezza di aver abbandonato la sua Germania. Lei è contemporanea, e globale, ma sempre europea e tedesca. La felicità della sua espressione, la delicatezza e educazione sono valori assoluti. Abbiamo parlato, e mi è sembrato di averla sempre conosciuta. Poi ho rivisto alcuni pezzi suoi e l’ho capita ancora meglio: Ute è un genio, totalmente naturale; la sua classe proviene direttamente dal suo essere, senza mediazioni e stilemi di prammatica. Le sue mani dalle dita lunghe lanciano raggi laser nelle platee e il suo corpo è capace di suggerire drammaturgie inconsuete e grammaticalmente perfette per il giorno d’oggi. La sua voce… beh, la sua voce in inglese  è meglio che in francese, che è meglio che in tedesco, che è meglio che in spagnolo, che è meglio che in inglese, e così avanti all’infinito, con le sue “r” arrotate e mai esagerate che segnalano molte differenze delle nostre culture continentali, mentre Kurt Weil e Bertolt Brecht, Roger Waters gongolano di piacere a sentirla, dall’aldiquà e dall’aldilà.

È una vera figlia benedetta dell’Occidente, la sua grandezza globale in prima persona.

Mi ha chiesto lei se potesse essere fotografata con me e Guido Harari, che la conosce benissimo, sorrideva. Chi se ne importa della pubblicità… i grandi artisti sono capaci di grandissima umanità. Ute Lemper è così.

Certo, una così augusta presenza ha dato un tono ulteriore alla bellissima mostra di Harari e Arrivabene.

Insieme a loro, un’altra mostra godibilissima è presente a Ferrara nello stesso periodo, ma che si prolunga fino all’inverno, al 26 dicembre: Arrigo Minerbi, scultore del XX secolo. Magistralità e scuola nei suoi soggetti il più delle volte ricavati nel marmo di Carrara. A fare festa intorno all’ottimo scultore ferrarese, una serie interessante di capolavori a lui coevi, come alcune opere di Galileo Chini, tra cui, all’entrata, una parte dell’importantissimo ciclo della “Primavera” realizzato per la Biennale di Venezia del 1914, ove pittura e decorazione si fondono in un insieme inestricabile e molto ben equilibrato com’è proprio del grande buon gusto chiniano, e poi Mario Sironi, Felice Casorati, Adolfo Wildt.

Print Friendly, PDF & Email