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Attualità

Francia condannata dall’ONU per aver proibito l’uso del velo integrale

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Nel Paese transalpino vige il divieto per le donne musulmane di indossare l’abito religioso nei luoghi pubblici. Multe di 150 euro per ogni trasgressione.

di Vito Nicola Lacerenza

Ieri un Comitato dell’ONU, composto da 16 giuristi, ha accusato la Francia di aver commesso una violazione dei diritti umani nei confronti di due donne musulmane: Sonia Yaker e Miriana Hebbadji, entrambe 44enni e residenti nella città francese di Nantes. Le due, il 6 ottobre 2011, hanno ricevuto una multa di 150 euro per aver indossato nei luoghi pubblici il niqab. Un abito femminile della tradizione araba che copre interamente il corpo della donna, la quale, secondo i precetti dell’Islam, deve coprirsi prima di uscire di casa. Sebbene tale costume sia considerato “oppressivo” in tutti i Paesi occidentali, la Francia è stata l’unica a proibirlo nel 2000.

Più della metà dei francesi ritiene che il divieto sia un modo per aiutare le musulmane ad emanciparsi da un contesto domestico opprimente, ma  Sonia Yaker e  Miriana Hebbadji non sono state dello stesso avviso. Per loro essere state multate a causa del velo ha rappresentato un attacco alla libertà di fede e per tale ragione hanno fatto ricorso all’ONU, che ha chiesto al Paese transalpino di “assicurare un equilibrio ragionevole tra l’interesse pubblico e le libertà individuale”. Per la Commissione ONU è legittimo chiedere alle musulmane di scoprirsi il viso solo in “circostanze specifiche”, come il controllo di identità. Ma impedire loro di adempiere ai doveri di fede rappresenta una violazione dei diritti umani che esclude le donne islamiche dalla vita sociale. Molte donne musulmane piuttosto che rinunciare al niqab, evitano di utilizzare i mezzi pubblici o di frequentare posti affollati. «In Francia la proibizione del niqab nello spazio pubblico è generalizzata- ha dichiarato la commissione ONU- troppo radicale. Queste donne così vengono tenute ai margini della società, confinate in casa e viene loro negato l’accesso ai servizi pubblici.”

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