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Attualità

Carrarmati e concorrenza. La differenza tra assassini e commercianti

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Esiste un fenomeno importantissimo, che sfugge alla coscienza strategica dei commentatori sui fatti bellici d’oggigiorno: la enorme importanza, in effetti poco codificata ma tanto sensibile, dei grandi Gruppi Economici Globali che sono Manifatturieri  e fanno il 60% del valore dell’economia umana.

Sergio Bevilacqua

Esiste un fenomeno importantissimo, che sfugge alla coscienza strategica dei commentatori sui fatti bellici d’oggigiorno: la enorme importanza, in effetti poco codificata ma tanto sensibile, dei grandi Gruppi Economici Globali che sono Manifatturieri (o dalla economia manifatturiera dipendono perché del Commercio o della Finanza) e fanno il 60% del valore dell’economia umana. Essi operano al di sopra delle Leggi e delle Costituzioni dei Paesi mondiali, anche se magari in loro coerenza. Anche solo scegliendo dove operare, si presentano con un profilo di libertà mai visto nella Storia, che ancora ci ricorda da vera magistra vitae di non essere magistra vitae in epoca rivoluzionaria. Il mondo è lì, sotto i loro occhi, e le loro strategie pressoché pacifiche (non hanno quasi per nulla bombe atomiche e carrarmati) vedono il risultato dell’aumento del loro valore di aziende e di patrimonio come obiettivo vitale. Hanno strutture manageriali, meccanismi regolati per le decisioni che vedono processi saggiamente organizzativi, strutture di programmazione anche a 50/100 anni, con meccanismi di scivolamento delle previsioni fino al livello dei budget annuali. La direzione è sempre collegiale, costituita da gruppi di persone dal livello più alto (Assemblea degli azionisti, Consiglio di amministrazione) a quello più basso della catena manageriale (capiufficio).

Un esempio per tutti: già qualche tempo fa, la finanziaria globale Blackrock gestiva un patrimonio pari a 4 volte quello dello Stato Italiano; e privatisticamente, anche se con meccanismi collegiali, cioè con una efficacia ed efficienza di intervento incomparabile a quello degli Stati, rigorosamente regolato dal Diritto Pubblico (quale che sia), che impone tempi e modi a volte incoerenti (l’Italia è disastrosa in questo) con la natura stessa dell’intervento finanziario, il quale ha invece sempre tempi caratteristici di maturazione e poi prima o poi decade. Quest’ultimo tema è il motivo per cui le economie centraliste e le democrazie inefficienti spesso dilapidano valore anziché crearlo, generando inoltre fenomeni organizzativi in economia destinati a soccombere alla concorrenza.

Ed ecco perché qualche Stato tira fuori i carrarmati, i missili e le bombe atomiche: non avendo la possibilità di soddisfare la propria gente con l’economia (attenzione: il riferimento è all’economia di trasformazione, che s’innerva nella società creando il volano di una classe media motivata e dinamica, che la ravviva tutta) ecco gli establishment politici strizzare l’occhio ai militari e usare la guerra come forma di affermazione e oblio di massa. Ora, questa ultima è la strada dei Paesi ad economia povera o primaria, spesso concentrata in oligarchie che detengono il potere politico e il controllo della “valigetta” coi comandi della guerra, il comportamento umano più pericoloso e primitivo. Paesi primari che, attenzione, generano anche un loro caratteristico equilibrio di tipo neofeudale. Sotto analogo modello amministrativo e civile certamente l’umanità ha vissuto per millenni, con la sola esclusione gli ultimi 3 secoli circa, ove la rivoluzione industriale ha cambiato il mondo: così i paesi primari (corretto parlare di Paesi primari e non di Paesi secondari, in quanto l’economia di trasformazione è sempre più nomadica) ove possono presentarsi enormi concentrazioni proprietarie di risorse estrattive di vario tipo, agricoltura e allevamento quando va bene, da cui consegue, come nell’era feudale, pioggia assistenziale in vario modo sui popoli. Così in tutto l’Islam, col cadeau del corpo femminile a tener sotto controllo (e basso) il profilo di voglia di crescere del competitivo maschio umano. Ma così anche in Russia: certo un mercato di circa il doppio dell’Italia (140 milioni di consumatori), appena di più del modernissimo Giappone, può fare qualcosa, ma le aziende globali ragionano su miliardi, non decine e lì fanno le loro economie di scala e curve di esperienza. Mentre basta un PIL discretamente distribuito per premiare quei pochi che hanno voglia di correre e dare da sopravvivere a quelli che invece si lasciano vivere con la sussistenza o poco più. A Mosca come a Casablanca, mutatis mutandis: differenze culturali evidenti da scuola elementare nascondono grandi somiglianze di struttura economica e di clima societario.

E molti si deliziano ancora di geopolitica come Wellington e Napoleone … è vero che si sottovaluta molto il confine alaskano, dove lo stretto di Bering è un punto tanto freddo (ma sempre meno…) quanto incandescente… E la domanda ingenua “Non sarà forse la Russia a tentare di difendersi dall’accerchiamento NATO, volendo allontanarla, non volendo essere spiata?” Non è la NATO, è il progresso umano, di cui la NATO è parte, anche se ne è un aspetto deformato, ad attaccare pacificamente (con l’economia) la Russia, che non ha saputo o potuto fare il salto verso un Paese di economia secondaria.

Il vero problema è dunque l’economia. Che non significa solo consumi. Come detto, la Russia è paese Primario (come la Lega Araba oppure il Canada). Le grandi corporation globali (Occidente e Cina) fanno (o provengono da) economia di trasformazione, e così i loro Paesi di riferimento storico (ormai, ma resistenti e opportuni), che sono Secondari (cioè, nella loro società c’è dinamismo e classe media non di reddito ma di ruolo, ingranaggio centrale della vita economica della civiltà). E così le loro espressioni finanziarie, che sono basate sull’economia secondaria e solo in piccola parte sulla speculazione sulle Materie Prime. Non c’è accerchiamento: sono ingenuità da giocatori di Risiko (la geo-politica), invece in Russia c’è ritardo economico e interesse materiale primitivo.

Rimane che le sinergie eurasiatiche sarebbero immani, e interesserebbero a tutti, salvo a un establishment USA vecchio e falso. Ma occorre fare molta attenzione: perché non è chiaro se Putin vuole fare lo zar oppure capisce che il valore della Russia non sta solo nelle risorse primarie ma anche nell’essere anello di congiunzione a molti livelli tra Europa e Asia e Cina soprattutto. E quest’ultimo ruolo sarebbe incompatibile con l’imperialismo.

A chi, preso da propaganda opportunistica e manovrata, aderisce all’interpretazione falsa che l’Occidente voglia trascinare, invitare la Russia a super-guerre, magari anche spaziali, va risposto che interessi bellici spiccatissimi certo ce li ha direttamente l’establishment russo (coincidenza politica-oligarchia economica primaria). Innegabile che dall’altra parte ci sia molta attenzione e mentre, come al solito, la società civile è più avanti della politica, l’economia indirizza anche Occidente e Cina, seppur per l’Occidente in modo meno “coeso” con la politica e per la Cina, secondaria, di diverso indirizzo rispetto a Russia e Lega Araba.

La Pace è oggi tornata a perdere il suo valore profondo, è tornata materia ideologica, e così rischia di divenire strumento a sostegno di chi la guerra vera l’ha fatta partire, e per “guerra vera” intendo missili e carrarmati, bombardamenti e violenze fisiche (Putin e Hamas). Non è così la politica e l’economia. Bombardamenti e carrarmati sono risposte di violenza animalesca, subumane. E se un orso famelico ti attacca in un habitat comune, come è sempre la Terra nell’Antropocene, c’è solo un sistema: renderlo innocuo. O in gabbia o al creatore.

E non tutto è sempre chiaro: ad esempio, ENI sotto sotto fa il tifo anche per i Primari, che si oppongono con le armi soprattutto alle energie alternative e al nucleare in primis, essendo ricchi col carbonio (carbone gas petrolio. che inquinano tra l’altro al massimo). I cinesi sono prossimi a 100 (cento!) centrali nucleari. Quindi a loro il carbonio non interessa molto, ma sanno da bravi commercianti (non assassini, commercianti!) che i loro legittimi concorrenti occidentali sono molto carbonio-dipendenti. E quindi non si fanno scappare un vantaggio competitivo: metterli nei guai con l’energia.

Ma fare la guerra, non lo faranno mai.

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