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Arte & Cultura

Musica italiana, quella generazione straordinaria e misteriosa per l’estero

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La cultura musicale italiana è costellata  da grandi talenti che spesso non sono riusciti a varcare i confini nazionali. L’intraducibilità dei testi delle canzoni e la scarsa conoscenza della lingua italiana sono alcune delle cause che impediscono la promozione di un così grande patrimonio culturale garantendolo anche alle generazioni future come  succede ora con Verdi, Rossini e i grandi artisti classici.

di Gianni Pezzano

 

Nello spazio di pochi giorni la Rai ha trasmesso due programmi che hanno messo in risalto una generazione di cantanti italiani straordinari. Nelle prime serate del Festival della Musica Italiana di San Remo abbiamo sentito i partecipanti presentare le loro cover di grandi  successi italiani del passato. Poi, lunedì sera abbiamo visto la prima serata della fiction RAI  ‘C’era una volta Studio Uno’ ambientata nella ormai leggendaria trasmissione RAI degli anni 60.

Per qualcuno nato e cresciuto all’estero questi due programmi hanno fatto capire di nuovo quanto non si conosce della Storia della musica leggera italiana. La generazione d’oggi ha comunicazioni internazionali tramite clic del pc, smart phone e tablet, ma fino a non tanto tempo fa non esistevano i mezzi per poter far conoscere questi cantanti e scrittori come Mogol al mondo, soprattutto in inglese.

Quando durante la finalissima di San Remo hanno presentato il Premio Luigi Tenco, quanti all’estero conoscevano la verità tragica dietro quel nome? Durante la fiction quanti all’estero e, tristemente, tra giovani d’oggi in Italia, hanno riconosciuto i personaggi veri che hanno dato vita a un caposaldo della Cultura popolare italiana?

Purtroppo la risposta è che pochi li conoscono. In Italia perché i cantanti nuovi hanno preso il posto delle generazioni precedenti e all’estero perché gli emigrati italiani in tutti i continenti non hanno avuto la possibilità di conoscerli.

Basta pensare a tre colonne portanti della musica che non hanno mai messo piede fuori l’Europa e quindi non sono conosciuti dal grande pubblico mondiale. Mina, Adriana Celentano e Lucio Battisti hanno scritto, o interpretato pezzi classici della nostra musica, ma non hanno mai avuto un seguito internazionale che cantanti simili in inglese, francese o spagnolo avrebbero avuto. A questi cantanti possiamo aggiungere nomi come Lucio Dalla, Fabrizio de André e Gino Paoli. Poi bisogna aggiungere anche il paroliere che ha avuto successi mondiali da cinque decenni, ma il cui nome è sconosciuto al pubblico non italofono, Mogol.

Una grande parte della spiegazione è fin troppo semplice e quindi proprio imbarazzante per l’Italia come paese. Per apprezzare questi cantanti e parolieri bisogna conoscere bene la nostra lingua. La musica di Battisti, Dalla e de André è inseparabile dalle parole. Per quanto possano essere bravi i traduttori dei loro brani in altre lingue, non potrebbero mai avere la stessa bellezza e lo stesso potere dell’originale.

Promuovere questi artisti è un obbligo per il nostro paese e per due motivi ben specifici, anche se diversi tra di loro.

Il primo è che la loro musica è cosi bella e potente che sarebbe un mezzo ideale per incoraggiare i nostri parenti e amici all’estero a imparare l’italiano. Questo poi aprirebbe la porta al voler leggere i libri italiani e poter vedere finalmente e capire davvero i film classici italiani finora ignorati dal pubblico mondiale. Un esempio di un film straordinario che è impossibile apprezzare in altre lingue è ‘Amici Miei’ di Mario Monicelli, dove la “supercazzola” di Ugo Tognazzi è soltanto uno dei giochi di parole impossibili da tradurre e rendere in moltissime altre lingue e particolarmente in inglese.

Il secondo motivo per cui bisogna agire è molto più triste e temo che sia già troppo tardi per alcuni dei cantanti citati. L’età è crudele benché alcuni siano ancora attivi con dischi nuovi se non concerti, stiamo arrivando alla fine di una generazione straordinaria di talenti italiani. Per de André, Dalla e Tenco è già troppo tardi. Purtroppo nel non distante futuro pian piano vedremo sparire Mina, Celentano, Paoli, Mogol e gli altri e cominceremo a sentire i soliti rimpianti che non erano apprezzati abbastanza e che dovevamo fare di più per promuoverli all’estero.

Per quanto ci vantiamo d’avere il Patrimonio culturale più grande e importante del mondo, commettiamo sermpre l’errore imperdonabile di pensare che gli altri paesi lo sappiano. Tristemente non è così e di nuovo San Remo ci ha dato la prova con le serata delle cover.

La Cultura non si promuove da sola, ma con un programma preciso e vasto, iniziando dal promuovere e insegnare l’italiano, a partire dai discendenti degli emigrati italiani. I fondi spesi per queste classi non sono sprecati come molti pensano, anzi sono un investimento.

Aumentare il numero di italofoni del mondo nel tempo vorrebbe dire vendere di più libri, musica e film, oltre a creare un nuovo mercato di turisti italiani che avrebbero voglia di vedere dal vivo le meraviglie che studiano nei libri e vedono nel film e alla televisione italiana già trasmessa nel mondo.

Il migliore onore che potremmo fare ai nostri grandi talenti è di assicurare che siano conosciuti anche fuori i confini del nostro paese e garantire che quando non ci saranno più che le loro opere, cantate, scritte, o in qualsiasi forma saranno presentate per generazioni nel futuro come succede ora con Verdi, Rossini e i grandi artisti classici.

Agiamo ora, perché il talento deve essere riconosciuto e ricordato e non scordato il giorno stesso della sepoltura.

 

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