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In Iran, migliaia di persone in strada sfidano la polizia

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Iran, 450 arrestati e 22 uccisi perché chiedevano “pane e acqua”.

di Vito Nicola Lacerenza

 

Da giorni, migliaia di persone, nelle varie regioni dell’Iran, si sono riversate per le strade tirando pietre, bruciando auto e assaltando le stazioni di polizia. In alcuni casi, anche con armi da fuoco. È esplosa così la rabbia di un popolo, logorato da anni di dilagante corruzione e di un’asfissiante crisi economica. «Attualmente sto lavorando, ma in questo paese vivo con la paura di essere licenziato da un giorno all’altro- ha detto Arya, un infermiere iraniano- Temo sempre per il mio lavoro, la mia famiglia, la sicurezza dei miei cari Il problema è che la gente è alle prese con un’economia precaria». La situazione, però, è ancora più difficile per chi un lavoro non c’è l’ha. «C’è gente così povera che non riesce neppure a provvedere ai bisogni dei propri familiari- ha detto Farzaner, una casalinga iraniana- La vita è molto difficile. Io ho un figlio e una figlia, entrambi vanno a scuola. Il costo della retta è elevatissimo e questo mi mette sotto pressione».

Storie di una quotidianità sempre più impossibile, nelle quali va ricercata la spiegazione per quello che sta succedendo. Per anni la repubblica islamica ha subito pesanti sanzioni, imposte dall’Europa e dagli Stati Uniti, per gli eccessivi sforzi nella produzione di centrali nucleari. Potenzialmente utilizzabili per assemblare ordigni atomici. A queste, si sono aggiunte, poi, una crescita esponenziale della corruzione nel paese e una cattiva gestione delle sue risorse. Il che ha fatto sprofondare l’Iran nella durissima crisi economica in cui si trova oggi. La soluzione al problema avrebbe dovuto essere la rielezione, avvenuta a maggio dell’anno scorso, dell’attuale presidente del paese sciita, Hassan Rouhani. Quest’ultimo ha promesso di rimettere in moto l’economia all’insegna di “una società più moderna” e del “lavoro per i giovani”. Missione fallita, evidentemente. In questi giorni, i suoi ex elettori hanno marciato in massa, gridando slogan inneggianti alla sua morte. Rouhani, da parte sua, ha riconosciuto il reale malcontento della popolazione. «Secondo me non si può dire che chi sta protestando sia spinto dalle altre nazioni- ha detto il presidente iraniano in una conferenza stampa- La maggior parte dei manifestanti è scesa in strada per dire “vogliamo soldi, pane e acqua”».

Intanto, il governo ha usato il pugno di ferro per reprimere gli insorti. Finora il bilancio è di 22 morti e 450 arresti da quando le proteste hanno avuto inizio. «Le proteste sono un’opportunità, non una minaccia» ha detto Rouhani ai giornalisti. La verità, però, è che la polizia aiutata dai “Guardiani della Rivoluzioni”, braccio armato del governo islamico che instaurò la repubblica nel 1979, ha attuato con inaudita violenza, attirando su di sé le critiche del Presidente americano Trump e l’invito della rappresentante per politica estera dell’UE, Federica Mogherini, affinché “il diritto a manifestare pacificamente sia garantito.” Intanto la situazione in Iran è tutt’altro che prevedibile e potrebbe precipitare da un momento all’altro. Bisogna augurarsi che la repressione da parte dell’autorità non esasperi ancora di più un popolo sull’orlo della disperazione.

 

 

 

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