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Arte & Cultura

Giuseppe Cataldo e la Campania Felix dopo la pandemia

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Tempo di lettura: 4 minuti

Campania Felix di Giuseppe Cataldo è anche il racconto della bellezza della terra di appartenenza, un inno alla vita e alla capacità di assaporare i doni che la natura ci offre

Di Francesca Rossetti

Giuseppe Cataldo, autore di origine campana, ha da poco pubblicato il libro “Campania Felix” in cui parla della sua terra dopo la pandemia: a lui la parola.

Chi è Giuseppe Cataldo e come nasce l’idea di un libro sulla pandemia?

Giuseppe Cataldo è un piccolo ingranaggio, un granellino di sabbia, parte integrante di un insieme, che ha capito di aver voce.

Il libro, il viaggio come amo definirlo, non parla della pandemia in senso stretto bensì da essa parte per dimostrare dapprima quanta resilienza e poi quanta resistenza abbiamo: c’è una differenza profonda tra resilienza e resistenza. La prima testimonia la capacità di adattamento, la seconda è la capacità di reazione. Il libro nasce in un momento in cui tutto era fermo, anche la mia vita è rallentata, e, ragionando sempre in termini positivi, da questo “ rallentare” è sorta la necessità di affrontare le mie, le nostre, paure, i limiti, attraverso spunti di riflessione. Una delle paure che vivevo a pelle era quella di un dilagare verso la disgregazione sociale: vivevo il vuoto attorno a me, da privilegiato essendo uno dei pochi liberi di muoversi. Ho iniziato, così, a riflettere su quanto la narrazione incide ed ha inciso nel condizionare la vita sociale e politica di un popolo. Nel viaggio non ho potuto non notare, con i miei compagni di viaggio, la grande bellezza che ci circonda, paesaggistica, storica e umana. Questo mi ha donato forza nei momenti di scoramento che pur ci sono stati.

Il libro si intitola “Campania Felix”: in che senso?

Il titolo è volutamente provocatorio. Da Plinio il Vecchio ad oggi ne è passato di tempo (sorride). Vede, parto dal presupposto che non si può più vivere solo di memorie storiche in quanto si rischia di restare immobili, schiacciati dal ricordo di una terra che fu grande. Al pari denuncio una narrazione a tinte fosche che, da un primo momento di denuncia, legittimo, ha insistito a tal punto da condizionare il presente della mia regione e forse dell’intera Italia. L’insistere, infatti, sempre e comunque, sui lati negativi, su determinate tematiche, dimenticando il buono che ci circonda, ha fatto sì che questa narrazione diventi, o rischi di diventare, modello. La pandemia in questo come in altre cose è stato un evidenziatore. Da qui nasce l’idea di cercare, attraverso una narrazione positiva, di portare equilibrio, indicando, con esempi del vissuto campano, nuovi modelli a cui tendere, sottolineando la capacità di reazione sociale, il bello ed i valori che a leggere i media sembrano essere scomparsi. Forse perché il positivo ed il bello non fanno notizia eppure è da lì che bisognerebbe ripartire per disegnare una nuova normalità. Abbandonare, dunque, tutti la logica di un “like” in più per abbracciare la logica di una ricomposizione sociale analogica, sfruttando lo sviluppo e non subendolo, di una società in cui il confronto sia reale e non di plastica. Se ci impegniamo si può fare: basta riabituare la collettività al bello ed al positivo, abbandonando la logica dei contro e dell’individualismo che non ha portato, Lei converrà con me, sviluppo, anzi.

Come è la situazione attuale del Covid 19 in Campania rispetto ad altre regioni?

Se mi permette, poco importa come sia la situazione del Covid in Campania. Esiste, va affrontato con tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. Non con le privazioni, però, non più, a cui va fatto ricorso solo e soltanto in estrema ratio. Tanto meno coi personalismi bensì affidandoci alla scienza. In un capitolo parlo dell’alveare: l’insieme funziona se ognuno fa la sua parte senza protagonismi divisivi.

Il ruolo della sanità e della rivoluzione di pensiero

La sanità deve essere ridisegnata, la pandemia ci ha indicato la strada. Rafforzare la medicina territoriale è doveroso. Con Meritocrazia Italia, associazione socio culturale che rappresento a livello regionale ci stiamo battendo tanto per questo. Si punta ancora e troppo sull’edilizia ospedaliera quando, a parer nostro, bisognerebbe fare investimenti importanti sulla medicina di base anche attraverso l’uso di nuove ed efficaci tecnologie. La sanità deve poter rimettere l’uomo al centro, che in questo caso è un paziente. Curare il benessere collettivo con azioni di prevenzione, con attività programmate e pianificate. In questo aiuterebbe non poco una rivoluzione del pensiero: investire, controllare, efficientare in un ciclo continuo. Anche in questo caso è una questione di modelli: bisognerebbe prendere i modelli migliori e replicarli attraverso pianificazioni e programmi. Guardi, il tutto e subito genera emergenze e le emergenze, oltre a far danni, corrono sempre più velocemente delle risposte.

Come superare la paura del virus ritornando alle antiche tradizioni

Con un’ azione pari e contraria alla forza con cui la abbiamo prodotta.

Le paure sono tante: paura del virus in senso stretto, paura verso il presente, ci si è aggiunta anche una guerra, paura verso il futuro. Ogni paura va affrontata e superata con forza, in modo proattivo, altrimenti si rischia di rimanere prigionieri e non mettere in campo tutte le energie necessarie per una rinascita. Di anno zero non ne ho sentito più parlare ma, visto che il passato recente, prepandemico, in regione Campania ed in Italia non era florido, ecco io mi sarei aspettato più coraggio verso una programmazione di normalità diversa anche rispetto a quella passata: più equa e con un progetto realmente inclusivo. Parlo, infatti, in un capitolo della relatività del concetto di normalità

Prossime presentazioni

Benevento, Qualiano, Aversa, Roma solo alcuni delle tappe già fissate, ho un calendario fitto che parte dalla Campania ma andrà ben oltre in un viaggio infinito, d’altronde avrà notato che il viaggio, il libro, non ha una fine. La ringrazio per l’intervista e saluto i lettori.

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