Politica
Illegittimità costituzionale blocco rinnovo contratti pubblico impiego
Confsal: E’ stato dettato un fondamentale principio di civiltà giuridica. Il Governo ne prenda atto.
Roma, 25 giugno – La Confsal, in relazione alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità del blocco della contrattazione collettiva, esprime grande soddisfazione per l’esito del suo ricorso. In merito, il segretario generale della Confederazione autonoma Marco Paolo Nigi, ha dichiarato in una nota: “con la sentenza è stato dettato un fondamentale principio di civiltà giuridica a tutela dei lavoratori. D’ora in avanti non saranno più ammessi blocchi della contrattazione collettiva e non potrà più essere impedito al Sindacato di rappresentare i diritti e gli interessi normativi e economici dei pubblici dipendenti.” Si tratta della risposta della Corte Costituzionale sul ricorso contro il blocco dei contratti che era stato presentato dal sindacato Confsal-Unsa che se accolto in pieno avrebbe comportato un esborso per lo Stato di almeno 35 miliardi per il periodo tra il 2010 e il 2015. La Corte Costituzionale riunita in due giorni di camera di consiglio per decidere su questa delicatissima questione, ha decretato che il mancato rinnovo del contratto del pubblico impiego negli ultimi 6 anni è illegittimo, anche se la sentenza non vale per il passato. “La Corte Costituzionale, in relazione alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con le ordinanze R.O. n. 76/2014 e R.O. n. 125/2014, ha dichiarato,”- recita la sentenza – “ con decorrenza dalla pubblicazione della sentenza, l’illegittimità costituzionale sopravvenuta del regime del blocco della contrattazione ita collettiva per il lavoro pubblico, quale risultante dalle norme impugnate e da quelle che lo hanno prorogato. La Corte ha respinto le restanti censure proposte”. Per gli oltre 3 milioni e 300 mila dipendenti pubblici il blocco contratti ha significato una perdita di circa il 10% della busta paga, in media un lavoratore del settore pubblico in cinque anni ha perso ben 4800 euro di stipendio. Da qui le proteste sindacali ed il ricorso attuato da Confsal-Unsa, che ha portato alla sentenza attuale, contro il blocco del rinnovo dei contratti per i lavoratori del pubblico impiego, che era stato inserito da vari governi in decreti per il risanamento dei conti pubblici a partire dal 2009.