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Quando le due parti della nostra anima si scontrano tra olimpiadi, mondiali e anche sul campo culturale – When the two parts of our soul clash between the Olympics, World Cup, and even on the field of culture

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Tempo di lettura: 10 minuti
di emigrazione e di matrimoni

Quando le due parti della nostra anima si scontrano tra olimpiadi, mondiali e anche sul campo culturale

Mentre ci avviamo verso la fine dei Giochi Olimpici di Parigi, vogliamo vedere come manifestazioni sportive come i Giochi Olimpici, i Mondiali e gli Europei di calcio, la Formula 1 e molte altre svolgono un ruolo importante anche nel senso dell’identità di emigrati e dei loro discendenti.

Conosciamo tutti il senso di orgoglio che si sente in seguito a vittorie sportive importanti. Basta pensare ai mondiali di Spagna del 1982 dove l’Italia vinse un titolo memorabile dopo un inizio quasi timoroso che poi ha preso una svolta importante nella vittoria bellissima contro il Brasile, battendo prima l’Argentina e poi la Germania in finale.

Quella vittoria ha visto celebrazioni in tutte le comunità italiane nel mondo, attirando anche le critiche di alcuni che chiedevano, come mai una festa per una vittoria sportiva, ma non per altri motivi, magari legati alla nostra Cultura.

Da figlio di emigrati italiani, nato e cresciuto in Australia, ricorderò sempre quella mattina e poi le feste per le strade di Adelaide con una parata di migliaia di italiani fino al Parlamento Statale dove potevamo esprime pubblicamente tutto il nostro orgoglio d’essere italiani, o di origini italiane, e posso dire che la risposta a quella domanda non tanto retorica è di una semplicità disarmante.

Fino a quel giorno non potevamo festeggiare le nostre origini in modo così corale semplicemente perché non avevamo ancora avuto un motivo così inconfutabile per festeggiare.

E per capire questo bisogna ricordare che il rapporto di molti emigrati italiani verso il loro paese di nascita era, e per molti ancora lo è, di amore e odio.

Come abbiamo spiegato in un articolo recente , i motivi che hanno costretto gli emigrati a partire sono molti e non tutti semplicemente per “lavoro”, come poi diranno ai figli e i nipoti.

Certo, nelle case si vive secondo le tradizioni italiane delle famiglie, ma i rapporti con l’Italia, e spesso anche con i parenti, non di rado sono tesi, poi trasmessi ai figli che spesso hanno una visione critica verso il paese, anche dopo generazioni come vediamo negli scambi tra discendenti sui social, che mostrano chiaramente che le idee verso l’Italia non riflettono il paese moderno, che è anche tra le prime 7 potenze economiche del mondo…

Ma in questo articolo vogliamo trattare la visione dei discendenti verso il paese d’origine dei genitori/nonni. Non solo devono considerare quel che i genitori/nonni dicono, devono anche affrontare situazioni che i genitori/nonni non potevano immagine nel loro nuovo paese di residenza, che è anche il paese di nascita dei figli/discendenti.

Per la nostra generazione, cioè i figli degli emigrati post-guerra, abbiamo dovuto affrontare pregiudizi verso noi italiani nati non tanto dalla televisione/cinema, ma anche il parere di padri dei nostri coetanei a scuola che pochi anni prima avevano combattuto contro soldati italiani.

Per molti di noi, questo voleva dire che una buona parte di loro non ci ha mai considerati “australiani” veri e per loro eravamo, e siamo ancora italiani. Un colmo per molti di noi, perché i nostri genitori volevano che diventassimo “australiani,” oppure, americani, inglese, francesi argentini, e così via.

Ed è con questa mentalità che, al nostro primo viaggio in Italia, abbiamo scoperto che per molti italiani non siamo “italiani”, ma australiani, ecc., ecc., …

Inoltre, a scuola non abbiamo saputo molto del nostro Patrimonio culturale perché, oltre l’Impero Romano, e qualche cenno al Rinascimento, non ci insegnavano niente della Storia e la Cultura d’Italia.

Quindi, ci vuole poco per capire i nostri festeggiamenti nel 1982 quando potevamo finalmente esprimere tutto il nostro orgoglio. Ma, tutto questo non voleva dire non essere orgogliosi della parte australiana (americana, argentina, ecc.) della nostra identità, però, come nel primo viaggio, abbiamo avuto altre occasioni per sentirci in disagio quando lo sport ha messo insieme italiani e australiani in tornei, sia in squadre che individuali.

Infatti, lo sport ha un ruolo fondamentale per l’immagine internazionale di un paese e quindi ogni vittoria era la “prova” inconfondibile” della superiorità del proprio paese.

Allora, ogni scontro sportivo diventa difficile, non solo perché è una battaglia tra le due parti della nostra identità, ma anche perché molti autoctoni, e non solo in Australia, utilizzano lo sport per disprezzare altri paesi.

E, visto che ogni paese ha le proprie specialità, ci son quelli in cui il paese di residenza è forte, e in altri dove l’Italia è forte.

Quindi, ogni scontro tra l’Australia e l’Italia diventa una particolare forma di tortura, e credo di non essere l’unico a individuare due occasioni dove noi italo-australiani abbiamo sofferto molto, entrambe nel calcio, la prima durante il torneo olimpico a Sydney nel 2000, e la seconda per gli ottavi di finale dei Mondiali in Germania nel 2006, una partita decisa da un rigore che gli australiani consideravano “generoso” e gli italiani “giusto”.

Per anni dopo abbiamo sentito regolarmente le lamentatele di australiani per il rigore nella partita del Mondiale, e ammetto che difendo l’Italia, ma ammetto anche che la parte australiana di me si indignava quando un italiano diceva “abbiamo fregato gli australiani”…

Ciascuno di noi ha trovato il proprio modo per risolvere questi conflitti, nel nostro caso, facciamo il tifo per la squadra o lo sportivo meno forte perché, inevitabilmente, è l’occasione con cui lo sciovinismo/senso di superiorità si fa sentire di più in seguito alla quasi inevitabile sconfitta.

E posso dire, precisamente per questo motivo, che nel 2022 dopo una partita stupenda della nazionale italiana di rugby, ho festeggiato la vittoria italiana contro l’Australia a Firenze.

Attenzione però, questo non vuol dire che io non sia orgoglioso del mio paese di nascita, ma il riconoscimento che dentro di me, non voglio che una parte della mia identità sia più grande/importante dell’altra.

I Giochi Olimpici, i Mondiali di qualsiasi sport, e le grandi manifestazioni sportive sono le occasioni in cui ogni paese esprime al massimo il proprio orgoglio, ma per noi figli/discendenti di emigrati, sono anche occasioni che mettono in conflitto due parti della nostra identità personale e vedendo i commenti sulle pagine social di italiani all’estero, mi rendo conto di non essere l’unico a trovarsi a disagio quando due nazionali si scontrano sui campi sportivi.

Però, dobbiamo anche finire con l’osservazione importante che abbiamo nominato sopra perché non è affatto giusto che l’orgoglio delle nostre origini debba basarsi solo su vittorie sportive.

L’Italia, come paese, deve fare molto, ma molto di più, per fare capire ai discendenti dei nostri emigrati che lo sport NON è l’unico motivo d’essere orgogliosi verso le nostre origini italiane.

Basta fare un giro delle pagine social per vedere anche moltissime foto di piatti per capire che tanti discendenti vedono solo la nostra cucina come motivo di orgoglio, ed è ora che cominciamo a diffondere di più gli altri aspetti del nostro paese che il mondo non ha mai capito del tutto.

Allora vogliamo finire con un appello ai nostri addetti per la promozione della nostra Cultura al mondo.

Vi chiediamo di non ripetere la frase “tutto il mondo sa XXX” del nostro paese, perché, da esperienza diretta, sappiamo che non è affatto vero, iniziando proprio dai figli/discendenti dei nostri emigrati.

Mentre sui campi sportivi è facile capire chi è il più forte, bisogna solo consultare l’albo dei vincitori, nel campo culturale è difficilissimo farlo capire se non siamo noi a insegnarlo al mondo, ed in questo abbiamo ancora moltissimo da fare, partendo dall’insegnamento della nostra lingua, prima di tutto agli oriundi, perché, senza la lingua è impossibile capire fino in fondo la grandezza del nostro Patrimonio Culturale…

When the two parts of our soul clash between the Olympics, World Cup, and even on the field of culture

As we approach the end of the Paris Olympic Games, we want to look at how sporting events such as the Olympics, the World Cup, the European Championships, Formula 1, and many others play an important role even in the sense of identity of migrants and their descendants.

We all know the sense of pride that we feel following a major sporting win. We only have to think about the 1982 World Cup in Spain where Italy won a memorable title after a, to say the least, timid start, that then took a major turn after a wonderful win against Brazil, to then defeat first Argentina and then Germany in the final.

That win saw celebrations in all the world’s Italian communities, even drawing the criticism of some who wondered why there was a party for a sporting win, and not for other reasons, perhaps linked to our Culture.

As the son of Italian migrants, born and raised in Australia, I will always remember that morning, and then the party in the streets of Adelaide with a parade of thousands of Italians up to the State’s Parliament House where we could express all our pride of being Italians, or of Italian descent, and I can say that the answer to that not very rhetorical question is of disarming simplicity.

Before that day we could not celebrate our origins so loudly simply because we had not yet had such an unmistakable reason to celebrate.

And to understand this it must be remembered that the relationship of many migrants towards their country of birth was, and for many still is, one of love and hatred.

As we explained in a recent article,  the reasons that forced migrants to leave are many and not all of them simply “to work”, as they will then tell their children and grandchildren.

Of course, at home we live according to Italian family traditions, but the relations with Italy, and often also with relatives, are not infrequently strained, which is then passed on to the children who often have a critical view of the country, even after generations as we see in the exchanges between descendants on the social media who clearly show that their ideas about Italy do not reflect the modern country that is also one of the world’s top 7 economic powers…

But in this article, we want to deal with the descendants’ view of the country of origin of the parents/grandparents. Not only do they have to consider what the parents/grandparents say, they must also face situations that the parents/grandparents could not imagine in their new country of residence, that is also the country of birth of their children/grandchildren…

For our generation, that is, the children of post-war migrants, we had to face prejudices towards we Italians created not so much by TV/movies, but also by the opinions of the fathers of our peers at school who had fought against Italian soldiers a few years earlier.

For many of us, this meant saying that a good part of them never considered us true “Australians”, and for them we were, and still are, Italians. This was a problem for us because our parents wanted us to become “Australian”, or Americans, English, Argentines, and so forth.

And it is with that in mind that, on our first trip to Italy, we discovered that for many Italians we are not “Italian” but Australians, etc., etc., …

Furthermore, we did not find out much about our Cultural heritage at school because, apart from the Roman Empire, and a few mentions of the Renaissance, they did not teach us anything about Italy’s history and Culture.

Therefore, it does not take much to understand our celebrations in 1982 when we could finally express all our pride. But all this did not mean we were not proud of the Australian (American, Argentine, etc) part of our identity, however, as in our first trip, we had other occasions to feel uneasy when sport put together Italians and Australian in tournaments, both team and individual.

In fact, sport has a fundamental role for the international image of a country, and therefore every win was unmistakable “proof” of the superiority of your country.

So, every sporting clash becomes difficult, not only because it is an internal battle between the two parts of our identity, but also because many natives, and not only in Australia, use sport to disparage other countries.

And, seeing that every country has its own specialities, there are those in which the country of residence is strong, and others in which Italy is strong.

Therefore, every clash between Australia and Italy becomes a particular form of torture, and I believe I am not the only to identify two occasions in which we Italo-Australians suffered a lot, both in football (soccer). The first during the 2000 Olympic tournament in Sydney, and the second during the round of sixteen of the 2006 World Cup in Germany, a game decided by a penalty, that the Australians considered “generous”, and the Italians “fair”.

For years after, we regularly heard the Australians complain about the penalty in the World Cup match, and I admit I defend Italy, but I also admit that the Australian part of me was outraged when an Italian would say “we got one over the Australians”…

Each one of us found our own way to resolve these conflicts, in our case, we cheer on the less strong team or the athlete because, inevitably, it was the occasion for the chauvinism/sense of superiority makes it felt the most following the almost inevitable win.

And for precisely this reason, I can say that in 2022 after a stupendous game by match by the Italian national rugby team, I celebrated Italy’s win against Australia in Florence.

Mind you this does not mean I am not proud of my country of birth, but it was the recognition that within me, I do not want one part of my identity to be bigger/more important than the other.

The Olympic Games, the world championships of any sport, and the great sporting events are the occasions in which every country expresses its pride to the fullest, but for us children/descendants they are also occasions that put the two parts of our personal identity into conflict and seeing the comments on the social media pages of Italians overseas, we realise we are not the only ones who feel uncomfortable when two national teams meet on sports fields.

But we must also finish with the important observation that we mentioned above because it is not at all proper that our pride in our origins should be based merely on sporting victories.

As a country, Italy must do much, much more to make the descendants of our migrants understand that sport is NOT the only reason to be proud of our Italian origins.

We only have to do the rounds of the social media pages to also see a lot of photos of dishes to understand that many descendants see only our cuisine as a source of pride, and it is time we started to spread more about the other aspects of our country that the world has never fully understood.

So, we want to end with an appeal to our experts on the promotion of our Culture to the world.

We ask you not to repeat the phrase “all the world knows about XXX” about our country because we know from first-hand experience that this is simply not true, starting with the children/descendants of our migrants.

While on the sports fields it is easy to understand who is the strongest, we only have to look up the list of wins, in the field of culture it is difficult to make this understood if we are not the ones to teach it to the world, and in this we still have a lot more to do, starting with teaching our language, first of all to the oriundi (descendants of Italian migrants) because without the language it is impossible to fully understand the greatness of our Cultural Heritage…

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