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Ambiente & Turismo

La Lombardia tra il Covid e la Diossina

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Alla fuga di diossina in Brianza negli anni ’70 seguì la chiusura della zona e le relative azioni di bonifica. Non così per il covid19 che da mesi gode di una gestione da parte di Regione Lombardia non all’altezza di quella che fu la “gestione diossina”

Di Ezio Cartotto

Recentemente la Lombardia è stata colpita dal covid19 tanto da finire sulle pagine di molti giornali stranieri come luogo da evitare.

Questo inevitabilmente riporta alla mente la grave questione dell’Icmesa di Meda che colpì in modo devastante la Lombardia e in particolare la Brianza negli anni’70 del secolo scorso.

La diossina, così è ricordata tale vicenda, ha fatto balzare agli onori delle cronache anche su importanti enciclopedie il nome della cittadina di Seveso come il centro di tutto l’accadimento. In realtà l’astuto sindaco di Meda, dove si trovava lo stabilimento, Fabrizio Malgrati, seppe approfittare del vento “favorevole” che aveva soffiato al momento dell’emissione della diossina in direzione di Seveso, Cesano Maderno ed altri comuni vicini: era il 10 luglio 1976. Un’estate molto calda, sebbene un brivido di terrore abbia percorso il mondo intero per le possibili conseguenze di questa sostanza di cui nessuno aveva mai sentito parlare. Quali gli effettivi danni della diossina? Il rischio maggiore era un avvelenamento che poteva portare ad un aumento delle morti per tumore; inoltre poteva esserci la malformazione dei feti nelle donne incinte. Questi estremi più gravi non furono raggiunti se non, forse, in pochissimi casi isolati.

E’ certo che la diossina e la cloracne provocarono piaghe sui corpi delle persone esposte e pustole sui volti di altri. Al passare della nube malefica morirono non poche piante e animali in prevalenza pollame e conigli. Il responsabile di tutto ciò era il potentissimo gruppo Hoffmann –  La Roche che dovette subire l’arresto di alcuni dirigenti con conseguenti processi e condanne. In seguito pagò, a vario titolo, danni a tutte le persone coinvolte. Il terrore fu tale che in quella ricca zona della Brianza, densamente popolata, non solo ci furono grandi manifestazioni di protesta, ma anche veri e propri momenti di angoscia per le donne allora incinte.

L’ Assessore Regionale alla sanità, il democristiano Vittorio Rivolta, permise, utilizzando una deroga alla legge vigente, l’aborto alle donne che lo avessero richiesto.

La commissione medico-epidemiologica della Regione approvò un documento in cui si affermava che la diossina poteva provocare alterazioni nello sviluppo fetale e, quindi, anche il governo centrale dovette ammettere che era possibile applicare la sentenza della Corte Costituzionale sull’aborto terapeutico. In realtà le donne in attesa seguirono di più i consigli dei medici locali e dei sacerdoti e, di fatto, solo 42 donne su mille circa, abortirono: quelle che portarono a termine la gravidanza non partorirono, fortunatamente, né dei mostri né dei malati.

Ci fu poi l’aspetto economico che portò alla perdita di oltre 10.000 posti di lavoro. Allora la Regione Lombardia, di concerto con il governo italiano, creò un commissario straordinario del territorio, nella persona dell’ex senatore democristiano ing. Luigi Noè. L’ingegner Noè, ex dirigente di altissimo livello della Montedison, quindi esperto di aziende chimiche, fu un eccellente commissario e, grazie alla sua grande professionalità, in poco tempo riportò sul territorio interessato una situazione di normalità e di sicurezza.

Recintò tutte le aree contaminate: polizia e carabinieri dovettero vigilare che nessuno si avvicinasse. Per questo fu deviato anche il traffico e infine il suolo venne bonificato portando nuova terra e avviando un’opera di ripopolamento vegetale attraverso alberi e cespugli che crebbero rigogliosi.

Isolata quindi la zona in questione non vi fu più alcun danno e la Brianza ritornò più verde di prima con il grande Parco delle Querce ancor oggi orgoglio cittadino e visitato perfino dagli esperti ambientalisti.

Nell’attuale vicenda del covid19, invece, la Regione Lombardia non è stata all’altezza di quella che fu la “gestione diossina” esattamente come il governo. Tra una comica e l’altra, tra scontro di poteri tra Stato e Regioni, tra vicende di maschere e mascherine, quasi si trattasse di una commedia dell’Arte con protagonisti Arlecchino e Pulcinella, i cassa integrati hanno atteso e attendono, molte imprese e liberi professionisti chiudono, gli uffici si svuotano con i loro indotti di bar, mense e ristoranti, gli smartworkers aumentano costretti a lavorare, in molti casi, in ambienti inadatti, le scuole restano un punto di domanda.  La seconda ondata è profetizzata, come un mantra, costantemente dai media per cui se non siamo già tutti malati, lo saremo certamente domani. L’unica salvezza pare provenire da un’applicazione che diversi anziani, i più a rischio, non sanno nemmeno come scaricare su telefoni di vecchia generazione. Stavolta, forse, invece che ad un’azienda colpevole, dovremmo chiedere aiuto all’intera Europa non colpevole: o meglio ancora alla Cina, certamente colpevole.

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