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Italiani nel Mondo

Italiani, ufficiali e ufficiosi – Official and unofficial Italians

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Tempo di lettura: 10 minuti
di emigrazione e di matrimoni

Italiani, ufficiali e ufficiosi

L’anno scorso il parlamento federale australiano è stato coinvolto in un periodo di sconforto dalla scoperta che alcuni parlamentari avevano doppie cittadinanze e quindi, secondo la costituzione del paese, non potevano essere eletti al parlamento.

di Gianni Pezzano

 

Nell’ultimo articolo Italiani, italiani e italiani (https://thedailycases.com/italiani-italiani-e-italiani/) abbiamo parlato degli italiani all’estero come gruppo eterogeneo e abbiamo dimostrato che, per quel che riguarda gli aspetti della vita normale gli italiani sia in Italia and all’estero, hanno tutti le stesse voglie, speranze ed esigenze ovunque siano.

Però, in una aspetto specifico esiste una barriera ufficiale tra italiani e italiani che non ha niente a che fare con le voglie dell’individuo ma si riferisce a una legge italiana specifica che definisce chi ha il diritto d’essere ufficialmente italiano. Ovviamente si tratta della legge di cittadinanza.

Questo tema è caro a molti, sia per motivi personali che per motivi politici ed era al centro di un aspro dibattito politico l’anno scorso in Italia con la proposta di cambiare la legge dall’attuale ius sanguinis (cioè diritto alla cittadinanza in base al sangue) allo ius soli (diritto alla cittadinanza in base al luogo di nascita).

Con la vittoria dei difensori dello status quo teniamo ancora lo ius sanguinis ma dobbiamo riconoscere che, malgrado l’esistenza delle cifre ufficiali, a partire dall’A.I.R.E (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), non sappiamo con precisione quanti italiani all’estero siano cittadini italiani e quanti discendenti di cittadini italiani senza diritto alla cittadinanza.

 

Ufficiale

Avevo 22 anni quando ho iniziato le mie attività in seno alla comunità italiana di Adelaide in Australia con il Comitato Italiano di Coordinamento. All’epoca c’era un legame strettissimo tra il consolato e l’ente e quindi ho fatto amicizia con il console e una sera a cena con amici mi ha fatto la gradito sorpresa di dirmi che ero cittadino italiano. Essendo nato in quel paese, con legge di ius soli, presumevo che non avessi diritto alla cittadinanza italiana. Ora so che ero cittadino italiano sin dalla nascita.

Dopo il tempo necessario per mettere insieme i documenti necessari mi sono registrato al consolato, che all’epoca voleva dire anche registrarmi per il servizio militare nel caso decidessi di trasferirmi in Italia. Quel giorno quando l’addetto mi ha consegnato il nuovo passaporto italiano avevo in mano il riconoscimento ufficiale della parte italiana della mia anima.

Penso a questo quando iniziamo a parlare della cittadinanza perché, se non fossi stato in contatto con il console chissà dopo quanto tempo avrei saputo d’essere cittadino italiano, se non mai. Ed è proprio per questo motivo che quando leggo le cifre dei cittadini italiani ho il forte sospetto che le cifre vere sarebbero molto più grandi di quel che sappiamo.

 

Realtà

Dodici anni dopo, nel 1990, il governo italiano ha introdotto l’A.I.R.E. con l’obbligo dei cittadini di iscriversi al consolato. In effetti, questo era anche il primo passo verso quel che sarebbe diventato il voto all’estero, perché ha permesso di formare l’elenco degli elettori per le circoscrizioni estere ora presenti nelle due Camere del Parlamento italiano.

Ma quanti cittadini in giro per il mondo ci sono registrati al consolato? Temo che non lo sapremo mai.

Prima di quella data gli emigrati italiani non avevano in mente la possibilità che i loro figli volessero avere la cittadinanza italiana. Anzi, per loro i figli erano a tutti gli effetti figli della terra di nascita e perciò ho pochi dubbi che molti abbiano fatto come i miei genitori, registrare i figli con le autorità australiane, ignorando di fare altrettanto con le autorità italiane.

Quindi la realtà è che una grande parte della prima generazione di italiani nati all’estero ha la cittadinanza senza saperlo. Di conseguenza e a loro turno questi cittadini italiani in pectore hanno passato inconsapevolmente la cittadinanza ai loro figli. A peggiorare la situazione è il cambio di cognomi con matrimoni non italiani che è inevitabile nel corso del tempo.

Infatti, l’anno scorso il parlamento federale australiano è stato coinvolto in un periodo di sconforto dalla scoperta che alcuni parlamentari avevano doppie cittadinanze e quindi, secondo la costituzione del paese, non potevano essere eletti al parlamento. Tra di questo c’era un ministro del governo che era nipote di immigrati italiani nel paese ma che non aveva un cognome italiano. Alcuni hanno perso il seggio nel parlamento e altri hanno dovuto rinunciare alla seconda cittadinanza e presentarsi di nuovo al voto. Il ministro di origine italiana, come alcuni altri colleghi, ha potuto dimostrare di non aver fatto alcun atto per ottenere la cittadinanza italiana ed è tornato al suo ministero.

 

Ufficiosi

Come si può capire facilmente ci vuole poco per sapere se un membro della prima generazione di italiani nati all’estero abbia o no la cittadinanza italiana. Basta controllare se almeno uno dei genitori fosse cittadino(a) alla nascita dei figli e nel caso di coloro che hanno assunto la cittadinanza del paese di residenza un controllo del certificato di naturalizzazione fornirebbe la data definitiva del cambio.

Come hanno scoperto i parlamentari, per i nipoti e pronipoti degli emigrati diventa sempre più difficile perché dopo decenni non è facile rintracciare la documentazione giusta per poter certificare il diritto o no dell’individuo.

Dobbiamo dire che questo non coinvolge soltanto cittadini italiani, come hanno saputo con stupore gli australiani, perché i parlamentari erano di più paesi. Questa situazione è diventata ancora più complicata perché alcuni paesi non permettono ai loro cittadini di rinunciare alla cittadinanza quando ne prendono un’altra e altri paesi passano automaticamente la cittadinanza ai figli per generazioni dopo l’emigrazione.

Il risultato di tutto questo per quel che riguarda gli italiani all’estero, è che le nostre comunità nel mondo sono composte di cittadini italiani e da italiani che potrebbero o non potrebbero avere la cittadinanza, perché manca la documentazione per dimostrare i legami ufficiali.

A tutti gli effetti abbiamo italiani ufficiali, agli occhi del governo italiano per motivi elettorali, ecc.,   e ufficiosi perché, a dispetto della mancanza del riconoscimento ufficiale, questi vorrebbero mantenere i legami con il paese d’origine dei loro nonni.

Naturalmente ci sono anche quelli che cercano la cittadinanza per poter lavorare in Europa, come abbiamo visto in passato con giocatori di calcio che hanno fornito documentazione falsa per poter essere considerati come giocatori italiani o di altre cittadinanza europee, invece che extracomunitari per evitare i limiti imposti dai regolamenti delle varie federazioni di calcio nel Vecchio Continente.

 

Conseguenze

Recentemente ho letto un post sui social media che ha dato la colpa per la cifre vaghe alle “solite cose italiane, affari approssimativi”, senza tener in mente che la colpa è da attribuire tanto al comportamento degli emigrati, quanto alle incertezze create dalla legge di ius sanguinis che passa la cittadinanza ai figli ovunque siano nati.

Inoltre, il caso del parlamento australiano dimostra che le linee di demarcazione spesso non sono chiare e dunque aperte a interpretazioni che a volte sono sbagliate.

Ma questa incertezza di essere italiani “ufficiali” o “ufficiosi” non deve cambiare l’atteggiamento verso gli italiani all’estero, perché non manca la voglia forte da parte di moltissimi di entrambe le categorie di voler mantenere contatti con il Bel Paese e di voler sapere il più possibile, sia delle proprie origini che del proprio patrimonio culturale.

Perciò dobbiamo considerare tutti quando parliamo degli italiani all’estero, perché sono tutti potenziali ambasciatori non solo della nostra Cultura e turismo, ma in molti   sono già consumatori, promotori e venditori dei nostri prodotti, di tutti i generi, e di conseguenza svolgono già un ruolo importante per la nostra economia.

Ma possono fare ancora di più se, come paese, capiamo che sono una nostra risorsa essenziale e non semplicemente parenti e amici che abitano in altri paesi. Sono molto, molto di più e come paese non l’abbiamo ancora capito.

Inviate le vostre storie a: gianni.pezzano@thedailycases.com

 

di emigrazione e di matrimoni

Official and unofficial Italians

Last year the Australian parliament was involved in a period of distress after the discovery that some parliamentarians had dual citizenships and therefore, according to the country’s constitution, could not be elected to parliament.

By Gianni Pezzano

 

In our most recent article Italians, Italians and Italians (https://thedailycases.com/italiani-italiani-e-italiani/) we spoke about Italians overseas as a homogenous group and we showed that, as far as normal aspects of our daily lives are concerned, Italians overseas all have the same desires, hopes and needs wherever they are,

However, in one specific aspect there is an official barrier between Italians and Italians that has nothing to do with individual desires but refers to a specific Italian law that defines who has the right to be officially Italian. Obviously this is the law of citizenship.

This theme is important for many, as much for personal as for political reasons and it was at the centre of a bitter political debate in Italy last year with the proposal to change the law from the current ius sanguinis (the right of citizenship by right of birth) to ius soli (the right to citizenship by place of birth).

With the victory of the defenders of the status quo we still have the ius sanguinis but we must recognize that, despite the existence of the A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, Register of Italians resident abroad), we do not know exactly how many Italians overseas are Italian citizens and how many are descendents of Italian citizens without the right to citizenship.

 

Official

I was 22 when I began my activities within the Italian community in Adelaide, Australia with the Coordinating Italian Committee. At the time there was a very close link between the consulate and the committee that meant that I became friends with the Consul and one night at dinner with friends he gave me the pleasant surprise of telling me that I was an Italian citizen. Since I was born in the country, which has ius soli, I presumed I had no right to Italian citizenship. I now know I was an Italian citizen since birth.

After the time needed to gather the required documents I was registered at the consulate, which at the time also meant registering for military service in the case I decided to move to Italy. That day when the official gave me the new Italian passport I had in my hand the official recognition of the Italian part of my soul.

This is what I think of when we begin talking about citizenship because, if I had not been in touch with the Consul, who knows when I would have known I was an Italian citizen, if ever. And it is for this very reason that when I read the figures of Italian citizens I strongly suspect that the true figures would be more than what we know.

 

Reality

Twelve years later in 1990 the Italian government introduced the A.I.R.E. with the obligation of citizens to register at the Consulate. Effectively this was also the first step towards what would become the overseas vote for Italian elections because it allowed the formation of the electoral role for the overseas electorates that are now present in the two Chambers of Italy’s parliament.

But how many citizens around the world registered at the consulate? I fear we will never know.

Before then Italian migrants never thought of the possibility that their children would want Italian citizenship. In fact, for them the children were, in every way, children of their country of birth and therefore I have few doubts that many did as my parents did, register the births with the Australian authorities and ignored doing so with the Italian authorities.

Therefore, the reality is that large part of the first generation of Italians born overseas has citizenship but do not know it. Subsequently and in turn these Italian citizens in pectore unknowingly passed on Italian citizenship to their children. Making this situation worse is the change of surnames with marriages to non Italians that is inevitable over time.

In fact, last year the Australian parliament was involved in a period of distress after the discovery that some parliamentarians had dual citizenships and therefore, according to the country’s constitution, could not be elected to parliament. One of these was a government minister who was the grandchild of Italian migrants but did not have an Italian surname. Some lost their seats in parliament and others had to renounce the second citizenship and present themselves for election once more. The minister of Italian origin, as did some other colleagues, could show that he took no steps to obtain Italian citizenship and returned to his ministry.

 

Unofficial

It is easy to understand that it would take little effort to know whether or not a member of the first generation of Italians born overseas has Italian citizenship. It is enough to check if at least one of the parents was an Italian citizen at the moment of birth and in the case of those who took out the citizenship of the country of residence the naturalization certificate would supply a definitive date of change.

As the parliamentarians discovered, after decades it becomes increasingly difficult for the grandchildren and great grandchildren to trace the proper documentation to be able to certify the right or not of an individual.

We must state that this does not involve only Italian citizens, as the Australians found to their discomfort because the parliamentarians were from a number of countries. This situation becomes even more complicated because some countries do not allow their citizens to renounce citizenship when they take another and other countries automatically pass on citizenship to the children for a number of generations after migration.

The result of all this in regard to Italians oversea is that our communities around the world are made up of Italian citizens and by Italians who may or may not be citizens because they lack the documentation to show the official links.

To all effects we have official Italians in the eyes of the Italian government for electoral reasons, etc, and unofficial Italians because, despite the lack of official recognition, they would like to maintain contact with their grandparents’’ country of origin.

Naturally we also have those who seek the citizenship in order to work in Europe, as we saw in the past when football players supplied false documentation to be considered as Italian players or of other European nationalities, to avoid the limits imposed by various European football federations.

 

Consequences

Recently on the social media I read a post that blamed the vague figures on the “usual Italian things, superficial business”, which did not take into account that the blame is as much with the behaviour of the migrants as with the uncertainty created by the law of ius sanguinis that passes on the citizenship to the children wherever they are born.

In addition, the case of the Australian parliamentarians shows that often the dividing line is not clear and therefore open to interpretations that are sometimes wrong.

But this uncertainty of being “official” or “unofficial” Italians must not change our attitude towards Italians overseas because there is not lack of desire by many from both categories to maintain contacts with Italy and to know as much as possible about their origins and their personal cultural heritage.

Therefore we must consider them all when we speak about Italians oversea because they are all potential ambassadors not only for our Culture and tourism but many are already consumers, promoters and sellers of our products, of all kinds, and subsequently already play an important role in our economy.

But they can do more if, as a country, we understand that they are a very important resource for us and not only simply relatives and friends who live in other countries. They are much, much more and as a country we still have not understood this.

Send your stories to: gianni.pezzano@thedailycases.com

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