Italiani nel Mondo
Il ritorno a casa – Il doppio significato di tornare al paese d’origine- Returning home – The Double Meaning of Going Back to Your Country of Origin
Il ritorno a casa – Il doppio significato di tornare al paese d’origine
di Carmelina Micallef
Hai mai pensato come sarebbe tornare a casa dopo anni trascorsi all’estero?
Per molti, l’idea evoca immagini di riunioni gioiose e momenti di nostalgia. Ma la realtà del ritorno è spesso molto più complessa e sfaccettata, influenzata da situazioni contrastanti. É un fenomeno raramente discusso e forse ancora poco compreso da chi non ha mai lasciato il proprio paese e che rivela una realtà sorprendente. Cosa accade realmente nella mente di un emigrante quando il tempo e i luoghi sembrano aver cambiato significato? Esploriamo insieme questa dimensione del ritorno alle origini, tanto sfuggente quanto interessante.
Il concetto di “ritorno a casa” va oltre la semplice idea di ritornare nel luogo di nascita.
Per un emigrato, questo può avere due significati distinti, ma al tempo stesso interconnessi. Ritornare al paese da cui si è partiti per la prima volta e ritornare anche al luogo che è diventato casa durante la permanenza all’estero. Il paese di origine, rappresenta le radici, il punto di partenza dove si sono costruiti i primi legami e dove si trovano i ricordi dell’infanzia e forse, anche dell’adolescenza. Il secondo paese “di adozione,” è altrettanto significativo perché anche lì si sono formate nuove relazioni, carriere, e si sono creati nuovi ricordi, dando all’emigrato una nuova dimensione identitaria.
In questo modo, è chiaro che il concetto di “casa” per un emigrato diventa fluido e sfaccettato, intrecciando elementi ed esperienze vissute in più luoghi, spesso molto diversi tra loro. Per chi si sposta frequentemente, ad esempio per motivi di lavoro, e porta con sé la propria famiglia, questa dinamica si estende oltre i confini geografici, abbracciando una dimensione più globale. Vivere in due o più paesi crea un mosaico di identità e legami che progressivamente plasmano il modo di essere e di pensare. Quello che molti non sanno è che questa condizione può far emergere un senso di non-appartenenza a nessun luogo in particolare, rendendo la ricerca di un “vero” senso di casa ancora più complessa.
A volte, dopo molti anni trascorsi all’estero, gli emigrati tendono a idealizzare il passato. Ricordano il loro paese d’origine come un luogo perfetto, pieno di momenti felici e persone care. Allo stesso modo, possono anche vedere la loro vita all’estero come qualcosa di speciale e irripetibile. In entrambi i casi, i ricordi di questi due mondi diventano come fotografie immutabili, dove sembra che il tempo si sia fermato. La spiegazione logica a tutto questo è che la memoria tende a filtrare le esperienze, conservando soprattutto i ricordi positivi e costruendo un’immagine più rassicurante come meccanismo di difesa.
Fin qui, è del tutto comprensibile: idealizzare il passato e mantenere uno sguardo positivo aiuta a gestire le incertezze. Tuttavia, il disagio e la delusione emergono quando si torna a casa e si confronta questa immagine con la realtà attuale, che spesso non rispecchia più ciò che è diventata. Questo confronto può generare scompiglio nella mente dell’emigrante che nel frattempo è diventato una figura ibrida con la quale lui stesso deve fare i conti.
Il termine “shock culturale inverso” è ampiamente riconosciuto e utilizzato tra i professionisti che studiano il fenomeno dell’adattamento su larga scala. Questo si basa su fonti accertate che il ritorno a una cultura familiare dopo aver vissuto fuori possa essere tanto disorientante quanto l’adattamento iniziale a una nuova cultura. Un fenomeno che talvolta colpisce anche i ragazzi che studiano “fuori sede,” e che vivono in maniera completamente diversa dai genitori rimasti in paese.
Ma quali sono i timori principali di chi rientra a casa?
I cambiamenti nel paese di origine sono tanti, dove le dinamiche sociali possono essere cambiate, facendo sentire l’individuo come un estraneo anche nel proprio ambiente.
Quando qualcuno afferma: “… é ovvio che col tempo cambia tutto. Cosa ti aspettavi? Cos’è che ti sorprende?”, è essenziale chiarire che, sebbene il cambiamento sia inevitabile, l’emigrante lo sperimenta in modo molto diverso. Chi è stato lontano, al momento del rientro a casa, percepisce tutti i cambiamenti in maniera improvvisa, in un colpo solo e questo è disorientante. Al contrario, chi è rimasto ha vissuto queste trasformazioni gradualmente, giorno dopo giorno, e tende a non notarle, considerandole parte della normalità e dando tutto per scontato. Questa differenza di percezione, sebbene non sempre evidente, esiste e può avere un impatto significativo.
Un altro aspetto importante è l’impatto intergenerazionale sui figli e sui nipoti degli emigranti. Questi giovani, pur mantenendo un forte legame con le radici culturali dei genitori, apprendono la loro lingua e seguono le loro tradizioni familiari, mentre nello stesso tempo assimilano anche gli influssi della cultura del paese in cui sono cresciuti. Di conseguenza, la loro identità diventa una fusione ancora più complessa tra più culture e modi di vedere e di essere, dando origine a più forme di appartenenze.
In conclusione, comprendere, accettare, e gestire le dinamiche del ritorno può trasformare ogni esperienza in una opportunità di crescita preziosa e unica.
Riflettere su come queste esperienze possono integrarsi nel proprio senso di appartenenza permette di ricostruire da “absolute beginner” un nuovo equilibrio personale, indipendentemente da dove ci si trovi.
Returning home – The Double Meaning of Going Back to Your Country of Origin
by Carmelina Micallef
Have you ever thought about what it would be like to return home after spending years abroad? For many, the idea brings to mind joyful reunions and nostalgic moments. However, the reality of returning home is often much more complex, shaped by contrasting experiences. It is a phenomenon rarely discussed and perhaps still not fully understood by those who have never left their home country, revealing a surprising reality. What really happens in the mind of an emigrant when time and places seem to have changed their meaning? Let’s explore this aspect of returning to one’s roots, sometimes so difficult to grasp.
The concept of “returning home” goes beyond simply going back to one’s place of birth. For an emigrant, it can have two distinct but interconnected meanings. One is returning to the place where early connections and childhood memories were established. The other is returning to the place that became home during the time spent abroad, where new relationships, careers, and memories were formed. Both are significant: the country of origin represents the roots and beginnings, while the adopted country represents the new identity shaped over time.
Thus, for an emigrant, the idea of “home” becomes fluid and layered, incorporating elements and experiences from multiple, often very different places. For those who move frequently, whether for work or other reasons, and bring their families along, this situation extends beyond geographic boundaries embracing a more global perspective. Living in multiple countries creates a mosaic of identities and connections, which gradually reshape one’s outlook and sense of self. What many might not realize is that this process can lead to a feeling of not fully belonging anywhere, making the search for a true sense of home even more complicated.
After many years abroad, emigrants may idealize their past. They might remember their country of origin as an ideal place filled with happy times and people. Similarly, they might view their life abroad as something uniquely special. In both cases, their memories become like fixed photographs, where it seems time has stopped. This happens because memory tends to filter experiences, preserving positive aspects and creating a reassuring image as a defence mechanism.
The tendency to idealize is understandable: it helps manage uncertainties. However, discomfort and disappointment arise when returning home and confronting a reality that no longer matches the idealized image. This clash can create confusion for the emigrant, who in the meantime, has become a hybrid figure with whom he must come to terms.
The term “reverse culture shock” is widely recognized and used among professionals studying large-scale transitions. It is based on well-established findings that returning to a familiar culture after living abroad can be as disorienting as the initial adjustment to a new culture. This is also sometimes evident in students studying abroad who experience life very differently from the parents who stayed behind.
So, what are the main concerns for those returning home?
Changes in the country of origin can be significant, and social patterns might have changed making the emigrant feel like a stranger in his own environment. When someone says, “Of course everything changes over time. What did you expect? What’s surprising?” it’s important to note that although change is inevitable, emigrants experience it in a unique way. Those returning home see all changes at once, which can be overwhelming. In contrast, those who stayed witnessed these changes gradually often taking them for granted. This subtle difference in perception, though not always obvious, can have a profound effect on how one readjusts to their environment.
Another important factor is the intergenerational impact on the children and grandchildren of emigrants. These young people, while deeply connected to their parents’ roots, also absorb the influences of the culture in which they were raised. As a result, their identity becomes a blend of multiple cultures, leading to a complex sense of belonging.
To sum up, by reflecting on how these moments shape your sense of belonging, you can find a renewed sense of balance, no matter where life takes you.