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Barbari e Civiltà, la Battaglia Eterna- Barbarians and Civilizations, the Eternal Battle

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di emigrazione e di matrimoni

Barbari e Civiltà, la Battaglia Eterna

Una considerazione per il settantacinquesimo anniversario delle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki che posero fine alla guerra nel Pacifico nel 1945

Nel suo ciclo di libri di fantascienza intitolato Darkover, Marion Zimmer Bradley racconta l’incontro tra la popolazione del pianeta omonimo e la sua civiltà apparentemente medioevale, con il modernissimo Impero interstellare che ha come capitale la nostra Terra.

Entrambe le civilità considerano gli altri barbari, i residenti di Darkover perché l’Impero utilizza armi a raggio che ammazzano e distruggono a lunga distanza, mentre l’Impero considera gli indigenti barbari perché utilizzano ancora spade e combattono secondo un “concordato d’onore”, dove chi vuole uccidere deve mettersi nello stesso pericolo di morte della potenziale vittima, un concordato che in effetti proibisce persino gli archi.

E poi, in un volume memorabile, alcuni rinnegati di Darkover trovano un’arma potentissima del passato e i terrestri imparano con stupore che la società darkoveriana aveva avuto una società capace di produrre armi potentissime che, dopo un periodo di guerre catastrofiche, costrinse la popolazione del pianeta a rinunciarci per non rischiare la distruzione del loro pianeta. Dopo i morti di quell’incidente entrambe le parti sono costrette a rivedere le loro definizioni di barbari.

Sembra un modo strano di iniziare una considerazione sul settantacinquesimo anniversario delle bombe nucleari di Hiroshima e Nagasaki che posero fine alla guerra nel Pacifico nel 1945, però con le nostre variegate civiltà nel corso della Storia abbiamo visto atrocità dopo atrocità in cui le armi potentissime non erano il fattore che mette un limite ai morti, bensì la ferocità dell’essere umano stesso. Atrocità spesso giustificate nel nome di civiltà contro barbari.

Chi va a scuola in Italia studia le Guerre Puniche tra Roma e Cartagine e conosce, almeno di nome, le due grandi disfatte romane al Lago Trasimeno e a Canne. Chissà quanti hanno saputo dai loro insegnanti che, secondo gli storici, in quelle battaglie persero la vita tra i quarantacinquemila e gli ottantamila legionari romani. Il solo pensiero di come morirono quei legionari in soli due giorni di combattimento con armi manuali ci fa impallidire, e infatti quel che aveva visto impressionò così tanto il generale vittorioso Annibale che smise di combattere per un lungo periodo dopo Canne.

Nella Battaglia di Ci Bi in Cina nel 206 d.C. il Primo Ministro dell’Impero cinese Cao Cao portò in campo un esercito enorme contri i regni del sud che volevano mantenere la loro indipendenza dall’impero. Secondo le dichiarazioni di Cao Cao il suo esercito contava ottocentomila soldati, una cifra contestata dagli storici moderni, però anche la stima moderna di almeno duecentocinquantamila soldati è impressionante. In ogni caso, erano quasi tutti soldati senza esperienza di combattimento sul grande Fiume Yangtse dove si doveva svolgere la battaglia.

Perciò, quando la flotta giunse al luogo della battaglia Cao Cao ordinò ai suoi capitani di legare insieme le navi per ridurre il mal di mare che aveva colpito duramente le sue truppe. Vedendo questo i generali del Sud finsero una resa per poi attaccare le flotte con dieci navi incendiarie, il risultato fu un incendio enorme. In questo caso i morti saranno stati centinaia di migliaia con un destino ancora più atroce dei legionari sconfitti da Annibale.

Potrei andare avanti caso dopo caso, ma sarebbe superfluo. La mente umana ha dimostrato sin troppo bene che non ha limiti quando si tratta di vincere guerre e battaglie. Nessun tentativo di limitare queste armi potrebbe mai avere successo se prima non riusciamo a limitare le cause delle guerre.

E oggigiorno con la tecnologia moderna abbiamo avuto “l’astuzia” di inventare armi potenti e a basso prezzo, i droni telecomandati, capaci di attaccare persone singole senza che il controllore esca dal suo ufficio. Così anche paesi con pochi soldi possono uccidere i comandanti nemici senza mettersi in pericolo. Ci vuol poco per immaginare come agirebbero gli abitanti di Darkover a questi atti barbari ignobili.

Tornando agli attacchi a Hiroshima e poi Nagasaki, ci sono tanti fattori da tenere in mente quando si considera l’utilizzo della bomba atomica che certamente non era necessario per creare livelli altissimi di morti. Infatti, solo qualche mese prima, il 9 marzo dello stesso anno, almeno centomila giapponesi morirono e altrettanti furono feriti in un attacco incendiario a Tokio, una città dove le case erano costruite soprattutto in legno con pareti di carta, statistiche ancora più atroci degli attacchi nucleari.   

Immediatamente dopo questo attacco si svolse la Battaglia per l’isola di Okinawa dove i morti furono oltre settantamila giapponesi, civili e militari, e quattordicimila soldati alleati. Naturalmente queste cifre furono la base per calcolare i morti di un’eventuale invasione della principale isola giapponese. Le stime erano catastrofiche.

Il neo Presidente americano Harry S Truman, che prima di prendere il posto del defunto Franklin Delano Roosevelt, non sapeva che il Project Manhattan costruisse le bombe, si trovò con un dilemma enorme. Utilizzare la potentissima arma nuova e cercare di finire la guerra velocemente, oppure andare avanti ad oltranza rischiando livelli ancora più alti di morti da entrambe le parti.

Sappiamo la sua decisione che non sarà stata facile, ma bisogna anche riconoscere il rischio del prolungare ancora di più una guerra che aveva già fatto troppi morti. Se il nuovo Presidente avesse deciso di continuare a oltranza, avrebbe potuto difendersi se il pubblico avesse saputo di questa decisione? 

Per fortuna sono decisioni che non dobbiamo prendere e speriamo che non saranno mai più necessarie, però, proprio queste sono le considerazioni da fare da chi conduce guerre dove l’unica regola è vincerle il più presto possibile con il minor numero di morti dalla propria parte. Una regola crudele, ma realista. Il problema vero non è semplicemente la produzione di armi del genere, ma limitare i conflitti e di conseguenza ridurre il bisogno di produrle.

 Le armi non esistono solo perché esistono industrie belliche, ma perché esistono conflitti che le rendono necessarie. Inoltre, gli attacchi alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, e l’utilizzo di bombe e armi rudimentali da parte dei Talebani e altri gruppi terroristici in vari conflitti, come anche il conflitto con l’ISIS che per anni ha riempito i giornali ogni giorno, fanno capire come le guerre riescono sempre a creare le armi necessarie per ogni tipo di guerra.

La società moderna non deve solo sapere affrontare i risultati di questi conflitti, e le ondate di profughi che vediamo ogni giorno nelle cronache non sono che la parte più visibile di questa realtà, ma deve anche saper prevenirli nel futuro.

Questa è la vera sfida che coinvolge il mondo moderno da oltre un secolo. Troppo spesso le superpotenze non sono riuscite a risolvere problemi in un modo definitivo e ancora più spesso tattiche nazionali individuali e strategie nazionali limitate non hanno fatto altro che assicurare che il mondo si trovasse regolarmente a dover trovare soluzioni nuove per conflitti vecchi.

In teoria esistono i mezzi internazionali capaci di gestire le crisi che rischiano di diventare guerre, purtroppo questi mezzi sono limitati dalla volontà politica della superpotenza di turno che non vuole perdere la sua influenza politica, oppure una pedina vitale nella sua lotta eterna con un rivale. Ed ora con il ritorno della Cina come potenza mondiale che si mette in concorrenza con gli Stati Uniti e la Russia, il mondo non rischia più una lotta internazionale tra due superpotenze, ma addirittura tra tre superpotenze militari.

Per questi motivi commemorare i morti dei due attacchi nucleari di Hiroshima e Nagasaki non avrà mai un significato fondamentale e vero finché la comunità internazionale non avrà trovato il modo, non di impedire l’esistenza delle armi, ma di prevenire il bisogno di costruirle.

In questo sarebbe bello imitare i “barbari” di Darkover e trovare il coraggio di rinunciare alle armi potenti. Però, ne siamo capaci?

di emigrazione e di matrimoni

Barbarians and Civilizations, the Eternal Battle

In her cycle of science fiction novels entitled ”Darkover” Marion Zimmer Bradley tells the story of the encounter between the population of the planet of the same name and its apparent medieval society with the ultramodern interstellar Empire that has our planet Earth as its capital.

Both civilizations consider the others barbarians, the residents of Darkover because the Empire uses weapons that kill and destroy from a long distance, whereas the Empire considers the locals barbarians because they still use swords and fight according to a “Compact” in which those who want to kill must put themselves in the same danger as the potential victim, a Compact that effectively bans even bows and arrows.

And then, in one memorable book some renegades on Darkover find a very powerful weapon from their past and the Terrans learn to their horror that Darkover’s society once had a society capable of producing very powerful weapons that, after a period of catastrophic wars, forced the planet’s population to renounce them in order not to risk destroying their planet. After the deaths of that incident both sides were forced to review their definitions of barbarians.

This seems a strange way to start a consideration of the seventy fifth anniversary of the Atomic bombs on Hiroshima and Nagasaki that ended the war in the Pacific in 1945, however, with our various societies over the course of our history we have seen atrocity after atrocity in which very powerful arms did not set a limit to the number of dead but rather the ferocity of human beings. Atrocities that were often justified in the name of civilization against barbarians. 

Everyone who goes to school in Italy studies the Punic Wars between Rome and Carthage and knows, at least by name, the two great Roman defeats at Lake Trasimene and Cannae. Who knows how many of them were told by their teachers that, according to historians, between forty five thousand and eighty thousand Roman legionaries lost their lives in those two battles? The mere thought of how those legionaries died in only two days of hand to hand fighting makes us blanch and in fact what he saw upset the victorious general Hannibal so much that he stopped fighting for a long period after Cannae.

In the Battle of Red Cliff in China in 206BC the Prime Minister of the Empire, Cao Cao, took an enormous army into battle against the southern kingdoms that wanted to keep their independence from the Empire. According to Cao Cao his army numbered eight hundred thousand soldiers, the figure is contested by historians, however, even the modern estimate of two hundred and fifty thousand soldiers is impressive. In any case, almost all these soldiers had no experience of fighting on the great Yangtze River where the battle had to take place.

Therefore, when the fleet reached the place of battle Cao Cao ordered his captains to chain the boats together to reduce the seasickness that had badly affected his troops. Seeing this, the generals of the South pretended to surrender and then attacked the fleet with ten incendiary ships, the result was an enormous fire. In this case the dead would have been in the hundreds of thousands with a Fate that was even crueller than that of the legionaries defeated by Hannibal.

I could continue with case after case but it would not be necessary. The human mind has shown all too well that it has no limits when it comes to winning battles and wars. Not attempt to limit these arms could ever be successful if first we do not limit the causes of the wars.

And nowadays with modern technology we have had the “cunning” to invent powerful and low cost weapons, remote control drones that can attack individuals without the controller having to leave his office. In this way even countries with little money can kill enemy commanders without putting themselves in danger. It would take little to imagine how the inhabitants of Darkover would react to these ignoble barbarous acts.

Going back to the attacks on Hiroshima and then Nagasaki, there are many factors to bear in mind when considering the use of the atomic bombs that were certainly not necessary for creating very high levels of deaths. In fact, only a few months before, March 9 of the same year, at least one hundred thousand Japanese died and as many were wounded during an incendiary attack on Tokyo, a city where most of the houses were made of wood with paper walls, statistics that are even more horrible than the nuclear attacks.

Immediately after this attack the battle for the island of Okinawa was fought during which more than seventy thousand Japanese soldiers and civilians and fourteen thousand allied soldiers died. Of course these numbers were the basis for calculating the deaths of a possible invasion of the Japan’s main island. These estimates were horrendous.

The new American president Harry S Truman, who before taking the place of the late Franklin Delano Roosevelt knew nothing about the Manhattan Project that built the bombs, found himself with a huge dilemma. To use the very powerful new weapon and try to finish the war quickly or to carry on indefinitely and risk even higher numbers of deaths on both sides.

We know his decision and it must not have been easy but we also need to recognize that the risks of prolonging even more a war that had already led to too many deaths. If the new President had decided to continue the war indefinitely would he have been able to defend his actions if the public had found out about this decision?

Fortunately we do not have to make such decisions and we hope they will never again be necessary, however, these are the precisely the considerations that must be made by those who conduct wars where the only law is to win them as quickly as possible with the lowest number of deaths possible on your own side. This is a cruel but realistic rule. The real problem is not simply the production of weapons in general but to limit conflicts and subsequently to reduce the need to produce them.

Weapons do not exist because there are weapons producers, but because there are conflicts that make them necessary. Furthermore, the attack on the World Trade Center on 9/11, 2001 and the use of rudimentary bombs and weapons by the Taliban and other terrorist groups in various conflicts, as well as the conflict this ISIS that for years filled the newspapers every day, make us understand how wars always manage to create the weapons necessary for every type of war.

Modern society must not know only how to deal with the results of these conflicts, and the waves of refugees we see every days in the newspaper reports are only the most visible part of these, it must also know how to prevent them in the future.

This had been the true challenge to the modern world for more than a century. All too often the superpowers have not been able to resolve problems in a definitive way and even more often individual national tactics and limited national strategies have only ensured that the world regularly finds itself having to find new solutions for old conflicts.

Theoretically there are international means of managing crises that risk becoming wars, unfortunately these means are limited by the political will of the superpowers involved that do not want to lose political influence or a vital pawn in their never ending struggles with a rival. And now with the return of China as a world power competing with the United States and Russia the world no longer risks an international struggle between two superpowers but even between three military superpowers.

For these reasons commemorating the dead of the two nuclear attacks on Hiroshima and Nagasaki will never have a fundamental and real meaning as long as the international community has not found a means, not to prevent weapons but to prevent the need to build them.

In this it would be nice to copy the “barbarians” of Darkover and find the courage to give up powerful weapons. However, are we able capable of doing so?

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