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Ogni Terra ha il suo Drago protettore. Chissà in Mediterraneo?

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È dal 2001, l’11 settembre, che il mondo intero è alla ricerca di nuovi equilibri geostrategici, tali da poter assicurare un sistema di vita che possa consentire a tutta l’umanità pari dignità nel pieno rispetto delle singole tradizioni culturali.

Di Fabio GHIA

È dal 2001, l’11 settembre, che il mondo intero è alla ricerca di nuovi equilibri geostrategici, tali da poter assicurare un sistema di vita che possa consentire a tutta l’umanità pari dignità nel pieno rispetto delle singole tradizioni culturali. Malgrado le crisi dovute ai disaccordi tra le “Grandi Potenze” del dopo la Seconda Guerra Mondiale, il sistema improntato sulle Nazioni Unite e la relativa “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del 1948 (seppur con molte “defaiance” a livello locale) ha retto abbastanza bene, sino a quando l’Islam politico (la religione è tutt’altra cosa!) non si è apertamente manifestata e proposta come nuova alternativa di sistema di vita comune, da imporre principalmente attraverso violenze e guerre e, purtroppo, senza neanche più una guida o nazione, cui riferirsi e/o dialogare per trovare soluzioni di mutua convivenza pacifica. La caratteristica principale di questo sconquasso a livello planetario (o quasi) rispetto al passato era, e lo è tutt’ora, la causale di natura “culturale” (o addirittura di “civiltà”) che si è pesantemente sostituita alle “ideologie”.

Seppur sinteticamente, questo cambiamento di sistema di vita supposto come ragione scatenante del contendere, malgrado si sia manifestato materialmente in modo eclatante negli Stati Uniti, trova le sue origini (come da quando è nata la nostra amata Terra) nel MEDITERRANEO. Certo gli Stati Uniti sono stati presi come nemico principale da abbattere: il Satana, grazie al quale la ripartizione di poteri concordata con le altre “Grandi Potenze” a livello mondiale era stata tale da non consentire ai popoli con sistema di vita basato su un credo politico (di origine religiosa) che nel nuovo corso avrebbe indicato la via della pace e del rispetto reciproco imposto da un unico Ordinamento Sociale scritto a Medina 1644 anni or sono, incentrato non più sulle Nazioni Unite e il volere delle Grandi Potenze, bensì sul nuovo corso, senza origini geografiche, ma che da sempre aleggiava lì dove tutto è nato: il Mediterraneo.

Questa sostanziale variante strategica è emersa eclatante nel 2004 grazie a una dichiarazione dell’allora Presidente siriano Al Assad(padre) che, a seguito dell’iniziale ma pesante ritiro delle unità della VI Flotta statunitense, incentrò l’intera problematica del nuovo corso politico nell’area geografica da lui definita “Area dei Cinque Mari”, in sostituzione del nostro tradizionale “Mar Mediterraneo” allargato!

Incentrata su un Sistema Regionale degli stati che si affacciano su: Mar Mediterraneo, Mar Rosso, Mar Caspio, Mar Nero e il Mar del Golfo Arabico, l’Area dei Cinque Mari non voleva rappresentare altro che una forma di coordinamento strategico tra Russia, Iran, Turchia, Egitto e Arabia Saudita, con russi e iraniani quali elementi di pressione esterni alle realtà locali dei singoli Stati. Ma Sadat, non aveva tenuto conto dell’imprevedibilità del pensiero del Presidente Obama, che nel 2009, in quel famoso discorso di El Cairo, riconobbe quale nuova entità geostrategica i “Fratelli Musulmani” (Salafiti sunniti, ancora oggi sponsorizzati dal Qatar), con le disastrose derive che emersero nel corso della Rivoluzione della Dignità in tutti gli stati di religione Musulmana del fronte sud del Mediterraneo e in Medio Oriente e che, purtroppo ancora oggi persistono come causa scatenante di nuovi “disequilibri” sul fronte dei Cinque mari.

Quanto avvenuto, o meglio ancora in essere, sia in Libia che in Tunisia ne sono una chiara dimostrazione e forse vanno ad indicare che per arrivare ad una situazione di “tendenza alla pacificazione “generale, bisognerà auspicare un intervento silenzioso, ma quanto mai significativo, di un “Drago” della politica.

Per la Libia, il Trattato sulla Zona Economica Esclusiva (firmato da Erdogan e Sarraj nel 2018), con l’idea di privilegiare la Turchia nella ricerca e sfruttamento di risorse petrolifere oltre che nel golfo della Sirte, anche e soprattutto nell’area cipriota e sul versante egiziano, si è rivelato un fallimento, oltre per le opportune contrapposizioni cipriote, greche e egiziane, soprattutto perché la Turchia appare sempre più al collasso economico e isolata dal contesto monetario internazionale.

Per la Libia: una più evidente fragilità dell’economia, l’aumento dei prezzi dei beni di consumo, sono tutte condizionali che pesano su un tessuto socioeconomico, già fortemente provato dalla situazione pandemica. In aggiunta, grazie agli accordi firmati con l’allora Presidente Sarraj, la Turchia ha preso non solo il pieno controllo militare della Tripolitania, ma purtroppo anche di tutte le iniziative per un rilancio degli investimenti in Libia, controllando direttamente la banca Centrale di Tripoli. Senza entrare nei particolari della quanto mai costosa componente militare turca, fortemente presente nell’intera Tripolitania, è un dato di fatto che la Libia ha già pagato 15 miliardi di dollari per contratti arretrati alla Turchia e che molti altri sono in corso d’opera in Libia. Il Governatore della Banca centrale libica, Sadiq al Kebir, che nella sostanza ha trasferito il proprio ufficio a Istanbul, ha depositato 8 miliardi di dollari, senza interessi, per 4 anni nella banca centrale turca a mero titolo di garanzia. Inoltre. per assicurarsi la fornitura di 1.000 megawatt nel periodo estivo, la Libia dovrà sottostare al pagamento ai turchi del 50% del dovuto con prelievi dagli introiti che la Libia spera di fare con la vendita dei prodotti petroliferi. Financo per l’aeroporto di Tripoli, dove l’Italia aveva già in tasca l’80% dei contratti per la sua riattivazione, la banca centrale su pressione dei turchi ha bloccato il pagamento degli anticipi a contratto, rimettendoli in discussione a causa di molte altre proposte della compagnia aeroportuale turca (per la cronaca già presente in Tunisia a Enfida).

Guardando alla Tunisia, quello che con grande allarmismo è stato chiamato il Colpo di Stato del Presidente Kais, che ha sospeso le attività parlamentari, fatto arrestare quattro ministri e destituire il Presidente del Parlamento (Capo di Al Nahdha islamista con forti simpatie Qatariane!) si sta sempre più rivelando come una saggia, pacifica e democratica (prevista dall’Art. 80 della Costituzione) decisione. È dato per certo che dal mese scorso funzionari (di ogni genere, incluso il settore “finanza”) “egiziani” stiano interagendo con rappresentanti e “consiglieri” del Presidente Kaïs Sïed e indagando (anche loro) sul flusso di danaro Qatariano affluito (così si dice!) nelle casse di molte associazioni facenti capo a Nahdha. Non c’è alcun dubbio quindi che le azioni intraprese dal Presidente Sïed sono state prese con la volontà di affrontare la devastante crisi economica e sanitaria in cui versava il Paese.

Ed ecco che finalmente il “Draghi” mediterraneo ha (quasi) manifestato la sua presenza! Certamente non (ufficialmente) negli interventi di politica interna sia in Libia che in Tunisia, ma altrettanto certamente, anche se per nulla pubblicizzato, l’Italia, sia per i “milioni” di dosi di vaccini contro il Covid fatti pervenire negli ultimi quindici giorni, sia per i rifornimenti di “ossigeno liquido” (cisterne da 20.000litri), sia per le 25 tonnellate di materiale sanitario per la lotta al Covid-19 messo a disposizione dalla struttura del Commissario straordinario per l’emergenza in Italia.

E che dire, infine, che il nostro Presidente Draghi è stato l’unico personaggio politico che ha dato del “Dittatore” al Presidente Erdogan in occasione del suo meschino comportamento nei confronti della Presidente Ursula von Der Leyen, senza neanche rispondere alle rimostranze turche in materia?

Un pensiero personale di cui mi assumo tutte le responsabilità: per me Draghi non sta operando solo per il bene dell’Italia. Lo considero come il Drago buono e gentile che, come nelle favole che noi nonni raccontiamo ai nipotini, senza neanche farsi troppo vedere porterà il Mediterraneo intero in un clima di mutuo rispetto per il bene dell’intera nostra comune storia.

L’Ammiraglio Dott. Fabio GHIA è stato di recente nominato Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati (www.Anfe.it). Associazione nata nel 1947 con Madrina e Presidente la Senatrice Maria Federici. Da allora è attiva e sempre più impegnata nel seguire le evoluzioni e gli sviluppi a carattere internazionali legate al dialogo interculturale, in particolare ai flussi migratori e alle problematiche connesse agli Italiani all’Estero e i Diritti dell’Uomo.

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