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Diritti umani

L’India e il movimento dei non allineati

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L’India è il secondo paese del pianeta per numero di abitanti e tra le prime cinque economie mondiali, ma anche la culla del movimento dei non allineati

di Alexander Virgili

Le celebrazioni per il 75° anniversario dell’indipendenza dell’India, avvenuta nell’agosto del 1947, hanno richiamato l’attenzione verso un Paese del quale non si parla molto ma che è, oramai, il secondo del pianeta per numero di abitanti e tra le prime cinque economie mondiali.   La realtà sociale indiana è molto complessa per i grandi numeri, non solo demografici, con i 28 Stati ed 8 territori che la compongono, le due lingue ufficiali nazionali e le 21 lingue ufficiali locali, le 6 religioni principali più almeno altre 15 presenti con una certa consistenza numerica di fedeli.    

Sotto la guida di Jawaharlal Nehru, discepolo del Mahatma Ghandi e politico illuminato di grande rilievo, l’India mosse i suoi primi passi in un contesto internazionale che era da poco uscito dalla II Guerra Mondiale e che stava già mostrando forti tensioni. L’India, come molti altri Paesi del periodo della decolonizzazione era ancora fragile, con molte sfide interne da affrontare ed una economia da riorganizzare. Oltre a ciò, c’era l’esigenza di garantire la recente indipendenza e sovranità in uno scenario internazionale che spingeva fortemente verso alleanze con una delle due superpotenze. La espressione “non allineamento” fu usata per la prima volta dal diplomatico indiano Krishna Menon alle Nazioni Unite, nel 1953, ad indicare una posizione di diversa da quella verso la quale indirizzavano USA ed URSS.  L’anno successivo l’espressione fu ripresa da Nehru in un incontro internazionale a Colombo, durante il quale Nehru e Zhou Enlai descrissero i principi di coesistenza pacifica che avrebbero dovuto guidare le relazioni Sino-Indiane. Nel 1955, a Bandung (Indonesia), l’espressione venne ufficialmente condivisa con la Conference of Heads of State or Government of Non-Aligned Countries, dove, ospiti del Presidente Sukarno, erano presenti alcuni di quelli che divennero poi tra i più noti e prestigiosi esponenti del gruppo: Nasser, Nehru, Tito, Nkrumah, Menon, Ho Chi Minh, Zhou Enlai, Norodom Sihanouk, U Thant.  Vi partecipò anche una giovane Indira Gandhi, figlia di Nehru, che sarà poi chiamata alla carica di Primo Ministro in India, ininterrottamente dal 1966 al 1977 e poi dal 1980 al 1984, quando fu assassinata da una guardia del corpo appartenente alla comunità Sikh. Al termine della Conferenza di Bandung fu adottata una “Dichiarazione sulla promozione della pace nel mondo e della cooperazione” e preso l’impegno collettivo a restare neutrali nel contesto della Guerra Fredda.   

Dal punto di vista delle relazioni internazionali fu quello di Bandung un accordo di vasta portata e di forte innovazione politica, che avrebbe potuto segnare e modellare la restante parte del XX secolo, almeno se fosse rimasto aderente alla visione originaria della quale era stata portatrice l’India, cioè un accordo tra Stati indipendenti.  Nel 1961 vi fu la prima Conferenza dei Paesi non allineati, in Yugoslavia, avviando un ciclo periodico di consultazioni che continua ancora oggi, la 18° si è svolta in Azerbaijan nel 2019 e la 19° dovrebbe svolgersi in Uganda nel 2023.  Tuttavia, nel tempo, alcune vicende internazionali ne hanno parzialmente offuscato e ridotto la forte spinta ideale e politica originaria.  Nel 1976 fu modificata in parte la denominazione, trasformando quella iniziale di “Paesi non allineati” in “Movimento dei Paesi non allineati”; sempre negli anni Settanta, il movimento aveva cercato di assumere un ruolo più incisivo nelle relazioni economiche: alla Conferenza di Algeri e in quella di Colombo, venne sottolineato il maggior rilievo assunto dalla contraddizione Nord-Sud rispetto a quella Est-Ovest, e fu lanciata l’idea di un «nuovo ordine economico internazionale».

I Paesi in via di sviluppo, inoltre, affermarono il diritto a riequilibrare i rapporti con i Paesi ricchi modificando le ragioni di scambio tra materie prime e prodotti industriali. Ne derivarono non solo contrasti con i Paesi più industrializzati, ma anche un rafforzamento delle tendenze favorevoli a un più stretto rapporto con i Paesi socialisti, allontanandosi quindi dalla ipotesi iniziale di terza via autonoma. Quando, nel 1979, vi fu l’intervento dell’esercito dell’Unione Sovietica in Afganistan, Paese che era stato molto attivo nel gruppo dei non allineati, ciò determinò una prima significativa frattura poiché, alle Nazioni Unite, nella risoluzione di condanna dell’Unione Sovietica 56 Paesi votarono a favore della condanna, 9 contro e 26 si astennero. Il voto di Cuba contro la risoluzione di condanna incrinò in particolare la leadership di non allineato di Castro, che dal settembre di quell’anno ricopriva il ruolo di Segretario generale del movimento.  La frantumazione della Yugoslavia, che pure aveva svolto un ruolo molto attivo nel gruppo, contribuì ulteriormente ad indebolire l’idea del non allineamento che già stava registrando una meno attiva partecipazione indiana a causa delle fasi di instabilità interna, nonché mutamenti di rotta politica in Cina ed anche la contesa tra India e Cina per l’area del Kashmir.

Altro punto debole del movimento è stata la posizione alquanto ambigua sul tema dei diritti umani, da un lato riconoscendo la loro universalità ma allo stesso tempo affermando che le differenti tradizioni culturali, storiche, religiose e sociali portano a delle diversità nella loro definizione ed applicazione in date aree e Paesi.   Pure l’enfasi sulla pace e sul disarmo che il movimento aveva avuto nei primi venti anni di vita, così come la politica di «neutralismo attivo», volta a favorire la distensione, sono venute progressivamente meno per i mutati scenari interni ed internazionali, con Cina ed India che vanno a collocarsi quali potenze regionali, o mondiali, incrementando gli investimenti militari, così come poi accaduto, a scala minore, in altri Paesi. Oggi il movimento dei non allineati risulta quindi avere un ruolo ancora meno incisivo, per il sommarsi delle contraddizioni interne e forse anche per la mancanza di politici di spessore internazionale che lo orientino e ne rivitalizzino gli obiettivi. La stessa India, che ne era stato il motore principale e politicamente più avanzato, appare esprimere politici sempre più concentrati a gestire il ruolo internazionale del Paese come potenza in ascesa, in un contesto di nuove rivalità e strategie regionali e mondiali che, in modo decisamente meno innovativo, mirano principalmente a sostituire alcune potenze egemoni con altre.

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