Tecnologia
Le infrastrutture energivore del web e dell’Intelligenza Artificiale
Reti informatiche e intelligenza artificiale sempre più presenti nella nostra vita, richiedono una rete materiale di supporto, dei nodi strategici e consumi crescenti di energia elettrica e di acqua refrigerante. Nel mondo è in atto da tempo una corsa verso data center più grandi e potenti.
di Alexander Virgili
Reti informatiche e intelligenza artificiale dominano sempre di più la scena internazionale della comunicazione, così come quella economica e tecnologica in generale. Sempre meno è possibile restare non connessi alla rete, che si appresta a gestire quantità crescenti di dati, tecnologie e servizi, assorbendo una quota del tempo personale in crescita. Tutto ciò implica e richiede una rete materiale di supporto, dei nodi strategici e consumi crescenti di energia elettrica e di acqua refrigerante. L’infrastruttura tangibile che sorregge l’economia contemporanea è costituita da cavi sottomarini, data center e supercomputer.
I nodi della rete sono i data center, cioè luoghi con edifici nei quali sono immagazzinati miliari di dati e sono attivi a ciclo continuo dei server. Negli anni si è assistito a un’evoluzione significativa delle infrastrutture dei data center, la potenza di calcolo dei tradizionali server fisici in loco è stata combinata con la flessibilità delle reti virtuali: molti dati sono ora connessi tra data center e cloud privati e pubblici. Il cloud (dall’inglese “nuvola”) mette a disposizione spazio di archiviazione, potenza di calcolo e software eseguibili in un centro di calcolo localmente dislocato altrove. Il termine inglese sottolinea il fatto che il server utilizzato a tal fine non è direttamente visibile, bensì nascosto come se si trovasse dietro ad una nuvola. Per questo motivo, un centro di elaborazione dati moderno deve essere in grado di comunicare attraverso diverse sedi. Nel mondo è in atto da tempo una corsa verso data center più grandi e potenti. Attualmente, situato a Langfang, in Cina, c’è il più grande data center del mondo (Range International Information Group), occupa 1,9 milioni di metri quadrati di spazio, pari a circa 110 campi di calcio.
Prima di quello cinese, il più grande era quello statunitense, lo Switch SuperNAP, che occupa un’area di 1,1 milioni di metri quadrati in Nevada; l’ubicazione a Las Vegas (Nevada) è stata strategica per proteggerla dai disastri naturali. Switch ha annunciato l’apertura di quello che definisce il più grande e avanzato campus di data center globale, noto anche come The Citadel Campus, su 2.000 acri nel Tahoe Reno Industrial Center. Quella statunitense in effetti è solo la terza area industriale destinata ai dati più estesa dopo quella dell’Arabia Saudita di Jubail e quella canadese di Alberta.
Sempre negli Stati Uniti ci sono vari altri centri importanti, il data center della DuPont Fabros Technology, in un campus di sei edifici che copre un’area di 487000 metri quadrati a Washington, DC.. Importante lo Utah Data Center, un impianto di stoccaggio di dati per la United States Intelligence Community, che occupa un’area di 458000 metri quadrati. Questo data center consuma 65 Megawatt di potenza. Come suggerisce il nome, il suo scopo è quello di sostenere il Comprehensive National Cybersecurity Initiative (CNCI), ma il suo vero scopo è coperto da segreto militare. Poi il Data Center di Microsoft, in Iowa, su un’area di 365000 metri quadrati, che secondo i piani dovrebbe essere quasi raddoppiata nei prossimi anni. Il Lakeside Technology Center ha invece sede a Chicago, ha un’area di 335000 metri quadrati e appartiene al Digital Realty Trust, serve grandi aziende tecnologiche come Facebook e IBM. Il data center utilizza 31,5 milioni di litri di refrigerante all’anno e dispone di 53 generatori. Il Data Center QTS Metro si trova ad Atlanta (Georgia), è tra i meno recenti essendo stato avviato negli anni ’50, ed è alimentato da una rete elettrica da 120 Megawatt fornita da Georgia Power, dispone anche di 46 generatori che supportano 23 sistemi UPS indipendenti.
Per completare la panoramica sui principali data centers degli Stati Uniti va citato il data center e punto di snodo NAP of the Americas, a Miami, in Florida, di proprietà di Equinix, è il principale nodo di scambio di rete tra America Latina e Stati Uniti, ma serve anche vettori come AT&T, Century Link e Verizon. La struttura aiuta a collegare 148 paesi in tutto il mondo. Fuori degli Stati Uniti e prima che fosse realizzato il data center cinese di Langfang, il più grande era il Tulip Data Center di Bangalore, in India. Realizzato con la consulenza di IBM, il Tulip Data Center occupa 304000 metri quadrati ed ha un sistema di raffreddamento a comparti.
In Europa il maggior data center è Next Generation Data Europe, che si trova nel Galles (UK), e al momento è il primo che funzioni totalmente con energia rinnovabile. La crescita però continua e si sta realizzando un nuovo gigantesco data center, che sarà il più grande in assoluto, a Ballangen, nella Norvegia settentrionale, in zona artica. Lo sta realizzando una società americano-norvegese, e dai dati disponibili si valuta che sarà almeno il triplo del più grande oggi esistente, sarà parzialmente protetto dallo scudo naturale delle montagne e delle acque e si gioverà delle basse temperature locali per migliorare il raffreddamento consumando meno energia. Non sarà una localizzazione totalmente innovativa, visto che il più importante data center usato da Facebook si trova in Svezia, a meno di 600 km di distanza.
Queste localizzazioni rispondono non solo all’esigenza di proteggere da fattori ambientali esterni queste enormi miniere di dati, ma anche da due esigenze tecniche: il consumo energetico e il raffreddamento. La Scandinavia assicura entrambe grazie ai giacimenti petroliferi del Mare del Nord e all’energia idroelettrica, ma forse ancora più importante, la maggiore facilità nel combattere il calore sprigionati da tali apparecchiature, che come è noto è uno dei principali fattori di danno per le apparecchiature stesse. A parte le temperature medie più basse, le nuove tendenze per il raffreddamento delle apparecchiature si basano sull’uso di liquidi e di acqua, rispetto ai vecchi raffreddamenti ad aria. Ciò fa sì che si stimi un consumo crescente di acqua dolce per gli impianti di questi giganti informatici. Tra i costi per la ulteriore crescita delle intelligenze artificiali ci sono quindi quello per il flusso energetico costante e quello per l’acqua dolce di raffreddamento, importante anche nei sistemi di condizionamento d’aria che sfruttano il meccanismo dell’evaporazione.
Una nota multinazionale che sta sviluppando nuove applicazioni per l’intelligenza artificiale ha comunicato che il suo consumo di acqua è cresciuto del 34% dal 2021 al 2022, poiché l’uso dell’IA produce una maggiore quantità di calore da disperdere. Nel 2021 i vari data center di Google nel mondo hanno consumato circa 16,2 miliardi di litri d’acqua per il raffreddamento. L’intelligenza artificiale ha prodotto cambiamenti notevoli e presenta sfide rilevanti in termini di progettazione e operatività dei data center. Oggi le applicazioni basate sulla IA sono sempre più diffuse e producono un impatto importante nei settori più diversi facendo crescere la domanda di potenza di calcolo. Per i data center, ciò significa anche doversi adattare in modo efficace alla parallela evoluzione della domanda di energia e di sistemi di raffreddamento sempre più efficienti e con minore impatto ambientale.
Tutte le grosse società impegnate nello sviluppo dell’IA hanno perciò registrato incrementi notevoli di consumo di energia, richiesta dalla sempre maggiore complessità e velocità di calcolo, i data center dovranno perciò evolvere verso hardware ad elevata efficienza energetica e l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. Il problema principale risiede nel sistema di raffreddamento delle macchine che corrisponde al 37% dei consumi totali di un data center. Percentuale non indifferente se si pensa che il 50% di energia viene consumata da server e apparecchiature di rete, il 10% dal sistema di distribuzione, e il 3% dal sistema di illuminazione. Il contributo dei data center al consumo globale di energia potrebbe passare dall’1% del 2020 all’8,5% nel 2025, (quasi pari alle emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione) al 14% entro il 2040. (studio «Assessing ICT global emissions footprint»). Un aumento consistente, ma ben spiegato dal vertiginoso ritmo di crescita del traffico internet (+30% all’anno dal 2010), delle richieste di servizi digitali e dell’espansione dell’IA.