Arte & Cultura
Il rilancio della Provincia di Vibo Valentia viene dal passato
La valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale veicolo di cultura e turismo
Sulle coste della Calabria, ed in particolar modo nella zona che gli antichi geografi designano col nome di golfo Ipponiate, sorse il maggiore “polo tonniero” secondo solo alla Sicilia.
Le tonnare presenti su tutto il golfo di Sant’Eufemia sono particolarmente numerose nel territorio della provincia di Vibo Valentia e, dirigendoci dal catanzarese sulla costa verso sud, possiamo osservarne il reticolo sino a Palmi. Dai resti della Tonnara dell’Angitola, a pochi chilometri da Pizzo Calabro, alle tre nel comune di Pizzo: la Tonnara Grande, la cui esistenza è documentata dal 1457, la Tonnara della Gurna (detta la Piccola) nel porticciolo e la Tonnara della Cerza. Proseguendo, nel territorio di Santa Venere (marina del capoluogo) la Tonnara di Bivona, di origine araba e la Tonnara di Santa Venere. Al territorio del comune di Briatico appartengono La Tonnara di S. Irene (o dello scoglio Galera, o Praca) e la Tonnara delle Braci o della Rocchetta. Al comune di Nicotera appartiene la Tonnara omonima.
La tonnara di Bivona, unica ad aver fruito di fondi per un intervento di valorizzazione, a partire dal 1990, per divenire Museo della Civiltà del Mare, compare tra le donazioni di Ruggero il Normanno all’Abbazia di Mileto (1081). Ceduta ai Pignatelli nel XVI. venne rilevata da due affaristi francesi, Pierre Majourel e Francoise Astrue ad inizio ‘800 ed in seguito acquisita da nobili locali.
Costituita da una costruzione su due piani l’imponente tonnara di terra possiede diverse stanze. Una grande cucina, gli alloggi dei loggiari e i dormitori per i pescatori. Un ‘fundaco’ (deposito delle salagioni), depositi con utensili per il rimessaggio dei grossi braconi, delle reti, magazzini per la pesatura e il lavaggio del pescato. In essa l’abitazione per la famiglia del rais (il capitano della tonnara), una loggia e naturalmente una cappella. Nei primi anni del 1900 fu costruito anche un binario per facilitare il trasporto delle barche e dei tonni che le permisero di divenire una delle tonnare più funzionali in Calabria.
All’interno di essa il lavoro era accuratamente diviso. La preparazione della trappola, vero e proprio capolavoro dell’ingegneria tessile, con la realizzazione o riparazione delle reti, era di cura delle donne, La calafatura e riparazione delle barche, degli argani, carrucole e cordami era attività prettamente maschile. Immancabile la benedizione di reti, barche e pescatori per propiziare la pesca.
Il sistema di cattura del tonno necessitava della creazione di gruppi, comunità che interagivano con il mare, regolate da prescrizioni e comportamenti ben precisi, che producevano culture permeate di ritualità e religiosità ed economie tutt’altro che marginali, poichè coinvolgevano anche ambiti territoriali collinari e montani in cui abili artigiani producevano sale, olio e ghiaccio per la conservazione, fibre vegetali per reti e cordami e legno per la produzione di imbarcazioni ed attrezzature.
Un reticolo virtuoso, fondato su un corretto uso delle risorse ambientali, in grado di produrre ricchezze per più di un millennio e che oggi potrebbe continuare a rivelarsi valido. La tonnara di Bivona, è infatti un esempio di quella che viene definita archeologia industriale. Nata nella prima metà degli anni cinquanta l’Archeologia Industriale è una branca dell’archeologia che studia le testimonianze inerenti al processo d’industrializzazione dalle sue origini per approfondire la conoscenza della storia del passato e del presente industriale. Le testimonianze sono luoghi e tecnologie dei processi produttivi, mezzi e macchinari usati, prodotti di risulta, fonti scritte o orali, fonti fotografiche, paesaggi modificati da questi processi e perciò detti paesaggi industriali.
Il periodo di studio va dalla metà del Settecento ai giorni nostri e nella zona costiera della provincia di Vibo Valentia esistono molti manufatti preziosi, ascrivibili a questo tipo di Archeologia, che potrebbero essere trainanti per il rilancio odierno: contenitori per centri studi e poli museali, centri espositivi, ecomusei per la divulgazione alle giovani generazioni della primigenia fase di industrializzazione. Un primo passo per la creazione di percorsi che possano riguardare la filiera alimentare, tessile e del legno. E la Tonnara di Bivona, mediante i vincoli di tutela demoetnoantropologica, rapidamente accessibili dall’ Ente proprietario, che permetterebbero anche la tutela anche dei barconi e gli altri oggetti sfuggiti a danneggiamenti in essa contenuti, potrebbe divenire un primo e raro centro espositivo.