Arte & Cultura
Il Crocifisso miracoloso di San Vito

Nel 1941 troppo presto avevamo cantato a Fiume il “Te Deum Laudamus” di ringraziamento perché la guerra purtroppo continuava e dopo del ribaltone del 1943 arrivarono i tedeschi, che come regalo finale alla nostra città ci fecero saltare il porto, che era la più importante risorsa cittadina
di Rodolfo Decleva
A Fiume avevamo un Crocifisso miracoloso che si trovava – e si trova ancora adesso – sopra l’altare maggiore della chiesa di San Vito, la nostra Cattedrale, che è mèta annuale ogni 15 Giugno di incontro per molti fiumani che vi si recano per celebrarne la Festa Patronale.
Un primo miracolo un po’ cattivello fu quando fece sprofondare nel pavimento della chiesa il cattivo Lonzarich, che gli aveva scagliato un sasso.
La leggenda narra che nel 1296 c’era nella piazza antistante la Chiesa un gruppetto di giovani che giocavano ai dadi. Tra questi c’era il Lonzarich che continuava a perdere e sbottò con una minaccia: “Se non vinco stavolta, vado dentro e gli tiro un sasso”.
Puntualmente non vinse ed entrato in Chiesa scagliò il sasso che colpì il Crocifisso ed in quel momento avvenne il miracolo. Il pavimento della Chiesa si aprì sotto i piedi del Lonzarich che sprofondò con tutto il suo corpo lasciando fuori solo il braccio violento che aveva lanciato il sasso contro il costato di Gesù, ancora sanguinante.
Dopo di allora chissà quante grazie avrà accolto e chissà quanti miracoli avrà elargito il nostro Crocifisso Miracoloso, ma c’è uno che ricordo benissimo: quello che si riferisce al 1941 quando la popolazione civile di Fiume dovette evacuare la città perchè stava per iniziare il nostro “vittorioso” attacco alla Jugoslavia, malgrado questa si fosse dichiarata “non belligerante”.
L’esodo forzato durò più o meno 10-12 giorni e quando tornammo alle nostre case, la nostra Fiume era intatta come l’avevamo lasciata. Le nostre truppe avevano varcato senza sparare un colpo il Ponte di ferro sul fiume Eneo che segnava il confine tra Italia e Jugoslavia e avevano occupato l’adiacente cittadina croata di Sussak.
Ora stavano completando l’occupazione di tutta la Jugoslavia per cacciare gli inglesi dalla Grecia e strada facendo “liberare” i nostri Alpini decimati dalla resistenza greca sul confine albanese-greco.
Fu allora che il nostro Vescovo Mons. Ugo Camozzo informò la popolazione del suo voto fatto al miracoloso Crocifisso: “Oh, Signore, proteggi la tua diletta città e noi ti ripagheremo con la costruzione di un nuovo Tempio votivo”.
Così il nostro Crocifisso aveva compiuto il nuovo miracolo e tutti fummo mobilitati – grandi e piccini – per assolvere quel nostro obbligo votivo e quindi nella ricerca di fondi. Fu fatta anche una imponente processione di ringraziamento. Cantavamo “Noi vogliam Dio”, “Mira il tuo popolo”, “Sono stati i miei peccati” ed eravamo convinti di essere protetti dal Cielo.
In quel tempo non avevamo ancora subito bombardamenti né udito suonare le sirene di allarme, e conoscevamo la guerra solo attraverso le tessere annonarie e il porto che era vuoto, essendo la marineria spostata ai porti del sud, più vicini alla Libia per garantire i rifornimenti alle truppe impegnate sul fronte africano.
La “Vedetta d’Italia”, quotidiano di Fiume, pubblicava notizie e foto di bambini, che rompevano il loro spargnak (salvadanaio) perchè anch’essi volevano partecipare alla grande gara di gratitudine generale.
La prima pietra del Tempio venne posata al Giardino Pubblico e ne seguirono ancora molte altre, ma l’opera ahimé era destinata a finir male perché nel 1945 arrivarono i titini, che allora erano comunisti atei e non potevano accettare quell’iniziativa. Ci misero poco nel farla saltare con la dinamite. A quel punto i conti non tornarono.
Nel 1941 troppo presto avevamo cantato il “Te Deum Laudamus” di ringraziamento perché la guerra purtroppo continuava e dopo del ribaltone del 1943 arrivarono i tedeschi, che come regalo finale alla nostra città ci fecero saltare il porto, che era la più importante risorsa cittadina. Era uno strazio assistere impotenti al brillamento delle mine, che lanciavano fino in collina i blocchi delle nostre banchine.
E poi arrivarono i Druzi, che con la loro libertà – fatta di tirannia, odio e foibe insieme con una studiata pulizia etnica – si impadronirono della nostra terra e ci costrinsero raminghi per il mondo.
Come mai il miracolo era finito storto?
Ora che siamo all’atto finale del nostro Calvario, viene da chiedersi come mai non ce lo abbia mai spiegato nessuno eppure tutti ci avevamo creduto.
In memoria di mio padre Leandro Primozich (Ndr)