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Arte & Cultura

Gerardo Marotta:  orgoglio culturale laico d’Europa

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Tempo di lettura: 3 minuti

Il Presidente Commissione Cultura della LIDU ricorda il compianto Gerardo Marotta Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici con sede a Napoli recentemente scomparso

di Antonio  Virgili           

L’azione di Gerardo Marotta, Presidente dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici con sede a Napoli, morto alla soglia dei novanta anni, costituisce un monumento non materiale a quell’illustre filone di cultura laica europea che ha avuto a Napoli il suo epicentro e che Marotta ha ravvivato con il desiderio di trasmettere cultura alle nuove generazioni.  Questi due aspetti, da soli, portano a comprendere perché tanti ostacoli e tanta meschinità si siano frapposti ai suoi progetti, che è bene sottolineare, che non avevano nulla di auto-celebrativo ma che sono stati orientati alla collettività, ai valori profondi europei ed ai giovani.

Un’ azione che, come quella di alcuni altri suoi illustri concittadini,  è stata così profondamente europea ed internazionale e così poco provinciale da risultare poco comprensibile a schiere di intellettuali a noleggio e di boriosi accademici, intenti più a gestire poteri e botteghe che non a frequentare la Cultura e scrutare il futuro.  Inviso per la sua autonomia a vari centri che gestiscono parte delle attività culturali, costretto negli anni a ridurre le attività a causa di tagli ai contributi, che spesso colpiscono iniziative meritorie e non gli sprechi utili a gestire fette di potere, per nulla sostenuto dal mondo universitario che certo non poteva tollerare una libera concorrenza di alto livello, ha continuato a credere nei suoi valori e nel ruolo che lo Stato dovrebbe avere nella trasmissione e tutela della cultura.  Ha subìto l’affronto di vedere la sua biblioteca di centinaia di migliaia di volumi smembrata e lasciata chiusa in depositi poco idonei, ma non si è arreso, consapevole che l’ignoranza, la presunzione, l’arroganza e l’indifferenza di tanti siano dati storici oggettivi contro cui combattere.

La rivoluzione Napoletana del 1799, da lui spesso ricordata, lo aveva già testimoniato, quando la popolazione, rozza e manipolata, si era schierata contro quegli intellettuali che stavano cercando di combattere per il riscatto e i diritti della popolazione stessa.    Quale era l’obiettivo concreto di tanto fervore culturale e di tanti seminari?  Educare e formare le nuove generazioni, ed in proposito amava citare il motto della Famiglia Serra, che faceva proprio: “Venturi aevi non immemor” ( Conoscere il passato per guardare al futuro).

Lo avevo incontrato per la prima volta all’inizio degli anni ottanta e ne ricavai subito l’idea di una persona di grande spessore umano e culturale, proprio per l’assenza di spocchia e per un approccio cordiale e semplice a persone e situazioni.  Persona fisicamente minuta, quasi fragile, ma grande nello spirito e nell’energia.  Muoversi negli angusti spazi del suo studio di viale Calascione, prima del trasferimento di attività e materiali nella sede del palazzo Serra di Cassano, lungo percorsi tortuosi tracciati da pile di libri e di materiali di studio dava la sensazione di trovarsi in una sorta di tempio nel quale tutti erano accolti con serenità e garbo, condividendo l’amore ed il rispetto per la cultura.  Una cultura alta ed allo stesso tempo profonda, non quella ammantata di orpelli ma vuota di certuni.   Le persone che si potevano incrociare nel suo studio prima, e poi nella sede dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici, sono state e sono ancora parte dell’elite della cultura internazionale, senza sigle o etichette, senza la presunzione di rappresentare  “scuole”, senza dozzinali steccati disciplinari come quelli cui certa accademia ha oramai abituato.

I frequentanti, moltissimi dei quali giovani, non avevano bisogno del luccichio di incarichi altisonanti o di affabulazioni fascinose dei docenti per porsi con grande attenzione e rispetto verso relatori che spesso li accoglievano con spontanea informalità attorno ad un tavolo, ed il tempo scorreva veloce.   Fare però riferimento alla sola filosofia, per ricordare l’Istituto diretto da Gerardo Marotta con dignità e caparbietà,  è far torto alla eterogeneità e molteplicità delle menti e dei contenuti che in esso confluivano.   In relazione all’Istituto Hans-Georg Gadamer scrisse: «Mi chiedevo se un giorno sarebbe nata un’istituzione che fosse in grado di risvegliare a nuova vita la nostra tradizione culturale ormai irrigidita dalle regole di una società burocraticamente organizzata e finalizzata all’ideale del profitto economico. Era mai possibile una tale istituzione? Oggi, come membro dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici posso affermare che ciò è possibile. Spero, pertanto, che questa “nuova” istituzione non resti l’unica, ma sia modello per tutta l’Europa e per tutti quei paesi del mondo che si prefiggano lo scopo di realizzare una cultura libera da rigidi schemi precostituiti, all’insegna di una solidarietà che sia garanzia di pace».

Fu vicino ai valori illuministi e laici, valori oggi poco frequentati, talvolta citati e forse ancor meno praticati:  apertura mentale, tolleranza, libertà di espressione, ospitalità, amore per la libertà, furono tutti tratti tipici del Presidente Gerardo Marotta.    Tra i suoi pensatori preferiti Giordano Bruno, che è sembrato ispirarne direttamente l’azione coerente ed ostinata sino all’ultimo, in particolare nella frase:  “E noi, per quanto ci troviamo in situazioni inique […] tuttavia serbiamo il nostro invincibile proposito […] tanto da non temere la morte stessa”  (Giordano Bruno, De Monade, numero et figura).

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