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Franco Colapinto e il suo commento controverso che ci dà motivo di riflessione Parte 1 – Franco Colapinto and his controversial commentary that gives us food for thought Part 1

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di emigrazione e di matrimoni

Franco Colapinto e il suo commento controverso che ci dà motivo di riflessione Parte 1

La prima versione di questo articolo doveva uscire qualche giorno fa in risposta a un commento di Franco Colapinto, il giovane pilota di Formula 1. A primo impatto quel commento sembrava abbastanza chiaro, e allora ho scritto la prima versione dell’articolo in base al commento invece di fare le dovute ricerche.

Però, dopo ricerche di Tiziana Primozich direttore di questo giornale, abbiamo deciso di dividere l’articolo in due parti, concentrandoci su aspetti che sono stati dimenticati durante il furore online in Argentina in seguito alla pubblicazione di una sua intervista. Aspetti che devono fare riflettere sia in Italia, come anche all’estero, perché riguardano il reale vissuto e la storia personale di questo giovane che è indiscutibilmente un campione nella sua disciplina sportiva.

Infatti, per dovere di cronaca, vogliamo anche cogliere questa occasione per invitare Franco Colapinto a concederci un’intervista per chiarire tutta questa vicenda.

Il weekend del 1° settembre a Monza il pilota di Formula 1 Franco Colapinto ha fatto il suo debutto a bordo della Williams. Purtroppo, proprio quel giorno, una sua dichiarazione ha suscitato sdegno e, ancora di più rabbia, sulle pagine social degli italo-argentini.

Nel correggere un articolo precedente in cui era stato descritto come “italo-argentino”, ne “La Nacion” l’importante giornale argentino, Colapinto ha rettificato la dichiarazione originale spiegando, “No soy italo-argentino, soy argentino. Tengo el passaporto italiano nada mas”, cioè, “Non sono italo-argentino, sono argentino. Tengo solo il passaporto italiano”.

Questi sono solo alcuni dei commenti nelle pagine social degli italiani in Argentina;

“Pezzo di m**** lascia il passaporto se ti sembra male il tuo sangue italiano. M**** umana. Soy de sangre siciliana” (Dall’Argentina con il commento in spagnolo nell’originale).

“Rendi il passaporto italiano u fora dil bal (Dall’Italia, con commento in dialetto veneto)

“E invece ha ragione. Non sono italiani, basta!” (Dall’Italia)

“Ma proprio scemo!!!” (Dall’Argentina)

Di seguito, parlamentari eletti per la circoscrizione estera del Sud America del Parlamento italiano hanno ricevuto proteste, alcuni chiedendo persino il ritiro della sua cittadinanza italiana. Naturalmente il ritiro della cittadinanza/passaporto sarebbe impossibile ed illegale, ma dimostra chiaramente la rabbia verso la dichiarazione.

Però, questa dichiarazione fa MOLTO pensare, particolarmente su due aspetti della vita degli italiani all’estero.

Il primo aspetto è fondamentale per ciascuno di noi, discendente di emigrati e no, l’identità personale che, come anche il diritto di espressione, è un diritto universale.

Lui ha ogni diritto di definire la propria identità personale, perché ogni aspetto della sua identità personale viene dalla famiglia, la scuola, il paese in cui è cresciuto e le sue esperienze di vita.

Poi, dobbiamo precisare che l’identità italiana NON dipende da cittadinanza perché non tutti gli italiani all’estero sono cittadini italiani, non raramente, anche fratelli e sorelle.

Inoltre, non esiste un “italiano tipo”, nemmeno in Italia, allora il senso della parola “italiano” cambia da paese a paese secondo le esperienze delle comunità italiane in ciascun paese. E ogni giorno vediamo le differenze tra le innumerevoli comunità italiane nel mondo sulle pagine social degli italiani all’estero.

Infatti, abbiamo visto i commenti di politici, personaggi pubblici, e anche di molti italiani sui social, sia in Italia che tra gli italiani all’estero, con i commenti apertamente razzisti verso molti dei nostri atleti ai recenti Giochi Olimpici a Parigi che hanno portato onore al nostro paese, per via del colore della loro pelle, malgrado il fatto incontestabile che, oltre che sportivamente, anche culturalmente sono indubbiamente italiani.

Allora, diamo al giovane pilota il diritto di identificarsi come ritiene giusto per il suo caso.

Certo, ci saranno sempre differenze su cosa vuol dire “italiano”, ma castigarlo per come si identifica non fa altro che fare un gioco di “purezza” che non è mai giusto.

Difatti, da esperienza personale come figlio di emigrati italiani nato e cresciuto in Australia, capisco i problemi di identità che colpiscono i figli/discendenti dei nostri emigrati. E non solo per via dei genitori.

Nel mio caso, a casa i miei genitori non mi hanno nascosto il fatto che per loro ero australiano e dovevo essere fiero d’esserlo. Però, a scuola, e poi dopo anche al lavoro, molti dei miei coetanei australiani erano altrettanto chiari che per loro non lo ero affatto. Però, ed è un dettaglio importante, a casa parlavamo in italiano e seguivamo tutte le tradizioni delle famiglie dei paesi dei genitori in Italia.

Poi, nel primo viaggio in Italia con la famiglia, mi sono trovato nel ruolo de “l’australiano” per via del mio italiano imperfetto e ora che abito in Italia da molti anni molti mi considerano ancora così a causa del mio accento, anche se il mio italiano è quasi perfetto ormai.

Non nascondo che ho speso anni per decidere che non sono né italiano, né australiano, bensì italo-australiano, cioè il figlio di due culture e mi auguro di rappresentare il meglio di entrambe.

Perciò, sin dall’inizio ho ritenuto giusto riconoscere il diritto di Colapinto di identificarsi come crede giusto. Anche se, vista la sua giovane età, non è impossibile che questa identità cambierà nel corso degli anni. Ma spetta SEMPRE a lui prendere quella decisione.

Questi sono i motivi per cui il “Turismo della radici” è importante per i figli/discendenti dei nostri emigrati.

Troppo spesso le scuole all’estero insegnano poco o niente del nostro paese ed è ora che questi giovani comincino a capire che l’Italia non è più il paese lasciato dai loro avi.

Inoltre, c’è una proposta legge nel Parlamento italiano, che sarà descritta nel prossimo articolo, che permetterà ai discendenti, non importa se siano o no cittadini italiani, di poter risiedere in Italia per lavoro o/o studi, anche per poter decidere quel che è veramente la loro identità personale.

Però, per fare tutto questo, bisogna cambiare la mentalità di molti in Italia di cosa vuol dire essere “italiani”. Un atteggiamento che spesso non considera cosa vuol dire essere considerato straniero nel paese di nascita, sia all’estero che in Italia.

Allora, non castighiamo Franco Colapinto per une frase che potrebbe sembrare inopportuna, ma che è anche una frase che potrebbe rivelare aspetti del suo passato che i suoi detrattori non hanno considerato quando sono andati alla carica su Facebook.

E ripetiamo, sarà sempre un suo diritto di decidere la propria identità, lo stesso diritto che noi tutti abbiamo.

Quindi, nella seconda parte di questo articolo tratteremo gli altri temi, partendo dalla cittadinanza, che il commento di Colapinto ha suscitato e che dovrebbero fare parte di qualsiasi dibattito riguardo non solo l’identità personale dei discendenti dei nostri emigrati, ma anche quando parliamo del diritto alla nostra cittadinanza per questi stessi discendenti.

Senza dimenticare la proposta legge per facilitare accesso all’Italia per i discendenti.

Franco Colapinto and his controversial commentary that gives us food for thought Part 1

The first version of this article should have come out a few days ago in response to a comment by the young Formula 1 driver, Franco Colapinto. At first glance the comment was clear enough, and so I wrote the first version based on the comment instead of doing the proper research.

However, after research by Tiziana Primozich, the newspaper’s Editor-in-Chief, we decided to split the article into two parts, concentrating on issues that were forgotten during the online furore in Argentina following the publication of one of his interviews. Aspects that should make us reflect, both in Italy and abroad, because they concern the real life and personal history of this young man who is unquestionably a champion in his sporting endeavours.

In fact, for the record, we also take this opportunity to invite Franco Colapinto for an interview to clarify this whole matter.

On the weekend of September 1st in Monza, the Formula 1 driver Franco Colapinto made his debut aboard the Williams. Unfortunately, on that very day, one of his declarations caused indignation, and even more anger, on the social media pages of the Italo-Argentines.

In correcting a previous article in which he was described as “Italo-Argentine”, in the major Argentine newspaper “La Nacion” Colapinto corrected the original declaration explaining that “No soy italo-argentino, soy argentino. Tengo el passaporto italiano nada”, on other words, “I’m not Italo-Argentine, I’m Argentine. I only have an Italian passport”.

These are only some of the comments in the social media pages of the Italians in Argentina:

“Piece of s*** give up the passport if your Italian blood seems bad. Human s***.  Soy de sangre siciliana” (From Argentina with the Spanish comment in the original version).

“Give back the Italian passport and f*** off” (From Italy, with the comment in Venetian dialect)

“And yet he’s right. They’re not Italians, and that’s it” (From Italy)

“He’s really an idiot!!!” (from Argentina).

Subsequently, Parliamentarians elected by the overseas electorate of South America to Italy’s Parliament received protests, some even demanding the withdrawal of his Italian citizenship. Of course, the withdrawal of his citizenship/passport would be impossible and illegal, but it clearly shows the anger towards the declaration.

But this declaration gives us a LOT to think about, especially about two issues of lives of the Italians overseas.

The first issue is fundamental for each of us, descendants of migrants and not, personal identity which, like the right of free speech, is a universal right.

He has every right to define his own personal identity, because every aspect of his personal identity comes from his family, school, the country where he grew up in and his life experiences.

And then we must state that Italian identity does NOT depend on citizenship because not all the Italians overseas are Italian citizens, not infrequently even brothers and sisters.

Moreover, there is no “typical Italian”, not even in Italy, so the sense of the word “Italian” changes from country to country according to the experiences of the Italian communities in each country. And every day we see the differences between the countless Italian communities in the world on the social media pages of the Italians overseas.

Indeed, we saw the comments of politicians, public personalities, and also many Italians on the social media, both in Italy and amongst the Italians overseas, with openly racist comments towards many of our athletes at the Paris Olympic Games who brought honour to our country, because of the colour of their skin, despite the indisputable fact that they are undoubtedly Italians, sportingly, and also culturally.

So, let us give the young racing car driver the right to identify himself as he sees fit

Of course, there will always be differences in what it means to be Italian but chastising him for making it clear how he identifies himself only plays a “purity” game that is never right.

In fact, from personal experience as the son of Italian migrants born and raised in Australia, I understand the problems of identity that strikes the children/descendants of our migrants. And not only because of their parents.

In my case, at home my parents made no secret of the fact that for them I was Australian and should be proud to be so. However, at school, and then after even at work, many of my Australian peers were just as clear that for them I was not. But, and this is an important detail, at home we spoke in Italian, and we followed all the family traditions of my parents’ home towns.

Then, on the first trip to Italy with the family, I found myself in the role of the “Australian” due to my imperfect Italian and now that I have lived in Italy for many years, many still consider me in that way because of my accent, even though my Italian is almost perfect now.

I make no secret of the fact that it took me many years to decide that I am neither Italian, nor Australian, but rather Italo-Australian, in other words, the child of two cultures and I hope that I represent the best of both.

For this reason, right from the start I believed it proper to recognize Colapinto’s right to identify himself as he sees fit. Although, given his young age, it is not impossible that this identity will change over the years. But it is ALWAYS up to him to make that decision.

These are the reasons that the “Turismo delle radici” (Tourism of the origins) is important for the children/descendants of our migrants.

All too often schools overseas teach little or nothing about our country and it is time that these young people begin to understand that Italy is no longer the country their ancestors left behind.

Furthermore, there is a draft law in Italy’s Parliament, which will be described in the next article, that will allow descendants, no matter whether or not they are Italian citizens, to be able to reside in Italy for work and/or study, as well as to be able to decide what their personal identity really is.

However, to do all this, we must change the mentality of many in Italy of what it means to be “Italian”. An attitude that often does not consider what it means to be considered aa foreigner in your country of birth, both overseas and in Italy.

So, let’s not chastise Franco Colapinto for a sentence that might seem inappropriate, but which is also a sentence that might reveal aspects of his past that his detractors did not consider when they went charging on Facebook.

And again, it will always be his right to decide his own identity, the same right we all have.

Therefore, in the second part of this article we will deal with other issues, starting with citizenship, that Colapinto’s comment raised and should be part of any debate concerning not only the personal identity of the descendants of our migrants, but also when we talk about the right to our citizenship of these same descendants.

Without forgetting the proposed law to facilitate access to Italy for the descendants.

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