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Italiani nel Mondo

Frammenti di storia delle comunità italiane nel mondo

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L’impegno di Pasquale Villari  quale presidente della Società Dante Alighieri a favore degli italiani emigrati all’estero.

di Antonio Virgili – vicepresidente Lidu onlus

 Frammenti di storia delle comunità italiane nel mondo si ricavano a volte da materiali non specificamente documentari, è questo il caso, ad esempio, dei discorsi di Pasquale Villari tenuti quale presidente della Società Dante Alighieri.  Pasquale Villari, nacque a Napoli nel 1827 e si formò nella sua città con due insigni maestri, Basilio Puoti e Francesco De Sanctis. Villari fu personalità poliedrica, storico, politico, ministro dell’Istruzione per un breve periodo, economista e intellettuale impegnato. Tra le altre cose fu presidente delle Società Dante Alighieri, dal 1896 al 1903.

Proprio da alcuni dei suoi discorsi tenuti nell’ambito della Dante si rilevano indicazioni sulle precarie condizioni delle comunità italiane all’estero, per le quali il governo centrale di Roma e la stessa opinione pubblica italiana si mostravano, a detta di Villari, disattenti se non totalmente indifferenti. La sensibilità del Villari ne risultava angustiata, irritata e delusa.  Nel discorso inaugurale tenuto nel 1899, per il X Congresso della Dante, la sua attenzione si soffermò in particolare sulle condizioni degli italiani in tre contesti: le comunità italiane della Dalmazia e del Friuli, gli operai italiani che lavoravano in Svizzera alle gallerie transalpine, e la comunità dell’Argentina.  Il discorso muove dall’Istria e dalla Dalmazia, dove da oltre mille anni si trovavano comunità di lingua italiana, e cita un breve passo del discorso di un consigliere Dalmata nella Dieta provinciale a Zara il quale affermava: “Io appartengo ad un paese che è come una piccola isola in mezzo ad un vasto mare di Slavi. Se anche volessimo, non potremmo materialmente separarci dall’Impero austro-ungarico. Ma ciò non toglie che noi siamo italiani e che tali vogliamo restare. La nostra educazione si è fondata sulla letteratura italiana, il nostro essere morale s’è formato col pensiero nazionale d’Italia”.  Prendendo spunto da tale affermazione, il Villari sottolinea che “La lingua italiana è il vincolo morale che stringe in uno tutte le genti italiane nel mondo”.  Il Villari osserva però che, diversamente da altre comunità – pangermanismo e panslavismo, che hanno sostenuto e sostengono ancora oggi, apertamente, la difesa ad oltranza delle lingue tedesca e slave e delle relative comunità pure in contesti stranieri – per la lingua e le comunità italiane non c’è mai stato qualcosa di simile, anzi sembra quasi che ci si dovrebbe scusare già solo per una ipotesi del genere, come se l’italiano e la cultura italiana fossero inferiori rispetto alle altre.  Queste affermazioni risultano, sorprendentemente, ancora attuali, ove si pensi, oltre al tragico trattamento riservato alle comunità italiane di quelle zone dopo la Seconda guerra mondiale (una aspra “pulizia etnica”, espressione forse non a caso di origine serbocroata), a certa sudditanza linguistica anglofila nei mass media italiani e al fatto che in alcune zone dell’Alto Adige ci si debba quasi scusare di parlare italiano.

Ma il Villari non si ferma ai soli aspetti linguistici e culturali, si preoccupa delle condizioni di vita nelle comunità italiane che, lamenta, sono spesso poco o nulla seguite dai Governi di Roma e dalle rappresentanze diplomatico-consolari.  A volte esse sono costrette a non poter studiare la loro lingua nelle scuole o nelle università e non sono sostenute dagli italiani che vivono nel Regno d’Italia.  Poi lo sguardo si sposta al confine con la Svizzera, dove migliaia di italiani lavoravano nei cantieri svizzeri per la realizzazione delle strade ferrate e dei trafori, Cenisio, Gottardo, Sempione.  Afferma il Villari: “L’abbandono in cui sono lasciate da parte nostra queste masse enormi di operai alle porte d’Italia, è uno dei fatti più deplorevoli e pericolosi.”   La cosa più grave, per il Villari, è che le precarie condizioni di tali operai, spesso stipati in alloggi sovraffollati per poter risparmiare e inviare dei soldi alle famiglie rimaste in Italia (almeno per gli emigrati temporanei), privi di un luogo di incontro, di supporto legale e morale, richiamarono anzitutto l’attenzione della stampa svizzera e della pubblica opinione locale, che accusarono la compagnia svizzera che gestiva i lavori di sfruttamento. Alcuni cittadini svizzeri promossero addirittura raccolte di fondi e iniziative per migliorare le condizioni di vita degli operai.  Amaramente, commenta Villari: “Tutto questo in Italia al solito non fece né caldo né freddo”.  Lo stesso Villari si fece promotore di una sottoscrizione attraverso il Corriere della sera (che ebbe esiti modesti) e di un intervento dei Salesiani per conforto morale di quelle persone.  Ciò visto che, quando il Villari aveva parlato di tale situazione ad alcuni politici: “Dalla loro fisionomia, dai loro profondi sbadigli ebbi la certezza che non mi era in nessun modo possibile richiamare la loro attenzione sul soggetto. Pareva che, guardandomi, dicessero: ma costui è disceso dal mondo della luna?

Poi l’osservazione si sposta verso l’Argentina, da tempo una delle mete principali dell’emigrazione italiana in Sud America.  Per l’Argentina, che ospitava già al tempo una grossa comunità di italiani, il Villari rileva la scarsità di scuole e corsi dove poter studiare l’italiano e la cultura italiana con il rischio che le radici degli emigrati si perdano o siano ignorate.  Infatti, gli immigrati: “…molti dei quali sono purtroppo analfabeti, parlano i loro dialetti, non l’italiano, che dovrebbero quindi apprendere quasi come una lingua straniera. Preferiscono perciò imparare lo spagnolo. …… anche perché nelle scuole argentine le lingue straniere che si insegnano sono francese, tedesco e inglese, non l’italiano”.

Oggi i tempi e gli atteggiamenti sono certo cambiati, sebbene persista in molti una certa sufficienza e disattenzione nell’occuparsi della numerosa comunità italiana sparsa nel mondo.  Seguendo anche gli spunti e le testimonianze forniti dal Villari, si auspica che si dia il giusto rilievo a tali comunità, che costituiscono una ricchezza per l’Italia.  Riallacciare i legami, potenziarli, tutelare la lingua e la cultura italiane nel mondo non dovrebbero essere solo un pur giusto impegno morale, un moto di dignità, ma anche una scelta ragionata di tutela degli interessi collettivi.

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