Connect with us

Diritti umani

Disabilità psichiatrica e diritto all’anima

Published

on

Tempo di lettura: 3 minuti

Gabriele, malato dal 2005, sprofondato in una depressione senza fine. Guarito o meglio stabilizzato dopo 10 anni di terapia

di Anna Maria Antoniazza

Gabriele ora ha 32 anni. Finite le superiori si è ritrovato ad affrontare il mondo. La scuola è stata per lui una culla, un contenitore dove si è sentito protetto, anche dagli stessi insegnanti. Un ragazzo modello…simpatico, brillante, pieno di amici e bravo negli studi.

Poi la prima terribile delusione sentimentale, il primo innamoramento fortissimo e prepotente che l’ha fatto piombare all’inferno. Nel giro di un mese sentiva che qualcosa cambiava dentro di lui senza più riuscire a riconoscersi allo specchio. Movimenti rallentati, il suo pensiero che prendeva pieghe ruminanti fino a diventare un circolo ossessivo e sconnesso. Da lì l’idea di farla finita. Una idea che non l’ha mai abbandonato per i successivi 9 anni. Non aveva mai sofferto prima di depressione anche se il suo temperamento era umorale. Era un ragazzo simpatico ma con bassa autostima e qualche insicurezza…nulla che facesse pensare a come sarebbe diventato.

Da solo mi recai nel più vicino dipartimento di salute mentale dove mi presero in carico nei primi periodi ben 2 psichiatri. Una specializzanda molto empatica e una psichiatra di stampo analitico. Con lei ebbi un rapporto conflittuale. E il percorso fu ancor più lungo. Pesavo 69 kili. Nel tempo più di una molecola farmacologica ha assorbito il mio cervello e il mio corpo. Dopo 1 anno arrivai a 105 kili. Mai persi del tutto. Stranamente non fui mai internato, ero folle, alternavo lunghe fasi depressive a fasi eccitatissime. Oggi dopo 10 anni di calvario sto bene. Sono in me con la mia identità, le mie polarità opposte che si incontrano in un punto di equilibrio.

Gabriele mi racconta anche il suo ricordo della sanità pubblica. “La sanità pubblica nel campo della salute mentale funziona o meglio funzionava. Tagli alle strutture e al personale hanno complicato di molto il quadro di noi pazienti alle prese con problematiche di tipo psichiatrico. Ogni psichiatra gestisce enne persone, gli infermieri ci sono, ma non basta. Io ebbi una psichiatra che volle seguirmi anche quando io non volevo più seguire lei e le sue idee sui farmaci. Antipsicotici di vecchia generazione, nuovi antipsicotici dagli effetti collaterali devastanti. I farmaci nelle fasi critiche però sono un salvavita. Se devi finire fuori una finestra o avere manie omicide il farmaco si deve prendere. Ma se il problema è quello di accarezzare l’anima, comprenderla e discernerla, servono terapeuti e il percorso è lungo e costoso. Da lì scatta il privato per chi può. Chi non può dovrà fare i conti con una vita tra farmaci e colloqui di 40 massimo 45 minuti. E per sbocciare come uomini o donne che funzionano non basta.

Che rapporto hai oggi con la vita? Cosa ti fa sentire più motivato a stare al mondo e non avere pensieri negativi?

Oggi vivo una vita da miracolato. Guarito completamente non so come, non so perché, non so se c’è stata la mano di qualcuno dall’alto ma non ho più tracce di depressione né prendo farmaci. Ho ripreso la mia vita in mano, la mia anima ha fatto i conti con una fase scura e tutto si è schiarito. Vedo i colori, sento i profumi, rido e l’energia è tutta espressa anche creativamente. La vita da disabile mentale non è vita. È sopravvivenza. È lotta contro mostri interni, nodi da sciogliere che solo con un percorso lungo e doloroso possono venire al pettine. Accanto a me non c’è stato nessuno. Una famiglia assente di narcisisti alcuni anche malevoli dove tu bambino dovevi voler bene a loro grandi. Tutto sbagliato. Ma come diceva Baglioni ” sono vivo e sono qui“.

Print Friendly, PDF & Email