Diritti umani
Decine di migliaia di pescatori ridotti in schiavitù in Thailandia
L’Europa minaccia di sospendere le importazioni se non verranno rispettati i diritti umani.
di Vito Nicola Lacerenza
In Thailandia decine di migliaia di migranti, per l’estrema povertà, sono costretti a lavorare come pescatori in condizioni di schiavitù. Lo ha reso noto l’organizzazione internazionale per i diritti umani Human Right Watch, che in un rapporto ha evidenziato come la stragrande maggioranza dei pescatori provenga dai paesi confinanti: Cambogia, Laos e Myanmar. Questi disperati, per un misero salario, sopportano faticose giornate di lavoro in mare aperto, che possono durare anche più di quindici ore, in condizioni di sicurezza assolutamente precarie. Le morti sul lavoro infatti non vengono considerate come incidenti episodici, ma come normalità. Inoltre, ai pescatori non è consentito esternare il proprio malcontento senza il rischio di essere pestati a sangue o uccisi dai loro capi, i quali ai ritengono loro padroni e non riconoscono alcun diritto umanitario.
«Lavoro in nero come pescatore da tredici anni- ha raccontato Chan Kong Kea, un migrante cambogiano- lavoro più di quattordici ore al giorno, tutti i giorni, per 256 euro al mese. Le mensilità, però, le ricevo tutte insieme alla fine dell’anno, così, se un giorno dovessi provare a cambiare lavoro, perderei tutti i soldi e sarei finito. Non è consentito assentarsi dal lavoro, neppure se si è malati o si hanno problemi familiari». La constatazione di questa schiavitù dei tempi moderni ha attirato sul governo tailandese dure critiche da parte di tutta la comunità internazionale, compresa l’Europa che ha minacciato di sospendere le importazioni di pesce dalla Thailandia. Il blocco delle importazione sarebbe un duro colpo per l’economia thailandese perchè significherebbe perdere un giro d’affari di circa 427 milioni di euro l’anno. Un rischio che l’establishment locale non vuole correre assolutamente; perciò, all’ultimatum europeo, sono seguiti alcuni provvedimenti miranti al potenziamento della sicurezza sul lavoro: controlli più accurati sulla qualità e funzionalità delle strumentazioni a bordo delle navi e migliaia di ispezioni in tutte le aziende legate all’industria ittica per combattere il lavoro nero. Ma non sembra, finora, che questi interventi del governo thailandese, riconosciuti da Human Rights Warch, abbiano avuto successo.