Italiani nel Mondo
Cantautori, Cantanti e la Guerra – Cantautori, Singers, and War
Cantautori, Cantanti e la Guerra
“Io chiedo, come può un uomo,
uccidere un suo fratello?”
Queste sono le parole di una delle canzoni che ascolteremo insieme in questo articolo che descrive perfettamente quel che succede agli esseri umani durante la Guerra.
Infatti, nell’ultimo articolo abbiamo trattato la Morte ed abbiamo detto che tratteremo il tema più intimamente connesso alla Morte, la Guerra.
E, come sempre, i cantautori ci fanno vedere le sfumature più tragiche di questo fenomeno che, nel corso della nostra Storia, ha ridisegnato continuamente la nostra società perché è semplicemente impossibile tornare “normali” dopo una guerra, non importa per quali motivi si cominci a combattere.
Però, prima di iniziare l’articolo dobbiamo fare notare che non utilizzeremo solo canzoni di cantautori, ma un brano sarà cantato da un complesso che ha lasciato un segno importante della musica italiana nel corso degli anni ’70 e ’80.
Mentre l’ultimo brano è cantato da uno dei nostri cantanti più popolari perché, nel raccontare la Storia di un ragazzo semplice, fa capire perfettamente l’orrore di una guerra particolare che ha diviso il mondo occidentale per molti anni, e che continua ancora a essere fonte di discussione.
Era inevitabile che i primi due brani di questa raccolta di canzoni che descrivono la Guerra siano del grande cantautore genovese, Fabrizio de André, perché nessuno più di lui ha saputo raccontare aspetti della nostra società con onestà disarmante, anche perché, nel primo caso, tratta un amore proibito.
Difatti, il soggetto di “Andrea” del 1978 non è di è un soldato partito in guerra per poi morire, ma la storia della reazione di Andrea alla lettera che porta la firma d’oro del Re, che lo avvisa in un linguaggio formale che il suo amante era caduto per la Patria.
La canzone non ci dice mai il nome ‘del soldato del regno dagli occhi di bosco, profilo francese e riccioli neri’, ma la reazione di Andrea alla notizia, che sia morto non solo per una raffica di mitraglia, ma caduto addirittura sulla bandiera, un dettaglio probabilmente inventato, per rendere più glorioso il destino del giovane uomo partito per il fronte con chissà quali pensieri, mostrando la disperazione e l’orrore che seguono notizie del genere.
Infatti, in “Andrea” Faber (come era conosciuto dagli amici) descrive la reazione di una persona qualsiasi nel sapere che non vedrà mai più la persona amata…
E con questa canzone de André ci fa ricordare che certi dibattiti moderni non sono nuovi, ma fanno parte della nostra Storia sin da Caino e Abele che, con la loro lotta fratricida, diedero inizio al fenomeno della Guerra. I morti in battaglia sono quasi sempre giovani uomini, con tutti i nostri pregi, difetti, e amori, secondo i propri gusti e che non dovrebbero essere giudicati per le loro scelte di vita.
Poi, dobbiamo ricordare che la parte disumana della Guerra è che questi giovani uomini sono addestrati proprio a considerare il nemico di turno, non come un essere normale, ma come un mostro da rimuovere dalla Terra perché si vince solo uccidendo.
E, ne “La Guerra di Piero” del 1966, de André fa capire fin troppo bene il prezzo da pagare quando un soldato dimentica per un momento d’essere una “macchina di guerra”, ma un semplice essere umano che ne incontra un altro che “non gli ricambia la cortesia”.
In altre parole, non è morto perché soldato, Piero è morto semplicemente perché in quel momento era diventato di nuovo un essere umano.
Già dalle prima parole ci rendiamo conto che Piero muore in quell’incontro con un uomo “che aveva il tuo stesso identico umore con una divisa di un altro colore” e allora non dovremmo essere sorpresi alla morte di Piero, perché l’immagine dei mille papaveri rossi, il fiore simbolo dei soldati caduti in guerra, era già il preavviso del suo Destino.
Nella sua canzone “Generale” del 1978, il cantautore romano Francesco de Gregori tratta i personaggi probabilmente più controversi quando pensiamo cosa vuol dire combattere in Guerra, i Generali. Loro danno gli ordini che costringono uomini giovani ad attaccare, ad avanzare, e di conseguenza, morire, o essere feriti, negli scambi incrociati di cannonate, fucilate e mitragliate che sono i mezzi che producono ‘la raccolta della Donna Nera’ raccontata nel primo articolo.
Non importa loro se una donna contadina cinquantenne, i cui figli erano partiti da soldati, sia oltre la collina, importa solo che i loro ordini siano eseguiti senza esitazione.
E l’immagine del treno partito stracolmo di soldati e tornato mezzo pieno evidenzia il costo umano degli ordini dei generali ai loro soldati. Senza dimenticare che, se il soldato “fa l’amore con le infermiere” vuol dire che il soldato si trova in ospedale da ferito con il bisogno di conforto che le parole semplici spesso non riescono a dare.
Poi la Guerra finisce, e si torna alla “vita normale”, ma il Generale, che spesso non si trova mai in pericolo di morire in battaglia, ha il petto pieno di medaglie. E de Gregori punge ancore quando descrive le stelle di grado dei generali come lacrime, perché quelle stesse stelle sono il motivo delle lacrime dei parenti dei caduti e feriti.
Il quarto brano sotto è cantato da I Nomadi e il titolo “Auschwitz” già dice tutto. Il gruppo emiliano ha avuto i suoi anni d’oro dagli anni ’60, agli anni ’80 ed è sempre stato conosciuto per il suo impegno politico/sociale, come anche per il suo legame a canzoni scritte da un celebre cantautore che è anche un loro corregionale
Infatti, la canzone è stata scritta dal cantautore e scrittore modenese Francesco Guccini. E in questa canzone sentiamo tutta la sua bravura, particolarmente con il testo.
La canzone è di una semplicità disarmante perché le immagini che sentiremo spiegano da sole la tragedia più disumana della Seconda Guerra Mondiale in cui il campo di concentramento di Auschwitz è diventato il simbolo della distruzione di milioni di vite, di cui 6 milioni di ebrei, uomini, donne, e, come la canzone fa capire benissimo, bambini.
Non esiste motivo per quel che è successo in quei campi, e le azioni delle squadre specializzate che hanno rastrellato e massacrato gente in molti paesi occupati dai tedeschi, compresa Italia.
Non aggiungiamo nessuno commento a questa canzone del 1966, perché non avremo niente di meglio da aggiungere a questo capolavoro di Francesco Guccini per esprimere l’orrore di quei luoghi.
L’ultima canzone, anch’essa del 1966, racconta una Guerra che non ha coinvolto l’Italia, ma soldati stranieri che hanno combattuto in quel che era in effetti una guerra civile, la Guerra del Vietnam.
Questa canzone, musica di Mario Lusini e testo dal grande paroliere Franco Migliacci, non è di un cantautore, ma l’abbiamo inclusa non solo per il tema dell’articolo, ma a causa della storia particolare attorno l’uscita del brano.
È una canzone che giustamente ha mostrato un lato impegnato di Gianni Morandi che, fino all’uscita di questo brano, era considerato un cantante per i giovani, ed è proprio questo che dà la forza a questa canzone, raccontando la vita di un suo coetaneo americano costretto dalla leva a partire per una guerra in Asia che già nel 1966 era controversa.
La censura di questa canzone, di cui Morandi era molto entusiasta, è uno dei casi più famosi della RAI che censurava brani considerati “pericolosi”. In molti casi le censure avvenivano per motivi di “morale pubblica”, però, questa censura ebbe lo scopo di non offendere un paese importante per l’Italia, gli Stati Uniti.
Infatti, la canzone era così diversa dal suo solito repertorio che, secondo Gianni Morandi stesso, all’epoca Ennio Melis, il direttore generale della RCA Musica, disse, “Morandi non può cantare una canzone così rivoluzionaria, la gente vuole un Gianni romantico, sorridente, l’eterno spensierato giovincello che si incontra sotto casa, non un indolente sobillatore. La contestazione la facessero altri!”.
E infatti, “altri”, cioè le autorità della RAI, hanno agito di conseguenza.
Però, nel censurare la canzone, la RAI ha, involontariamente, reso il suo messaggio ancora più potente della versione originale.
Non conosciamo esattamente il testo dalla canzone che ha costretto i dirigenti della RAI a censurarla, ma non adeguarsi ai diktat della RAI poteva comportare rischi per il cantante, come il ritiro del passaporto.
Allora, Migliacci e Morandi decisero di rimpiazzare le parole “offensive” con il rumore del mitra cantato da Morandi, che non solo fece capire al pubblico la censura, ma diede forza, e non di poco, al messaggio antiguerra.
Ma, il cantante decise di non rimuovere una parte del testo contestato, cioè, “Nel suo Paese non tornerà, adesso è morto nel Vietnam!” per rimuovere ogni dubbio del destino del ragazzo partito per la Guerra.
Di seguito, la canzone ha avuto successo anche negli Stati Uniti, cantata dalla celebre Joan Baez, uno dei personaggi più importanti del movimento antiguerra dell’epoca.
Per il prossimo articolo in questa serie tratteremo temi un po’ più leggeri perché i cantautori hanno anche scritto su temi meno “pesanti” e in alcuni casi, anche divertenti.
Cantautori, Singers, and War
“I wonder, how can a man,
Kill one of his brothers?”
These are the lyrics of one of the songs we will listen to together in this article that perfectly describes what happens to human beings during War.
In fact, in the last article we dealt with Death, and we said we would deal with a theme that is intimately linked to Death, War.
And, as always, the cantautori (Italy’s singer songwriters) let us see the most tragic shades of this phenomenon that, over the course of our history, has continuously reshaped our society because it is simply impossible to return to “normal” after a war, no matter the reasons for going off to fight.
However, before starting the article, we want to point out that we will not use only songs by cantautori, but one song will be sung by a group that left an important mark on Italian music during the ‘70s and ‘80s.
While the last song will be by one of our most popular singers because, in telling the story of a simple young man, he lets us understand perfectly the horror of a specific war that divided the western world for many years and continues to be a source of discussion.
It was inevitable that the first two songs of this collection that describe War are by the great Genoese cantautore, Fabrizio de André, because nobody more than he was able to narrate our society with disarming honesty, not least because, in the first case, he also deals with forbidden love.
In fact, the subject of the 1978 “Andrea” is not about a soldier who left for war to then die, but the story of Andrea’s reaction to a letter that bears the golden signature of the King, that tells him in formal language that his lover had fallen for the Mother Land.
The song never mentions the name of the soldier of the Kingdom with brown coloured eyes, French profile, and black curly hair, but Andrea’s reaction to the news, that he not only died from machine gun fire, but he even died on the flag, a detail that was probably made up to make the destiny to the soldier who left for the front with who knows what was on his mind more glorious, revealing the despair and horror that follow such news.
Indeed, in “Andrea” Faber (as he was known to his friends) describes the reaction of a normal person who finds out that he will never see his loved one again …
And with this song de André reminds us that certain modern debates are not new but have been part of our history since Cain and Abel who, with their fratricidal struggle, started the phenomenon of War. The dead in battle are almost always young men, with all our virtues, faults, and loves, according to our tastes, and that we should not judge them for their life choices.
We must then remember that an inhuman part of War is that these young men are trained precisely to consider the enemy, not as human beings, but as monsters to be removed from the Earth because you can only win by killing.
And in the 1966 “La Guerra di Piero” (Piero’s War) de André lets us understand all too well the price when a soldier forgets for a moment that he is a “killing machine”, but a mere human being who meets another who “does not return the courtesy”.
In other words, he did not die because he was a soldier, Piero died simply because in that moment he became a human being again.
Right from the first words we realize that Piero dies in the encounter with a man who “was in the same mood as you, with a uniform of another colour”, and so we should not be surprised at Piero’s death, because the image of the thousand red poppies, the flower symbolising soldiers fallen in war, is already a forewarning of his Fate.
In his 1978 song “Generale” (General) the Roman cantautore Francesco de Gregori deals with the people who are probably the most controversial when we think about what it means to fight in War, Generals. They give the orders that force young men to attack, to advance and consequently to die, or be wounded, in the exchanges of cannonades, rifle fire and crossed bursts of machine gun fire, that are the means that create the harvest of the “Woman in black” narrated in the first article.
It does not matter to them if a fifty-year-old peasant woman, whose sons left as soldiers, is beyond the hill, what matters is only that their orders are obeyed without hesitation.
The image of the train departing packed with soldiers and returning half full reinforces the human cost of the general’s orders to his soldiers. Without forgetting that, if the soldiers “make love with nurses” it means that the soldier is in a hospital wounded in need of comfort that mere words often fail to provide.
Then the War ends, and they return to a “normal life”, but a General, who often is never in danger of dying in battle, has a chest full of medals. And de Gregory stings even more when he describes the stars of rank as tears, because those same stars were the reasons for the tears of the relatives of the fallen and wounded soldiers.
The fourth song below by sung I Nomadi and the title “Auschwitz already says it all. The group from the Emilia-Romagna region had its golden years from the ‘60s to the ‘80s and has always been known for its political/social commitment, as well as for its connection to songs written by a famous cantautore, he too from the same region.
In fact, the song was written by the cantautore and writer from Modena, Francesco Guccini. And in this song, we hear all his skill, especially in the lyrics.
The song is of disarming simplicity because the images that we will hear explain on their own the most inhuman tragedy of World War Two, in which the Auschwitz concentration camp became the symbol of the destruction of millions of lives, including six million Jews, men, women and, as the song makes very clear, children.
There is no reason for what happened in those camps, and the actions of specialized teams that rounded up and massacred people in the countries occupied by the Germans, including Italy.
We will add no comment to this 1966 song, because we will have nothing better to add to this masterpiece by Francesco de Gregori to express the horror of those places.
The last song, this too from 1966, tells of a war that did not involve Italy, but foreign soldiers fought in what was in effect a civil war, the Vietnam War.
This song, music by Mario Lusini, and lyrics by the great lyricist Franco Migliacci, is not by a cantautore, but we have included it not only due to the theme of the article, but the specific story around the song’s release.
It is a song that rightly showed a committed side of Gianni Morandi who, until the song’s release, was considered a singer for young people, and this is precisely why it gives strength to this song that tells the story of an American peer, forced by conscription to leave for a war in Asia that was already controversial in 1966.
The censorship of this song, which Morandi was very excited about, is one of the most famous cases of RAI censoring songs it considered “dangerous”. In many cases the censorship was for reasons of “public morality”, but this was a case of not offending a country that was important for Italy, the United States.
In fact, the song was so different from his usual repertoire that, according to Morandi himself, at the time Ennio Melis, the then Director General of RCA Records, said, “Morandi cannot sing such a revolutionary song. The people want a romantic, smiling, Gianni, the eternal carefree young man to meet front of the home, not a lazy troublemaker. Let others do the protesting”
And in fact, “others” in other words RAI’s authorities, acted accordingly.
However, in censoring the song RAI unintentionally made its’s message even more powerful than the original version.
We do not know precisely the song’s lyrics that made RAI’s managers censor it, but by not complying with RAI’s directions could have entailed risks for the singer, such as the withdrawal of his passport.
So, Migliacci and Morandi decided to replace the “offensive” words with the sound of the machine guns sung by Morandi, that not only made the audience realize the censorship, but it reinforced, and not a little, its anti-war message.
But the singer decided not to remove a part of the disputed lyrics, in other words, “He wil never return to his country, now he is dead in Vietnam!” to remove any doubt of the Fate of the young man who left for War.
Subsequently, the song was also a success in the United States, sung by the famous Joan Baez, one of the most important members of the anti-war movement of the time.
For the next article in this series, we will deal with somewhat lighter issues because the cantautori have also written on less “weighty” and in some cases, even funny, topics.