Arte & Cultura
Un viaggio nella musica attraverso il metateatro, Urbes Cordis di Lorenzo Maria Aronne

L’Innovazione nella musica classica attraverso il metateatro, un artificio in cui le parole e le immagini rimandano lo spettatore a una riflessione sul linguaggio della musica attraverso quello del teatro, traducendo la creazione della partitura musicale in step educativi che conducono alla composizione finale dell’opera.
di Angela Celesti
Un lavoro audace quello di Lorenzo Maria Aronne sulla musica classica e il metateatro che sino ad oggi è stato un esperimento che ha riguardato il jazz nelle liaison tra il musicista e la tastiera d’ avorio con il supporto di registrazioni rare, immagini, parole che hanno avuto lo scopo di rendere accattivante le storie di grandi musicisti come Duke Ellington. Così Lorenzo Maria Aronne, giovane maestro e compositore, attraverso il suo lavoro di musicista, nella sua opera prima, Urbes Cordis, ha voluto “dare un senso narrativo al suo percorso compositivo”. Da questa idea è nata la necessità di adoperare il metateatro (insieme alla sua “Musa ispiratrice”, – non importa come la si voglia chiamare: Clio, Euterpe, Calliope o Tersicore) per portare la sua composizione a ogni spettatore, senza intermediazioni necessariamente colte ma, e qui la valenza “educativa”, chiedendo aiuto al Teatro e alla settima arte: il Cinema. Il risultato di questa scelta è uno spettacolo inedito e innovativo che “trasporta lo spettatore-ascoltatore in un altrove unico e personale”.
Le opere originali contenute nel suo album Urbes Cordis, pubblicato dall’etichetta discografica NSJ di Roberto Musolino, hanno come titoli nomi di città, le sue amate città tradotte in musica: Firenze, Torino, Amaseno, Roma, luoghi vissuti che portano con sé forme e ispirazioni, suoni e paesaggi, diversi tra loro e continuano a riecheggiare come il canto delle sirene di Ulisse prima del ritorno a casa a “Scalea”, la sua Itaca, ultima città e brano finale dell’album. Un viaggio, la musica, che il maestro Aronne consegna a chi lo ascolta, lui che si nutre di Chopin, dell’ampliamento dell’area tonale, dell’uso dell’armonia e dei cromatismi che permettono di visualizzare immagini in grado di arrivare al cuore di chi ascolta.
Nella rappresentazione, anzi nella messinscena, la prima all’interno della rassegna “Ti racconto un suono” a cura di Andrea Fama (che ha l’obiettivo di rendere accessibile a tutti la musica classica), in quel preciso istante si svela il suo pensiero: una voce fuori campo insegue il linguaggio narrativo, mentre sullo schermo fanno capolino le immagini in una commistione di emozioni, tra citazioni di Calvino e Orazio che portano Aronne al suo dilemma amletico: “Perché prendere uno spartito vuoto e scrivere qualcosa dal nulla?” La risposta: “Perché siamo esseri umani e sono queste le cose che ci tengono in vita”.
Uno spettacolo, quello di Lorenzo Maria Aronne, che paradossalmente, non svilisce la composizione musicale colta e talentuosa, ma la restituisce “pura” nella magia dell’atto creativo.