Attualità
Persistenti preoccupazioni per il Servizio Sanitario Nazionale
Il Servizio Sanitario Nazionale è a rischio, punto cruciale è il rinnovo del contratto di lavoro, considerato inadeguato, e le previsioni pensionistiche peggiorative. A questo si aggiunge nel medio termine il mancato ricambio che si prevede nei prossimi anni con il pensionamento di molte migliaia di medici e paramedici per raggiunti limiti di età.
di Alexander Virgili
In questi ultimi mesi un numero crescente di medici sta esprimendo preoccupazione per le sorti del Servizio Sanitario Nazionale, non solo per quanto riguarda il contratto di lavoro e le risorse relative ma più in generale sulla possibilità di una sua tenuta già nell’immediato futuro. Ricapitolando i punti critici che stanno emergendo si tratta di fattori a breve, medio e lungo periodo. Il rinnovo del contratto di lavoro, considerato inadeguato, e le previsioni pensionistiche peggiorative sono difficoltà, per certi versi, a breve termine, nel senso che potrebbero essere, se non risolte, molto attutite da modifiche di bilancio ed interventi legislativi. Nel medio termine un problema consistente è il mancato ricambio che si prevede nei prossimi anni con il pensionamento di molte migliaia di medici per raggiunti limiti di età. Bisognerebbe dire medici ma anche paramedici, visto che di essi già si lamenta da alcuni anni carenza. Manifestazione della progressiva contrazione di personale medico e paramedico disponibile è anche la durata delle liste di attesa. Oramai è considerato “normale” dover attendere alcuni mesi (talvolta un anno o più!!) per visite specialistiche, interventi e terapie, pur in presenza di patologie di rilievo. In alcune aree del Paese la esigua presenza di alcuni specialisti li porta a dover affrontare turni molto faticosi e talvolta spostamenti continui da una struttura all’altra.
Gravissima la situazione in molti pronto soccorso, un servizio essenziale e di garanzia per la cittadinanza, per il quale il numero di specialisti e di personale disponibile è in continuo calo, ciò sia per la presenza di maggiori rischi professionali sia per i rischi talvolta anche fisici diretti (aggressioni, proteste, disagio e conflittualità). Nel lungo periodo, a detta di molti medici, sembra mancare una strategia di sopravvivenza del Servizio Sanitario pubblico stesso. Il numero chiuso di accesso alle università non è risultato efficace, per non dire che è stato un fallimento, visto che non ha garantito né una costante alta qualità della formazione, non avendo selezionato i migliori e più adatti lungo il percorso di formazione ma operato con criteri opinabili in fase di accesso, né un adeguato ricambio generazionale, come dovrebbe avvenire in tutte le professioni. Probabilmente la visione di alcuni era proprio quella di ridurre progressivamente il servizio pubblico o di mantenere posizioni accademiche consolidate. Ma le critiche mosse vanno oltre, evidenziando che non c’è stata programmazione adeguata nelle spese, nei costi e negli obiettivi da raggiungere, avendo come priorità il miglioramento delle condizioni di salute per la popolazione e di soccorso e terapia in caso di necessità.
La prevenzione sembra sia stata affidata solo a procedure interne al servizio stesso e non anche al miglioramento della alimentazione, dell’ambiente, dell’acqua. La durata media della vita è aumentata ma non omogeneamente. Alcuni lamentano poi l’abnorme spesa farmaceutica che, si dice, non segue neppure i normali criteri della concorrenza liberista visto che alcuni produttori hanno brevetti esclusivi e che lo Stato non interviene direttamente per alcune produzioni essenziali o salvavita che potrebbero calmierare i costi. Infine, si obietta che la gestione dei Servizio affidata a persone scelte con criteri politici e non in base alla professionalità e competenza nel settore, unita ad una burocratizzazione che snatura la professione, ha peggiorato la qualità del servizio. Certo, se i professionisti del settore pubblico percepiscono tante criticità la situazione è allarmante, poiché se ne deduce una ampia insoddisfazione una disaffezione crescente cui forse si può rispondere, individualmente, solo con il passaggio al settore privato, determinando, appunto, la morte del servizio pubblico, a poco più di quaranta anni dalla nascita.