Diritti umani
Oltre il silenzio: gli Armeni e le diaspore
Con la dissoluzione dell’URSS la popolazione armena riprese a mobilitarsi per un ricongiungimento con l’Armenia, suscitando azioni armate dell’Azerbaigian, sino alla tregua del 1994, interrotta dalle successive azioni militari azere, poi con la mediazione e l’interposizione di truppe russe nel 2020.
di Alexander Virgili
Il Trattato di Golestan del 1813, tra Impero Russo e Impero Persiano, costrinse la Persia a cedere numerosi territori ai Russi, tra questi il Khanato di Karabakh, un territorio erede di frazionamenti dell’area derivati dalle conquiste turche che avevano da tempo minato l’unitarietà dell’Armenia. Il Karabakh, territorio di antica origine armena, dopo essere stato saccheggiato dagli Arabi tra VII e VIII secolo, fu successivamente conquistato e rivendicato, a più riprese, da Persiani, Turchi e Russi. Con la Rivoluzione Russa del 1917, il Karabakh fu prima inglobato nella Federazione Transcaucasica, che dopo breve periodo si divise in Armenia, Azerbaigian e Georgia. Il territorio del Nagorno Karabakh fu rivendicato sia dagli Armeni, visto che il 98% della popolazione era armena, sia dagli Azeri. Stalin lo volle assegnare all’Azerbaigian, ma considerato che la netta maggioranza della popolazione era armena, fu creato un Oblast, una regione con ampia autonomia amministrativa. Tuttavia, fin dagli anni 20 del ‘900 la maggioranza armena tentava un ricongiungimento con l’Armenia, che fu sempre ostacolato dai vertici del partito a Mosca.
Con la dissoluzione dell’URSS la popolazione armena riprese a mobilitarsi per un ricongiungimento con l’Armenia, suscitando azioni armate dell’Azerbaigian, sino alla tregua del 1994, interrotta dalle successive azioni militari azere, poi con la mediazione e l’interposizione di truppe russe nel 2020. Ciò sino alla recentissima ripresa del conflitto, sempre ad opera dell’Azerbaigian, del 19 settembre 2023, che ha portato alla sconfitta delle esigue truppe locali e all’esodo di migliaia di profughi armeni costretti a lasciare case e beni pur di salvarsi. Si stima che attualmente siano circa 100.000 gli armeni che stanno spostandosi per trovare rifugio e sicurezza altrove. La sintetica ricostruzione storica è utile per comprendere le origini del conflitto odierno e quanto sofferta sia l’ennesima diaspora armena della storia. Una larga concentrazione di armeni si trova oggi in Armenia, dove rappresentano il gruppo etnico di maggioranza, mentre molte altre comunità si trovano sparse per il globo, principalmente in Russia, Medio Oriente, Stati Uniti d’America, Francia e Italia, per un totale di circa 8 milioni di unità. Popolo di antichissime origini, gli Armeni hanno subito nei secoli fasi di indipendenza e di conquiste straniere che ne assoggettarono il Paese. Nel 301 d.C. l’Armenia divenne la prima nazione a adottare il Cristianesimo come religione di Stato. Durante la sua successiva decadenza politica, l’Armenia si affidò alla Chiesa per preservare e proteggere la propria identità, cosa certo sgradita ai bellicosi vicini non cristiani della Persia, della Turchia, della Mongolia, dell’Arabia. Nonostante ciò, sino ai tempi moderni, la storia degli Armeni, antico popolo di origini bibliche, coincide in gran parte con quella dell’Armenia.
L’Armenia è stata anche descritta come un’isola in mezzo a tre mari: il Mar Nero, il Mar Caspio e il Mediterraneo, ed è qui, sulla cima del monte Ararat, secondo la tradizione biblica, che si incagliò l’Arca di Noè quando si ritirarono le acque del Diluvio universale. L’attuale Repubblica di Armenia occupa però solo una piccola parte di quello che storicamente fu il territorio di questo popolo. L’antico regno armeno, all’incrocio fra il Caucaso, l’Anatolia e la Mesopotamia, comprendeva vasti territori oggi in Iraq, Iran e soprattutto in Turchia. Proprio per la loro posizione, quelle terre furono territorio di conquista, in particolare da parte dei turchi. Il primo stato ad essere chiamato Armenia dai popoli confinanti, come risulta dalle testimonianze del geografo Ecateo di Mileto (VI secolo avanti Cristo) e dell’iscrizione di Behistun, fu fondato agli inizi del VI secolo a.C. Nei secoli, gli Armeni sono stati progressivamente costretti ad allontanarsi dal loro territorio, o espulsi. Per diaspora armena s’intendono proprio le comunità armene che vivono al di fuori dell’Armenia, dell’oramai ex Nagorno-Karabakh e dei territori storicamente popolati da armeni.
La caduta di Ani, antica capitale del Regno d’Armenia in epoca medievale, avvenuta per mano tartara nel 1044, diede origine alla prima diaspora della storia armena. Nuclei consistenti di Armeni emigrarono alla volta della Crimea, Polonia, Ungheria, Transilvania e Cilicia. Dopo di allora altri flussi migratori si verificheranno, nel corso della complessa e travagliata storia di questo piccolo ed antico popolo, dotato di una non comune capacità di adattamento e anche di un forte istinto di autoconservazione. Tra le più antiche sedi della diaspora armena si deve menzionare Israele. Attualmente a Gerusalemme, che fu meta di pellegrinaggi fin dai primi secoli, vivono circa 2.000 armeni, mentre alcuni nuclei risiedono a Jaffa, Haifa e Raffa. La presenza storica degli armeni è testimoniata dall’esistenza del quartiere armeno all’interno della Città Santa, in cui hanno sede la biblioteca dei manoscritti miniati e il seminario apostolico, uno tra i più importanti per il popolo armeno.
Altro paese in cui si verificarono migrazioni armene a partire dal IV secolo d.C. è Cipro. Attualmente vi risiedono circa 3.000 armeni che, nonostante l’esiguità numerica, sono in grado di gestire alcune importanti istituzioni confessionali e civili, oltre ad una emittente radio ricevuta in tutto il Medio Oriente. In Iran risiedono circa 400.000 armeni, discendenti di quella comunità che si era venuta a formare a seguito del trasferimento forzato degli abitanti armeni di Giulfa ad Isfahan durante il regno dello scià Abbas il Grande, a cavallo tra il XVI e il XVII sec. Infine, tra i Paesi che registrano presenze armene in epoca remota, va citata l’Etiopia. Attualmente vi risiedono circa 2.000 armeni. Sebbene nei secoli le fasi critiche siano state molte, la moderna diaspora ha avuto inizio con i massacri del 1894-96 e il genocidio del 1915, è costituita quindi dai sopravvissuti, in fuga negli ultimi cento anni, verso Paesi più accoglienti e sicuri.
Tra i paesi europei la Francia è quello che censisce il maggior numero di armeni (circa 500.000 persone), seguito da Polonia (circa 100.000), Spagna (circa 60.000), Germania (circa 40.000) e Grecia (circa 30.000), e a seguire altre comunità, più esigue numericamente, come quella italiana, che conta circa 2.000 componenti (a Napoli nel grande complesso monumentale di S. Gregorio Armeno sono le reliquie del Santo e Patriarca di Armenia). In Medio Oriente, la Giordania, il Libano e la Siria registrano complessivamente circa 700.000 armeni che si sono dotati di scuole, chiese e giornali propri. Tuttavia, a seconda della situazione politica, queste comunità alternano momenti di sicurezza e benessere ad altri di incertezza e precarietà. Particolarmente penalizzata è stata negli ultimi anni la comunità armeno-libanese, che dai tempi della guerra civile è andata via via assottigliandosi.
A Istanbul risiedono ancora circa 80.000 armeni, a dimostrazione del fatto che non è tanto il popolo Turco che manifesta ostilità verso gli Armeni ma sicuramente lo Stato turco e le sue guide politiche, che oltre alle mire territoriali, hanno istillato disprezzo e odio verso gli Armeni, così come verso i Curdi. A riprova di ciò addirittura il divieto legale di parlare, scrivere o citare lo sterminio perpetrato contro gli Armeni dall’Impero ottomano. E la dirigenza della Turchia, in vari periodi, con arroganza, ha addirittura minacciato quanti, anche all’estero, osino riconoscere o parlare di tali massacri. La più numerosa ed importante comunità diasporica armena è quella che risiede in Nord America, principalmente negli Stati Uniti, dove vivono oltre un milione di armeni.
Va detto che gli Stati Uniti, sin dal 1915, avevano denunciato attraverso la stampa le stragi di armeni perpetrate in Anatolia e, a partire dal 1918, si impegnarono molto con l’invio in Turchia di missionari, personale sanitario, derrate alimentari e strutture logistiche in soccorso ai sopravvissuti. Organizzazioni filantropiche, come la Fondazione Rockfeller e il Near East Relief, intervennero con ricche donazioni per l’istituzione, nell’immediato dopoguerra, di orfanotrofi sul posto, dove i bambini rimasti soli ricevettero assistenza sanitaria e istruzione. Tuttavia, nei primi anni ’20, molti di questi orfanotrofi dovettero essere smantellati e trasferiti fuori dal territorio turco, che era da poco governato da Kemal Atatürk. La diaspora statunitense è riuscita a coniugare armonicamente integrazione e conservazione dell’armenità. La presenza della guerra in Ucraina sta ora lasciando in secondo piano l’attuale diaspora, verso la quale sarebbe invece doveroso avere maggiore attenzione.