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Salute

Monopattini e bici elettriche, rischio lesioni anche gravi

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Il presidente della Società Italiana di Traumatologia della Strada, Prof. Andrea Costanzo: “Una caduta a 25 chilometri orari può determinare la frattura del cranio. Necessari limiti di velocità, casco obbligatorio, luci di segnalazione, età minima a 16 anni e corsi di educazione stradale durante l’orario scolastico” Focus il 10 novembre a Roma nell’ambito del 105esimo congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT).

Attenzione ai monopattini e alle bici elettriche perché le cadute e gli incidenti possono determinare lesioni anche gravi. A lanciare l’allarme sui nuovi mezzi di trasporto, è il presidente della Società Italiana di Traumatologia della Strada (SOC.I.TRA.S), il Prof. Andrea Costanzo, docente  di Ortopedia e Traumatologia all’Università La Sapienza di Roma.

In un contesto caratterizzato dalla diffusione soprattutto nelle grandi città, dove si moltiplicano i servizi di sharing nell’ottica della mobilità eco-friendly promossa dalle Amministrazioni comunali, il docente rivolge un invito agli utenti della strada per una maggiore responsabilità e ai decisori affinché valutino l’opportunità di introdurre nuovi obblighi per aumentare la sicurezza.

L’occasione per il focus è offerta dal 105esimo congresso della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), in programma a Roma dal 10 al 12 novembre prossimi. Fra le tavole rotonde sui temi di attualità organizzate dalla SIOT, presieduta dal Prof. Paolo Tranquilli Leali ce n’è una dedicata ai traumi provocati da cadute da monopattini ed e-bike.

“Si rischiano gli stessi traumi di chi cade da una bici tradizionale: a una velocità di 25 chilometri l’ora, il cranio si frattura”, dice il Prof. Andrea Costanzo. “Sulla base dei dati Istat, negli anni 2020 e 2021, segnati dalla pandemia da Covid 19, gli incidenti mortali che in Italia hanno coinvolto monopattini, bici ed e-bike, sono stati  complessivamente 235”, sottolinea.

La statistica nel 2021

Il presidente della Società Italiana di Traumatologia della Strada, Prof. Andrea Costanzo

Stando al report, nel 2021 i morti per lesioni conseguenti a sinistri con esito mortale per monopattinisti e ciclisti sono stati 59 in più dell’anno precedente, coincidente con la prima ondata di contagi a cui hanno fatto seguito le limitazioni anti-Covid più stringenti che hanno avuto ripercussioni sugli spostamenti e sul la mobilità. Nel 2021 il numero degli incidenti mortali è stato pari a 235: 204 le vittime di sesso maschile, 31 le donne.

La prevenzione

“Per questo servono casco, luci e e un minimo di età, almeno 16 anni. Il casco è fondamentale per salvare la vita e lo abbiamo imparato con il tempo, dopo l’introduzione dell’obbligatorietà per i motociclisti”, sottolinea il presidente della SOC.I.TRA.S. Le luci servono per rendere riconoscibile e visibile la sagoma del monopattinista e vanno posizionate sia nella parte anteriore che in quella posteriore del mezzo, ai lati del manubrio. Serve, inoltre, un giubbotto catarifrangente da indossare dopo il tramonto”, prosegue.

“Sul monopattino, considerando che si sta con un piede dietro l’altro, si rischia di perdere l’equilibrio perché si chiede al nostro corpo di tenere una posizione non naturale. Sono soprattutto gli anziani ad avere maggiori difficoltà di tenuta dell’equilibrio, eppure sulle strade delle nostre città, non è raro vedere persone avanti di età sui monopattini”, aggiunge. “La base del monopattino è ristretta e, di conseguenza, l’equilibrio è a rischio. Per fare un esempio sulle conseguenze, basti pensare a cosa potrebbe succedere nel caso in cui si dovesse costruire un grattacielo su una base piccola: è chiaro a tutti che cade. Lo stesso vale per l’uomo. Bisogna ricordare che quando si è in piedi, si lotta contro la gravità e il nostro cervello ordina continuamente ai muscoli di gambe e braccia di non cadere”, dice il Prof. Costanzo.

“Nel caso in cui si perde l’equilibrio e si cade da soli, i traumi interessano spalla, torace e anca sui quali generalmente si riesce a intervenire. Il problema è il trauma che interessa la testa perché c’è il concreto rischio di avere conseguenze mortali oppure lesioni cerebrali permanenti”, rimarca.“Questo può accadere quando chi va in monopattino o in bici viene travolto da un’auto e da un mezzo pesante. C’è il trauma da impatto che può riguardare la testa e che può essere letale. Basti pensare alla parte dell’auto compresa tra parabrezza e cofano, all’altezza dei tergicristalli: in questo caso si può morire. Lo stesso può accadere nel caso di impatto laterale”.

L’esempio di altri Paesi

Ma non basta agire sui monopattini. Guardando ad altri Paesi, il Prof. Andrea Costanzo segnala come esempio da tenere a mente sul fronte della sicurezza della strada, la Finlandia: “A Helsinki la velocità è stata ridotta a 30 chilometri l’ora per tutti i mezzi di trasporto e questo ha permesso una consistente riduzione degli incidenti su strada e delle conseguenze, tanto che il numero dei sinistri si sta avvicinando allo zero”, dice.

“Stando alle statistiche, a Helsinki negli anni Sessanta, 40 pedoni all’anno morivano a causa delle ferite riportate negli incidenti stradali, mentre oggi il numero si è ridotto a 4 nonostante il traffico automobilistico sia quasi triplicato”, sottolinea il docente universitario.

“Va segnalato che sempre in Finlandia è stato promosso il programma Migrants on bike, pensato per i migranti che usano le bici”, aggiunge. “Anche in Italia le biciclette costituiscono il principale mezzo di trasporto per i migranti, non solo nelle aree urbane, ma in quelle extraurbane. Quante volte abbiamo letto sulle pagine dei quotidiani di incidenti che si sono rivelati mortali per chi va in bici?”.

Un altro aspetto da considerare sul fronte della sicurezza stradale, è legato ai pedoni che usano il telefonino cellulare anche quando attraversano. Conversare, scrivere messaggi, ascoltare musica o scorrere i post sui social, mentre si percorrono le strade, sono fonti di distrazione e possono esporre il pedone a una situazione di grave pericolo.

“A Shanghai i marciapiedi sono stati divisi in due corsie con apposita segnalazione: una parte è riservata ai pedoni, l’altra a chi usa il telefono anche per ascoltare la musica. Questa corsia è stata chiamata Telephone lane. In Italia si potrebbe pensare a una soluzione di questo tipo”.

Il ‘Progetto giovani maturi sulla strada

Prima di qualsiasi tipo di intervento, per il presidente della Società Italiana di Traumatologia della Strada resta fondamentale l’educazione. “E’ necessario puntare sull’educazione stradale con insegnamenti rivolti agli studenti delle scuole medie e degli istituti superiori. Come società abbiamo organizzato e tenuto corsi in diverse città d’Italia, dal Lazio all’Emilia Romagna, arrivando anche in Sicilia, ma pensare di realizzarli in ogni scuola diventa complicato. Per questo motivo abbiamo strutturato il ‘Progetto giovani maturi sulla strada‘  rivolgendoci ai docenti delle scuole medie e degli istituti superiori, in modo tale che, a loro volta, possano educare gli studenti”, spiega il presidente Costanzo. “Basterebbero pochi docenti per ogni scuola, con approfondimenti durante le stesse ore di lezione. Cinque-dieci minuti non costano niente allo Stato, ma consentono di dare ai ragazzi conoscenze importanti per essere utenti della strada in piena sicurezza, sia come pedoni che come ciclisti, monopattinisti e automobilisti”, conclude. La responsabilità è sinonimo di sicurezza.

Fonte: Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT)

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